Le Grotte di Stefanelli
Di Bruno Siciliano
«Fare il cartomante significa conoscere, sapere. Tutti i segreti più reconditi, quelli che non confideresti mai neanche a un prete o a uno psicologo. Se ci credi, tutto quello che hai dentro, dubbi, problemi, devianze e turbe, li racconti al cartomante che non giudica ma consiglia, guida, suggerisce, ma ti obbliga e ti fa fare quello che lui desidera. I suoi consigli diventano per te vitali e li segui pedissequamente perché non consigliati da un uomo, ma dal mistero delle sue carte, dal fato, dal trascendente. Non dimenticare che Vito Mastrangelo era riuscito a farsi apprezzare particolarmente dalle signore della Milano bene, da quelli che hanno i soldi e il potere, ma non solo, aveva anche clienti in provincia, dove il denaro circola forse ancora meglio che in città. Vito Mastrangelo aveva il fascino dell’uomo maturo e le signore che avevano fatto il passaparola andavano da lui e parlavano, descrivevano, raccontavano e, piangendo, si confidavano. Tutte le informazioni che esse fornivano il Mastrangelo le incamerava, le elaborava e, assieme al caro compare dello studio organizzavano i furti o le estorsioni o qualunque altro atto delinquenziale.»
«Alla faccia dell’esoterismo!»
«Sì, l’esoterismo!» concluse Luciano mentre svuotava in un portacenere la sua pipa ormai spenta, aggiungendo: «I reperti di Brescia esulano, però dalla cartomanzia.»
«E qui ti sbagli, perché è stato grazie alla cartomanzia che il Mastrangelo è riuscito a sapere dei reperti del Cercol. Una signora del bresciano si confidò con lui una notte che lo andò a trovare, sopraffatta dalla paura e da mille dubbi. Era… Oh, Cazzo!»
Esclamò Giovannino, come morso da una vipera velenosa, poi uscì come una furia dall’Ufficio di Stracuzza dicendo semplicemente: «Torno presto. Mi faccio sentire io!»
Luciano rimase immobile, inebetito e solo, con la sua inutile pipa in mano.
Telefonò un paio di volte al cellulare di Giovannino, ma il telefono continuò a suonare a vuoto.
Quest’angolo di mondo è forse il posto più strano che possa esistere sulla faccia della terra. Il tremendo temporale era diventato ormai un ricordo e i villeggianti avevano ripreso a sciamare sotto un nuovo sole cocente che prometteva la ripresa di un estate che non sembrava avere più fine. Era trascorsa un’altra giornata, le indagini si erano di nuovo immobilizzate e stagnavano come lo scirocco che aveva da qualche giorno preso il posto dell’aria fresca e gentile che di solito lambisce appena quella collina sulla quale la cittadina medievale continua a stare sdraiata per riposare dai suoi trascorsi millenari.
Trascorse così un’altra giornata poi, nel pomeriggio del secondo giorno, senza bussare, d’improvviso entrò Cristina nell’ufficio di Stracuzza, si buttò sulla scrivania di Luciano scarmigliata e rossa in viso con un fazzoletto di carta in mano singhiozzando sconsolatamente senza riuscire ad articolare parola.
«Appuntato!» esclamò Stracuzza, poi aggiunse: «Cristina che t’è successo?»
«Giovannino», disse appena la ragazza, è scomparso. Mi ha telefonato ieri sera, mi ha detto di aver scoperto quella cosa che fino ad ora ci era sfuggita perché non avevamo considerato un dettaglio importantissimo e che stamattina ci saremmo visti qui in caserma perché avrebbe voluto spiegarci tutto. Sono ormai le sei del pomeriggio e il suo telefono continua a suonare senza che nessuno risponda. Sono preoccupata, Luciano, dobbiamo andare a cercarlo!»
«Così su due piedi, Cristina?! Può essere dappertutto, come facciamo?»
«Col cellulare, vediamo quale cella aggancia il suo telefono. Ho un amico alla Compagnia di Reggio, gli telefono…»
«Bisognerebbe interpellare il PM…» rispose Stracuzza, un po’ alterato.
«Ma è un’emergenza, sicuramente gli è accaduto qualcosa!»
«Lo faccio io – s’intromise Caruso, – se mi permettete.»
«Fallo, Caruso, dài siediti qua» disse Cristina indicando il computer di Stracuzza.
«No, ho bisogno del mio computer e del numero del cellulare del maresciallo. Siamo Carabinieri, no?» rispose Caruso, uscendo dalla stanza con un mezzo sorriso sulla bocca.
«E tu sapevi fare queste cose e non hai mai detto niente?» disse Stracuzza, un po’ contrariato.
«Maresciallo, diciamo che non so fare solo il caffè» rispose Caruso, trattenendo ancora sulla bocca il suo mezzo sorriso mentre le dita grassocce dell’agente scelto, intanto, si muovevano insospettabilmente veloci sulla tastiera un po’ unta del suo PC. Poi attese il risultato che il programma avrebbe dovuto dare. Tutti guardavano lo schermo con trepidazione e, infine, il risultato arrivò facendo vedere una mappa con dei segni e delle indicazioni.
«Le Grotte di Stefanelli» disse Salincelo.
«Che cazzo ci fa là?» Si domandò a voce alta Stracuzza.
«Non perdiamo tempo, prendo la Jeep!» disse risoluta Cristina.
«No, appuntato, ci andiamo noi. Tu rimani in caserma.»
«Non ci penso neppure» rispose decisa Cristina, indossando il Kepì.
«Appuntato Del Buono, questo è un ordine!» ribadì Stracuzza, con un tono che non ammetteva repliche.
Cristina si sedette alla scrivania che Caruso aveva appena lasciato e si prese la testa tra le mani mentre due lacrimoni le scendevano lenti e inarrestabili sulle guance.
Le Grotte di Stefanelli sono un sito archeologico del 700 a.C. presumibilmente abitato da colonie sicule che si insediarono in quel tempo tra la fiumara e la collina antistante. Sono ancora pregne di segreti, perché ancora non del tutto esplorate, a volte il piede di qualche visitatore può scorgere inaspettatamente un reperto che il destino mette beffardo sulla sua strada…
È sempre imperscrutabile. Come in uno specchio si può intravedere quello che accade e quello che è avvenuto ma esso spesso deforma, illude traslando a secondo della luce la realtà che riflette. Tutto quello che rimanda è reale o una apparenza di realtà. È solo un riflesso, una parvenza, è soltanto un raggio di luce?
Qui l’autore decide di interrompere il racconto a puntate. Il seguito e la conclusione, nel libro che sarà edito per la fine dell’anno in corso.
I lettori saranno tempestivamente avvisati non appena il romanzo sarà disponibile nelle librerie.
Foto: ntacalabria.it