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Costume e Società

Una marea di sfollati – 3ª parte

Africo, un’altra storia


GRF

Di Andrea Morabito

Tra il 14 e il 18 aprile 1954, i 14 assegnatari delle baracche sopra dette arrivarono a Bova Marina per prendere possesso del loro vano, ma trovano una spiacevole sorpresa: tutte le quattordici baracche loro assegnate presentavano dei danni consistenti nella mancanza di molte assi di legno da cui erano costituite. L’ammanco complessivo di tavole era di circa 40 m². Il Capo Centro riferì al Superiore Ufficio per le precauzioni del caso: comunicare al Commissario Prefettizio del Comune di Africo affinché si attivasse per chiedere la restituzione di quanto asportato oppure procedere a norma di legge a sporgere denuncia nei confronti degli ex occupanti.
È da sottolineare che Chiriaco, nel comunicare la situazione dei 14 vani baracca, precisò che, nel caricare sul camion le loro “masserizie non è stato riscontrato asportassero alcun pezzo di tavola il che fa supporre che le tavole le avranno adoperate per la costruzione di qualche tavolo o cassa.”
Per ovviare il più presto possibile alla riparazione delle sopradette 14 baracche, Chiriaco fece la proposta alla Prefettura di utilizzare le tavole che erano servite a costruire dei tramezzi, per dividere lo spazio dell’edificio scolastico di Bova Superiore durante la breve permanenza degli sfollati di Africo. Gli venne risposto che il materiale era stato messo a disposizione dal Sindaco della cittadina in questione. Egli, però, fece presente che quel materiale era di proprietà del Ministero dell’Interno per tramite dell’Ufficio Assistenza Post Bellica e, quindi, pregò il Prefetto di ordinare al Capo Centro di Bova Superiore di consegnare il legname.
Tre di questi vani baracca sono in particolare stato pietoso. Mancano quasi del tutto i tramezzi divisori, come ha accertato l’ispezione fatta da Chiriaco per sincerarsi della veridicità della richiesta di sistemazione avanzata dai tre capi famiglia assegnatari: Carteri, Iozzo e Ferraro. Questi lamentavano la mancanza di tranquillità che avevano tutte le famiglie che si trovano nelle stesse loro condizioni.
Nell’attesa che le Autorità dessero il loro assenso alla riparazione, Chiriaco provvide a far fare un preventivo di spesa a un falegname anche esso ospite perché alluvionato di Casalnuovo, certo Giovanni Palamara. Il preventivo era di 22.940 Lire che, secondo quanto asseriva Palamara, era corrispondente al prezzo del legname che si praticava nella piazza di Bova Marina.
Si può citare un altro episodio collegato alla costante penuria di alloggi. Con la morte della profuga vedova Caterina Modafferi di Leo, avvenuta il 6 novembre 1954, si era reso disponibile metà vano di baracca che molti profughi avrebbero voluto assegnato per togliersi da situazioni poco decorose. Tuttavia i casi più degni di considerazione in quel momento (secondo il Capocentro Chiriaco) erano due: Leone Morabito fu Domenico e quello di due coppie di sposi, V.G. e quello di P.A.
Morabito era un vecchietto di 85 anni, che dormiva sul pianerottolo di scala nella parte dell’ex Seminario dichiarato abitabile occupato da numerose famiglie e quindi luogo di transito per tutte le persone lì dimoranti. Era solo, privo di parenti che lo potessero assistere e curare; dormiva su un misero materasso posto sul pavimento. La condizione, ma potemmo tranquillamente dire la sua scoperta, fu fatta dalle due assistenti sociali che prestavano servizio nel Centro, tale Maria Lanzaro e Anna Parasporo, che effettuarono un giro nel edificio del ex Seminario. Fu immediatamente dato incarico al custode del centro d provvedere ad una migliore sistemazione del vecchio, tenuto conto che si stava andando incontro al periodo invernale.
Le coppie di sposi V.G., con la moglie in stato di avanzata gravidanza e P.A. con moglie e una bambina di pochi mesi, dormivano in un’unica stanzetta in cui a malapena entravano le loro cose. Non si era provveduto a tramezzarla perché lo spazio non consentiva una tale opera. Chiriaco in un primo momento aveva pensato di togliere una delle due famiglie da quello stato moralmente deprimente, considerato che per Morabito pendeva una richiesta di ricovero nell’ospizio di Mendicità. Ma poi, per evitare eventuali risentimenti nei suoi confronti, da chi sarebbe stato escluso, decide di rimettere la decisione al Prefetto, che venti quattr’ore dopo rispose:

Si autorizza l’assegnazione al profugo Morabito Leo di Domenico di anni 85.

Foto: storicamente.org


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