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Pizzo Calabro e il Castello Murat


Edil Merici

Di Silvia Turello

In Calabria non è difficile trovare un centro storico più o meno ben conservato, con un affaccio suggestivo e che racchiuda al suo interno una sorta di pozzo che collega alla nostra storia alle origini. In genere ogni città della Calabria conserva al suo interno la reale ragione della sua fondazione, un impianto che ne rivela la memoria e la sua antica organizzazione.
Se c’è un luogo che si affaccia su un mare azzurrissimo, con un castello a Strapiombo che si affaccia al tramonto sul Tirreno, ed è famoso per il Tartufo, è Pizzo Calabro, un piccolo ed elegante borgo che di certo non ha bisogno di presentazioni.
In una domenica di festa, a maggio, con un caldo che poco si avvicinava a quello di quei giorni ma senza essere fastidioso, Pizzo era vestita a festa. C’era la banda a suonare per il santo patrono, tanta gente venuta anche da lontano. Pizzo è elegante, comoda, è fatta di viuzze che si diramano e terminano in una grande piazza con i locali. Il castello, in mezzo, definisce un bivio che serve a scendere verso il lungomare. Quella domenica il paese era finemente abbellito e decorato con fiori e palloncini, alcuni di essi con i colori della bandiera ucraina, c’era musica nelle vie, tavoli con cibarie e tante famiglie. È stato un ritorno alla vita fortemente desiderato dopo la pandemia e anche la guerra, ma anche un modo per ricordare che sì, i posti belli e suggestivi ci sono anche in Calabria e non sono pochi. Hanno anzi il valore aggiunto di raccontare qualcosa di molto importante del passato.

Il castello Murat

In particolare, il Castello Murat racconta al suo interno, con le statue in scala naturale e le varie stanze e celle, una pagina particolarmente importante della nostra storia. Inutile dire che consigliamo visitarlo.
Non è il classico museo archeologico, ma è di più recente costruzione e la sua edificazione avvenne in due periodi storici differenti. Intanto è importante dire che fu un maniero realizzato nel XV secolo in cui venne imprigionato e condannato a morte il Re di Napoli Gioacchino Murat.
La prima fase di costruzione comprendeva la sola torre Mastio o di Avvistamento, iniziata nel 1300 come sistema difensivo attuato dagli angioini per sorvegliare il centro abitato dalle incursioni saracene che, ricordiamo, colpirono numerosi centri storici calabresi fra cui Gerace e portarono alla morte molti dei loro abitanti.
La costruzione venne portata avanti anni dopo da Ferdinando I d’Aragona, sempre con l’intento di difendere il centro storico dalle incursioni saracene, questa volta provenienti dal mare.
Ferdinando I infatti, rimasto solo contro i turchi, decise di salvaguardare il suo regno provando a difendere i suoi villaggi e i suoi centri abitati, e con l’ordinanza del 12 novembre 1480 decretò la fortificazione di Reggio e la costruzione di castelli, tra gli altri, a Crotone, Corigliano, Belvedere Marittimo, Cariati e Pizzo. A quest’ultimo venne disposta l’aggiunta di un corpo rettangolare alla torre già esistente, munita di torre tronco conica più piccola di dimensioni rispetto alla precendente, e l’aggiunta di una torre a strapiombo sul mare avvenuta tra il 1481 e il 1485. Una volta utimato, divenne un vero presidio militare, di cui oggi è possibile notare i cannoni sulle terrazze. È importante sottolineare che non fu mai una residenza signorile.
Nel 1505 venne ceduto da Ferdinando il cattolico ai De Mendoza e, per successione ai De Silva, poi passò al demanio per arrivare infine, nel 1884, a essere ceduto al comune di Pizzo. Con Decreto del 3 giugno 1892 fu infine dichiarato Monumento Nazionale.

