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Costume e Società

Il miracolo del caglio

Di Mimmo Catanzariti

La pastorizia fu la prima attività svolta dall’uomo dopo la caccia e la raccolta e prima della nascita dell’agricoltura. Utilizzando all’inizio piccole greggi composte da pecore o capre, si produceva latte per un consumo esclusivamente famigliare e immediato, infatti, a causa dell  facile deteriorabilità, il latte non poteva essere conservato per lunghi periodi. Più avanti si iniziò a conservarlo come bevanda acidificata per utilizzare le quantità in eccesso prodotte dalla mungitura. L’acidificazione a opera della microflora microbica, infatti, è stata sicuramente la prima trasformazione del latte praticata nei tempi antichi e veniva usata per produrre bevande acide come il Kumis, citato da Erodoto e Senofonte, o come il Kefir, progenitore dell’attuale yogurt. Aristotele nel suo trattato Storia degli animali, parla di formaggi dicendo che il latte veniva fatto coagulare con lattice di fico, con fiori di cardo o, meglio, con caglio o presame, ottenuto generalmente dallo stomaco dei capretti o degli agnelli lattanti. L’abomaso è l’organo che, nel complesso dello stomaco concamerato dei ruminanti, ne costituisce lo stomaco ghiandolare. Esso viene generalmente definito come il vero stomaco dei ruminanti. Infatti, nei ruminanti, l’abomaso risulta essere sviluppato e funzionante fin dalla nascita per poter digerire il latte materno, che è l’unica fonte di nutrimento per le prime settimane di vita. Il caglio è la sostanza acida tratta dall’abomaso di questi ruminanti lattanti. Unito al latte fa sì che avvenga il procedimento di trasformazione in cui le molecole della caseina si uniscono imprigionando le molecole dei grassi e dei sali determinando il coagulo del latte, mentre altri tipi di proteine, più piccole, insieme agli zuccheri, rimangono in sospensione nel siero con cui si fa poi la ricotta. La parte grassa si trasforma in una massa di grumi, che è la base del formaggio, il cui nome è cagliata, un composto che aumenta di consistenza fino a prendere la forma del contenitore dove viene pressata. Viene usata una fibra vegetale, il Giunco, da qui il nome di Juncata, che viene usata ancora oggi in Aspromonte formando dei canestri intrecciati con gli steli nei quali veniva messa la cagliata. Alcuni storici hanno avallato l’ipotesi che l’uso dei cagli, in particolare quelli vegetali, risalga al tempo dei Sumeri. Questo antico popolo mediterraneo adoperava i fiori azzurri del carciofo, insieme con il latte, nei riti religiosi. A produrre la prima cagliata fu forse l’aggiunta di erbe per profumare e insaporire il latte. Ancora oggi il fiore del cardo e quello del carciofo vengono usati come caglio, specialmente per i formaggi collinari e montani. Il caglio vegetale permette la realizzazione di formaggi delicatissimi e molto digeribili. Anche Omero ne parla nell’Odissea, dove descrive il pastore/ciclope Polifemo, figlio di Nettuno, il quale nella propria grotta produceva le caciotte, coagulando il latte col succo di fico, essendo noto già da allora che anche il latte che secernono i fichi serviva da caglio al procedimento. Un’altra leggenda narra che un pastore arabo, trasportando del latte attraverso il deserto all’interno di una bisaccia ricavata dallo stomaco di una pecora, osservò che questo era diventato un prodotto solido, a causa probabilmente dagli enzimi ancora presenti nello stomaco dell’animale che ne avevano favorito il processo di trasformazione. Oggi la procedura dell’estrazione del caglio dagli animali lattanti dopo la macellazione non è più diffusa come un tempo: resiste ancora soltanto in alcuni paesi dell’entroterra aspromontano, presso comunità ristrette di pastori che allevano un numero limitato di animali.


