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Costume e SocietàLetteratura

Al cospetto di Persefone

Novelle Ioniche


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Di Luisa Totino

Diomedes rimase sconcertato, ma più ancora quando arrivarono alla fine del ponte. Davanti a loro si ergeva maestoso il palazzo dei Signori dell’Oscurità. Finalmente avrebbe potuto vedere in viso le divinità più temute in assoluto dagli uomini. Giunti ai cancelli, Thànatos si fermò davanti a due losche e macabre figure dal volto scarno e gli occhi di fuoco, una lunga mantella nera li copriva fino ai piedi, due lance di bronzo, con punte a saetta erano pronte a colpire gli ignari malcapitati, che si avvicinavano a quel luogo.
Thànatos, sempre con le sembianze di Dafne disse loro: «Sono Thànatos, sto portando la fanciulla dalla Regina!»
Poi, voltandosi verso Diomedes aggiunse: «Insieme a un mortale che ha intralciato la mia missione!»
I due guardiani infernali li fecero passare, i cancelli, come per incanto, si aprirono al loro passaggio. Diomedes chiese a Thànatos: «Il cane dalle tre teste dove si trova? Non lo vedo. So che è lui a custodire l’entrata.»
E Thànatos: «Taci, mortale! A tempo debito avrai le risposte. Ricorda di non parlare a sproposito alla Regina e tieni il capo chino fin quando non ti dirà lei di alzarlo. Sono stato chiaro?»
E Diomedes: «Non credo di avere alternative.»
Camminarono su un terreno fangoso e ricolmo di liquami fino alle porte del palazzo.
Thànatos si voltò verso Diomedes: «Ora puoi soddisfare la tua curiosità»
«Che intendi dire?» chiese preoccupato Diomedes.
D’ un tratto si sentì ansimare sempre più forte. Dalla cima del palazzo di alabastro nero e infissi dorati, vide spuntare tre orribili teste, di una creatura un po’ cane, un po’ lupo, un po’ leone. Era orribile allo sguardo, ma ancora più tremendo il fetore che emanava. Thànatos tirò fuori delle focacce da una sacca a tracolla e gliele lanciò nelle fauci. Dopo averle divorate, la creatura iniziò a rimpicciolire fino a diventare un normale cane, con una testa soltanto, che si avvicinò a Thànatos amichevolmente.
Diomedes, sbalordito, disse: «Le storie narrano che Ercole lo fece addormentare con le focacce, non rimpicciolire!»
Thànatos, con sguardo quasi pietoso, rispose: «Siete molto fantasiosi, voi mortali. Cerbero ha la forma a tre teste solo per difesa. Quando questa non è necessaria, con le focacce della risoluzione torna ad essere un innocuo cucciolone.»
Mentre Thànatos diceva quelle parole le porte del palazzo si aprirono e si sentì una dolce e profonda voce di donna: «Venite avanti, vi sto aspettando.»
Entrarono in una enorme sala con il pavimento nero come la pece e ai lati due file di colonne d’ oro. In fondo alla sala troneggiava lei, la Signora di ciò che non si conosce, la Regina del riposo eterno, del mondo senza ritorno. Finalmente Diomedes era di fronte a lei, ma non poteva guardarla, come gli aveva ordinato Thànatos.
Persefone disse con voce solenne: «Thànatos, mio fedele servitore, hai fatto un buon lavoro, ora puoi uscire dalla fanciulla e liberare dalla fune infernale il nostro ospite!»
Thànatos ritrasse la fune che teneva stretto Diomedes, che rimase in ginocchio con il capo chino. Poi alzò le braccia al cielo e pronunciò la formula che annullava la possessione. Uscì dal corpo della fanciulla, che cadde a terra sfinita. Thànatos riacquistò la sua forma reale. Una tunica lo fasciava completamente, coprendogli anche il capo, forse, in parte, per celare il volto cupo, freddo come la morte. Un lungo bastone, forgiato da un ramo, contorto e nerboruto, lo accompagnava come fedele compagno di giudizio.
Andò a porsi vicino alla Regina, che disse: «Svegliati, Dafne! E tu, mortale, puoi alzarti, così che ti possa guardare meglio!»
Diomedes si alzò immediatamente. Poté, così, ammirare le fattezze della dea. Seduta su un trono di roccia grigiastra, aveva un viso ben definito, con tratti decisi, che venivano addolciti dal suo sguardo. Occhi profondi e scuri, ma lucenti e vitali, quasi un faro in quel buio abisso. I capelli neri, riccioluti, leggermente legati dietro la nuca, erano incorniciati da un sottile diadema d’oro, fatto di due serpenti intrecciati, così come i sandali e i bracciali. Il peplo, che la rivestiva, fatto di bisso rosso, la fasciava perfettamente e le conferiva un’ autorevolezza femminile tutta sua.
Diomedes ne rimase incantato e Persefone, accortasi del suo stupore gli disse: «Sei rimasto deluso del mio aspetto, mortale?»
E Diomedes, riprendendosi rispose: «Le storie e le leggende su di voi non ripagano la vostra mirabile presenza, Signora degli Inferi!» e s’inchinò.
Thànatos, disgustato da quella smanceria, intervenne e disse: «Voi mortali non fate altro che ingraziarvi le divinità, ma morirete comunque!»
Persefone si girò verso Thànatos e disse: «Basta! A lui penseremo dopo. Ora pensiamo alla ragazza e alla sua richiesta!»

Continua…

Foto: arteparladi.wordpress.com


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