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Costume e SocietàLetteratura

La fabbricazione clandestina delle sostanze alcoliche

Breve storia giuridica dei reati in materia di accise


Edil Merici

Di Agostino Giovinazzo

La repressione delle condotte illecite in materia di alcole e sostanze alcoliche è demandata agli articoli 41-43 del Decreto Legislativo nº 504 del 26 ottobre 1995.
Tali norme ricalcano, per molti versi, le disposizioni un tempo contenute nel Decreto Ministeriale dell’8 luglio 1924 con cui hanno trovato attuazione il Testo unico delle disposizioni di carattere legislativo concernenti l’imposta di fabbricazione degli spiriti e il Testo unico delle disposizioni legislative per l’imposta sulla fabbricazione della birra.
Più nel dettaglio, ai ricordati articoli sono disciplinate le condotte di fabbricazione clandestina e associazione costituita allo scopo di fabbricare clandestinamente alcole e bevande alcoliche, nonché di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa.

In merito alla fabbricazione clandestina l’articolo 41 del D.Lgs. nº 504/1995 punisce tutte le ipotesi di fabbricazione clandestina di alcole e bevande alcoliche con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa (non inferiore, in ogni caso, a 7.746 euro).
La sanzione pecuniaria, in linea con l’impianto normativo offerto dal D.Lgs. nº 504/1995 e fin qui analizzato, è commisurata, oltre che ai prodotti complessivamente ultimati, anche a quelli che si sarebbero potuti ottenere dalle materie prime in corso o in attesa di lavorazione, o comunque esistenti nella fabbrica o nei locali in cui è commessa la violazione.
Tale disposizione, a differenza della previgente normativa dettata nel TU sugli spiriti del 1924, non pone alcuna differenza sul piano sanzionatorio tra la fabbricazione clandestina di alcole e di bevande alcoliche.
Per entrambe le fattispecie è, infatti, prevista la medesima pena, al contrario di quanto accadeva in passato, dove invece era prevista la pena della reclusione da tre mesi a due anni, limitatamente alla fabbricazione clandestina degli spiriti e della birra.
Precisato tale contesto e andando, adesso, più a fondo con l’analisi dell’elemento oggettivo della fattispecie, può subito dirsi che il citato art. 41 offre, già nelle prime battute, una chiara definizione di fabbricazione clandestina (concetto attorno al quale ruota l’intero impianto normativo), che se non correttamente circostanziata potrebbe ingenerare un’indeterminatezza contenutistica assoluta sul perimetro operativo della fattispecie in esame.
In tal senso soccorre il comma 2, laddove specifica che con tale locuzione si deve intendere la produzione eseguita in locali o con apparecchi non previamente denunciati o verificati, ovvero costruiti o alterati in modo che il prodotto possa essere sottratto all’accertamento.
Allo stesso modo è stato, poi, puntualizzato che le parti dell’apparecchio rilevanti ai fini della prova della fabbricazione clandestina di alcole sono:

  1. la caldaia per la distillazione;
  2. il recipiente di raccolta delle flemme;
  3. lo scaldavino;
  4. il deflemmatore;
  5. e) il refrigerante.

La sola presenza di tali strumenti o di parti di essi, non denunciati o verificati dall’Amministrazione finanziaria, senza la contemporanea presenza di materie prime o di prodotti fabbricati non è punita penalmente, ma con la sola sanzione amministrativa da 258 a 1.549 euro.
Dal tenore letterale della norma se ne ricava, dunque, che la mancata denuncia degli apparecchi di distillazione non attribuisce, necessariamente, natura presuntiva alla condotta, connotando la medesima, invece, come diretta e immediata conseguenza dell’azione illecita; ciò al fine di dimostrare come la mera collocazione di determinati strumenti in locali soggetti a vigilanza fiscale non abbia come scopo la sottrazione del prodotto all’accertamento e al pagamento dell’accisa.
Caratteristiche diametralmente opposte da quelle appena illustrate sono invece presenti per la cosiddetta “fabbricazione clandestina presunta” che, ai sensi dell’art. 41, c. 3 del D.Lgs. nº 504/1995, risulta provata anche dalla sola presenza in uno stesso locale (o in locali attigui) di materie prime occorrenti per la preparazione dei prodotti e degli apparecchi necessari per tale preparazione (o di parte di essi), prima che la fabbrica e gli apparecchi siano stati denunciati all’Ufficio delle dogane territorialmente competente.
Il generico riferimento ai locali come luogo di commissione del reato fa sì che possa ritenersi perfezionato in qualsiasi luogo in cui la fabbricazione clandestina si sia svolta e, quindi, anche se questa sia svolta privatamente per far fronte, ad esempio, a esigenze personali.
A tal proposito va evidenziato che la presenza dei menzionati apparecchi non deve necessariamente rinvenirsi all’interno di aree coperte, essendo tale reato astrattamente realizzabile anche se detti strumenti si trovino in luogo aperto. A ben vedere, infatti, l’indicazione del luogo di consumazione del reato, nel complesso normativo in esame, pare assumere un carattere qualificabile come meramente esemplificativo.

Foto: italpress.com
Tratto da Contrabbando doganale e delitti in materia di accise, edito da Key editore, collana diretta da
Enzo Nobile.


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