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Costume e Società

Una marea di sfollati – 1ª parte

Africo, un’altra storia


GRF

Di Andrea Morabito

Abbandonato il centro Aspromontano, una parte dei casalnovesi (un numero esiguo), seguirono gli africesi a Bova Superiore nell’immediatezza della catastrofe tra 19 e il 20 ottobre 1951 e l’altra, tra il 12, 13 e 14 agosto 1952, dopo che il Genio Civile dichiarò Casalnuovo pericolante e quindi non abitabile con Decreto Ministeriale del 2 aprile. In quel momento circa 145 furono le famiglie che si portarono direttamente al centro profughi di Bova Marina. Il numero massimo di profughi ospitati in questo primo rifugio (Bova Superiore) fu di 456; 440 di Casalnuovo e 16 di Africo al 27 novembre, che arrivarono fino a 469 una settimana dopo, il 4 dicembre. Dopo pochi giorni di ricovero in Bova Superiore la maggior parte della popolazione, per l’impossibilità del Comune a ospitare tutta la popolazione sfollata per mancanza di strutture idonee, fu trasferita a Santo Stefano D’Apromonte nella colonia di Gambarie, dove gli africesi rimasero ospiti, tra Grande Albergo e altre strutture del luogo dal 28 ottobre 1951 al 27 febbraio 1952, e da qui furono poi (come tutti sanno) spalmati nei vari centri raccolta della Provincia, tra cui Bova Marina.
Gambarie d’Aspromonte è una località a più di 1.300 metri di altitudine e una popolazione mal vestita e peggio calzata non poteva sopportare le basse temperature di quella zona. Incominciarono ad avere dei problemi di polmonite e diverse persone dovettero essere ricoverate in ospedale. Quelli che più di tutti ne soffrirono, furono gli anziani e i bambini. Si dovette provvedere a spostare tutti nel più breve tempo possibile.
Nel gennaio 1952, al Centro di Bova, si alloggiarono le prime 67 famiglie di Casalnuovo con una popolazione totale di 279 persone. Da metà agosto 1952 fino al 31 del mese arrivarono alla spicciolata nel Centro profughi circa 570 persone. Alla massa di alluvionati di Casalnuovo si aggregarono numerose famiglie dei paesi vicini col pretesto di essere dimoranti in Casalnuovo. Non siamo al corrente come al Capo Centro sia arrivata l’informazione; possiamo presumere che gli alluvionati lo abbiano fatto presente. A metà settembre gli imboscati erano già 26 famiglie nei cui confronti comunque era stata temporaneamente concessa solo assistenza alimentare. Il Capo Centro Eugenio Chiriaco, diede immediata comunicazione all’Ufficio Provinciale Post Bellico chiedendo accertamenti sulle famiglie interessate, stante il fatto che lui avesse forti dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni fatte dalle famiglie interessate.
Alla stessa data,(agosto 1952) il numero complessivo degli alluvionati ospitati nel centro, tra quelli che occupano le baracche già lì esistenti e i nuovi arrivati da metà agosto in poi era di 1.132 persone (7 famiglie, in totale 20 persone, erano alloggiati in case private e assistite con sussidio) per 150 famiglie. Un numero enorme rispetto a quanto ne poteva contenere allora quel Centro. Di necessità si dovettero costruire altri vani baracche, che sappiamo arrivarono fino al numero di 257 totali. Tutta quell’umanità che aveva bisogno di essere rifornita di ogni bene, perché tutto aveva perso o lasciato al misero paese, era composta da 560 maschi e 562 femmine e da un altissimo numero di minori sotto i 16 anni (ben 435) che corrisponde a circa un 30% della popolazione ricoverata. I minori con circa 2 anni di età erano ben 37 mentre quelli nella fascia 14/16 anni solo 7 e le altre fasce d’età erano rappresentate da un numero che oscillava tra i 10 e i 21 bimbi.
L’esiguo numero di vani baracca nel Centro di Bova (solo 18) ovviamente, non era sufficiente ad assicurare a tutti un tetto e molti uomini validi rimasero accampati all’aperto, non essendo stato possibile sistemarli, come le autorità avrebbero voluto, nei comuni vicini per mancanza assoluta di alloggi da affittare. Si costruiscono in via d’urgenza quattro dormitori baraccati. Questa sistemazione aveva carattere provvisorio ed era stata disposta in attesa che il Genio Civile fosse in grado di completare il montaggio delle 80 casette prefabbricate offerte dalla Croce Rossa Svedese entro il mese di settembre, e alcune case in corso di costruzione da parte del Genio Civile in contrada Maglie in agro di Bianco. Questo allo scopo di alleggerire la pressione sul Centro profughi e sistemare in ambienti più consoni chi era alloggiato nelle baracche dormitorio.

Foto: farestoriainperiferia.org


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