Edil Merici

Il caglio animale oggi è facilmente reperibile in farmacia o nei caseifici nella forma di polvere, liquido, oppure in pasta. Quello in pasta è dotato di ottime proprietà coagulanti, ed è indicato anche come caglio forte, rispetto agli altri cagli in polvere o liquidi. La sua composizione standardizzata garantisce un prodotto finale di qualità. Il caglio animale contiene soprattutto due enzimi coagulanti: la chimosina e la pepsina, le cui quantità dipendono dall’età dell’animale e dal tipo di alimentazione. Se l’animale si è alimentato solo con il latte, le percentuali di chimosina risultano più alte. Si ottengono così dei frammenti peptidici che destabilizzano gli equilibri interni alle micelle di caseina, e si aggregano originando il coagulo. La preparazione e la conservazione del caglio animale, facendo delle ricerche in diversi luoghi dell’Aspromonte, non varia di molto da paese a paese. A Platì e nei paesi vicini, l’abomaso dei capretti e degli agnell, si mette ad asciugare in un luogo ventilato per pochi giorni. Dopo circa 2/3 settimane si riempie di latte e si riappende per altre 2/3 settimane ancora fino a farlo indurire, facendo attenzione che sia ancora malleabile. Si taglia a pezzettini e si mette a conservare in frigo in dei vasetti di vetro, unendovi ancora dell’altro latte se il composto risulta ancora asciutto, per poi utilizzarlo al bisogno. In altri paesi della fascia Aspromontana, il metodo di conservazione varia con l’aggiunta di altri elementi per conservare il caglio. Si frantuma in pezzettini il contenuto dello stomaco dell’animale dopo averlo fatto essiccare, e lo si scioglie aggiungendo acqua e sale. Più sale si aggiunge e più il caglio si conserva a lungo, anche se non bisogna eccedere nelle dosi, affinché la consistenza rimanga abbastanza liquida e mai troppo densa. Fatto questo lo si mette in piccoli contenitori di vetro, con uno strato di olio sopra per far si che la superficie non venga a contatto con l’aria, in modo da aumentarne la conservazione finché non si usa. Si usava aggiungere oltre al sale, del vino forte o aceto.

Alcuni formaggi tipici dell’Aspromonte

Pecorino: Formaggio a media maturazione, ottenuto da latte di pecora. Di forma cilindrica, con la crosta rugosa con impressi i solchi del canestro dove viene lavorato e pressato. Ha colore bianco nei prodotti freschi, e ocra in quelli stagionati.

Caprino: Questo formaggio è prodotto tutto l’anno ma in particolare nei mesi da dicembre a giugno, da latte crudo caprino di razza mista allevata allo stato brado su pascoli montani e collinari. Il sapore è leggero quando è fresco, forte tendente al piccante da stagionato e il profumo cambia con il variare delle stagioni e con la stagionatura.

Musulupu: Tra i migliori formaggi tipici della provincia di Reggio Calabria, il musulupu è un tradizionale formaggio da tavola, di origine greco-albanese. Viene fatto solo su richiesta dai pastori del versante ionico reggino, nel periodo pasquale. Sulle facce sono evidenti i simboli appartenenti all’iconografia sacra ortodossa.

Caciocavallo: È un formaggio a pasta filata ottenuto, tutto l’anno, da latte vaccino intero crudo per il 90% e per il 5-10% da latte di capra che può essere consumato anche fresco, dopo una stagionatura di 2 o 3 giorni. È un formaggio molto antico; il Kaskaval, è una pasta filata presente ancora oggi dalla Macedonia alle Isole dell’Egeo, e viene prodotto nel versante del basso Ionio reggino dell’Aspromonte, nel comune di Ciminà, nel comune di Antonimina e parte del territorio dei comuni di Platì, Ardore e Sant’Ilario dello Jonio, in provincia di Reggio Calabria.

Grazie a Mimmo Morello, alla famiglia Perre di Platì e a Mimmo Criaco di Africo per le informazioni sulla preparazione e la conservazione del caglio.

Redazione

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