Gioacchino Murat

Gioacchino Murat è nato il 25 marzo del 1767 a Bastide-Fortuniere (oggi Bastide Murat) ed è stato l’undicesimo figlio di un albergatore, nel dipartimento del Lor. La famiglia sognava per lui la carriera ecclesiastica nella speranza di controllare il suo spirito indomito, ma il giovane Gioacchino non espresse mai alcun interesse per il sacerdozio. Al contrario, era molto attratto dalle donne, il gioco e il bere. Lasciò presto la tonaca per arruolarsi in cavalleria, nel 6º Reggimento dei Cacciatori delle Ardenne. Nel 1795 sostenne Napoleone Bonaparte contro l’insurrezione lealista, seguendolo poi nella battaglia d’Italia prima e in quella d’Egitto poi, dove venne nominato generale e fu fondamentale per la vittoria di Abukir contro i turchi. Nel gennaio del 1800 riuscì a vincere le resistenze di Napoleone e a sposarne la ribelle sorella Carolina, benché Bonaparte fosse contrario al matrimonio. Alla fine, nel 1808 lo nominò Re di Napoli con l’Editto di Bayonne. Gioacchino fu molto apprezzato in questa nuova veste: la popolazione infatti adorava la bella presenza, il carattere sanguigno e le sue doti di condottiero. Venne però detestato dal clero.
Oltre a fondare il Banco delle due Sicilie al fine di unire l’interesse pubblico al privato, affrontò il problema della riforma fiscale e diede al regno un solido sistema in modo che la Tesoreria potesse affrontare spese sempre crescenti: confiscò i beni alla manomorta ecclesiastica e soppresse tutti i monasteri consegnandoli al Demanio. Istituì il censimento fondiario e introdusse nuovi provvedimenti alle privative del sale e del tabacco, introducendo un sistema misto di libertà e monopolio, in cui era concesso coltivare il tabacco, ma solo allo Stato era concessa la lavorazione e la vendita del prodotto.
Il 1º gennaio 1809 introdusse nel Regno il Codice Napoleonico, che legalizzò per la prima volta in Italia il divorzio, il matrimonio civile e l’adozione, cosa non apprezzata dal clero in quanto perdeva la facoltà di gestire le politiche famigliari.
Istituì inoltre il Codice di Commercio Francese e il Codice Penale, il corpo degli Ingegneri di Ponti e di Strade (all’origine della facoltà di Ingegneria dell’Università Federico II di Napoli, la prima in Italia) e la cattedra di Agraria, condannando però alla chiusura l’antica scuola medica salernitana, primo esempio al mondo di università.
Avviò inoltre importanti opere pubbliche e di rilievo in Italia, come gli scavi di Ercolano e l’Osservatorio Astronomico. Portò a Reggio Calabria l’illuminazione pubblica, realizzò il progetto del Borgo Nuovo di Bari e l’Istituzione dell’ospedale San Carlo di Potenza. Fondò inoltre la casa di educazione per le ragazze di casato nobile sotto la diretta partecipazione della Regina Carolina.
Il nuovo ruolo non impedì a Gioacchino Murat di essere un buon comandante della Cavalleria Napoleonica. Partecipò alla Battaglia di Lipsia nel 1813, ma venne sconfitto e cercò di salvare il trono mediante una pace separata con l’Austria. Venne sconfitto prima a Occhiobello, poi, dopo una ritirata attraverso Faenza, Forlì, e Pesaro, nella battaglia di Tolentino. La sua caduta venne sancita il 20 maggio 1815, data che segnò il ritorno al potere dei Borbone.
Dopo la seconda caduta di Napoleone, Murat cercò di raggiungerlo a Parigi, fuggì a Rodi Garganico che lo ospitò nel proprio castello e cercò di tornare con alcuni fedelissimi per risollevare la popolazione. Fu dirottato in Calabria da una Tempesta, e nelle strade di Pizzo venne intercettato dalla Gendarmeria Borbonica al comando del Capitano Trentacapilli, che provvide al suo arresto e lo fece rinchiudere nelle carceri del Castello che oggi porta il suo nome, dove venne fucilato il 13 ottobre 1815.


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