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Il “Torneo Ciccio Marzano”, un’idea innovativa della Bovalino degli anni ‘80

Nei faldoni impolverati della Locride, area tanto complessa quanto intraprendente, esistono numerose e interessanti storie di comunità, incise indelebilmente sulle pagine del cuore, all’interno di vecchi documenti esperenziali che, attraverso il potere del racconto, possono tramandarci nuove chiavi di lettura sui tempi, sui luoghi e sulle cose. Il nostro territorio, tra alti e bassi, ha sempre dimostrato un certo fermento socio-culturale e anche sportivo, grazie all’impegno attivo di tanti cittadini mai rassegnati, impegnati passionalmente nel campo dell’associazionismo. Lo sport, nello specifico il calcio, anche all’epoca, rappresentava uno strumento efficace in grado di interessare e unire i paesi di provincia, talvolta divisi e distanti nella convivenza quotidiana ma uniti dal sentimento popolare del pallone.
Da questi fattori e da un entusiasmante spirito partecipativo e di condivisione, nel lontano 1985, prendeva vita il Torneo Ciccio Marzano, un’occasione di socialità e un’opportunità per Bovalino e per l’intero comprensorio, visto il coinvolgimento di importanti società sportive provenienti da tutta Italia. In un primo momento, l’iniziativa era stata promossa e realizzata dai giovani Mimmo Morabito, Rocco Sacco e Franco De Stefano, nel comune intento di commemorare la figura di Ciccio Marzano, persona con un vissuto nel panorama calcistico bovalinese, nelle vesti sia di calciatore sia di dirigente. Nel 1986, anno di costituzione notarile dell’Associazione Fondazione Ciccio Marzano, il team organizzativo si è ulteriormente rafforzato grazie alla collaborazione di Enzo Novella, Salvatore Musitano, Gianni Reale, Franco Sgambellone, Masino Ruffo e Domenico Brizzi. In una prima fase, il Torneo presentava una forma amatoriale che contava su un sostegno economico popolare e sul mai mancato contributo elargito dalle Amministrazioni del Comune di Bovalino, per poi ottenere una rilevanza più ampia e prestigiosa, grazie al riconoscimento della Federazione Italiana Giuoco Calcio, avvenuto dalla 4ª edizione. Difatti, da quel momento, la manifestazione ha assunto una caratura nazionale, diventando così un evento ufficiale riservato alle squadre della categoria Allievi. Prima di tale riconoscimento, le difficoltà organizzative erano maggiori, specie nel reperimento degli arbitri, indispensabili per garantire la regolarità delle gare, che si attenevano a un regolamento creato ad hoc dal gruppo organizzativo. Il Torneo, sviluppatosi in ben 8 edizioni dal 1985 al 1992, ha ospitato numerose società calcistiche di spessore, tra le quali Napoli, Fiorentina, Lecce, Foggia, Reggina e Roma 12, una squadra satellite della Roma che indossava le stesse divise in tinta giallorossa. La manifestazione veniva organizzata durante il periodo maggio-giugno, articolandola in 5-6 giorni, ma la fase dei preparativi cominciava qualche mese prima, al fine di poter programmare e strutturare ogni passaggio nei minimi dettagli. A tal proposito, lo staff provvedeva anche alla sistemazione dell’allora “Stadio Comunale” con laboriosità e minuziosità, tant’è vero che, nelle giornate in cui si effettuavano le gare, al mattino si facevano addirittura dei turni per innaffiare correttamente il terreno da gioco in terra battuta. Tuttavia, oltre ai controlli e alle riparazioni costanti sull’impianto di illuminazione, anche negli spogliatoi e nelle tribune si operava con molta attenzione e una certa professionalità con lo scopo di poter garantire una certa sicurezza dell’ambiente ospitante. Tra gli aneddoti più curiosi, Enzo Marzano ricorda un siparietto che vedeva protagonista Domenico Aguì, custode del campo, soprannominato simpaticamente Micu ‘u pìu: ogni pomeriggio, dopo l’accensione dell’impianto di amplificazione, veniva accompagnato all’altezza del centrocampo da Salvatore Musitano, per eseguire insieme una divertente ballata di tarantella. A cavallo di questo scherzoso rituale, approfittando dell’ottima potenza acustica delle casse, Masino Ruffo si impossessava del microfono, richiedendo a gran voce u cafè, che veniva puntualmente preparato e offerto da zia Concettina, la quale, insieme a tutta la famiglia Brizzi, rappresentava un fattivo e amorevole sostegno per i giovani organizzatori. Nella settimana dell’evento, tanta gente della ruga si univa per collaborare, finanche i più piccoli, tra cui Vincenzo e Ruggero Brizzi, Mimmo Novella e Fabio Mari, che venivano chiamati le schegge per la velocità con cui contribuivano a raccogliere i palloni. Momenti storici, dunque, di sentita partecipazione e di spensierata condivisione, nell’obiettivo di tenere viva la socialità della comunità bovalinese e locridea, creando di conseguenza un concreto indotto economico, derivante dall’arrivo di ospiti che alloggiavano negli alberghi dell’epoca.
Un’idea che Enzo Marzano, figlio del compianto Ciccio e presidente dell’attuale Associazione dedicata al padre, definisce innovativa per quei tempi, sia per la cura degli step organizzativi sia, soprattutto, per l’opportunità socio-economica che offriva al territorio, coinvolgendo persone di tutte le fasce d’età e dando lustro agli Allievi emergenti di tutta la Penisola. Un’occasione di calcio ma anche un momento di distrazione e riflessione, che va a sottolineare, ancora una volta, l’importanza dei messaggi educativi scaturiti dalla pratica di qualsiasi sport, da intendere e da vivere nel suo significato più nobile e costruttivo: la sana competizione.
E se da un lato la polvere dei ricordi, con l’inarrestabile scorrere degli anni, si fa sempre più corposa, dall’altro è nostro dovere munirci di un panno per ripulire e riassaporare quelle tracce di quotidianità che hanno segnato positivamente i tempi dei nostri padri e dei nostri nonni, provando a selezionare e cogliere tutti quegli insegnamenti che hanno trovato un effettivo riscontro nella coerenza dell’esempio.

Giovanni Ruffo

Nato e cresciuto sullo Jonio, con il corpo accarezzato dalla brezza del mare e un potente richiamo spirituale in Aspromonte. Cittadino e straniero ovunque, amante della bellezza immateriale e delle meravigliose ricchezze che madre natura dona ai suoi ospiti. Avventure radiofoniche di musicultura e una passione viscerale per il teatro e la scrittura, terapie dell’anima necessarie per coltivare i princìpi di resilienza e r-esistenza, coniuga la tradizione con l’innovazione, le radici con le ali. Ricerca sprazzi e scorci di poesia nelle crepe, negli anfratti più nascosti, in ogni spigolo di mondo. Ama la diversità e la libertà, intese come opportunità e strumenti di crescita. Detesta i muri dell’indifferenza e crede nei ponti dell’umanità, trovando nelle differenze delle autentiche risorse costruttive e collettive.

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