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Superfetazioni e ricostruzioni a Reggio Calabria dopo il terremoto del 1783

Di Silvia Turello

“Esistono maniere diverse per affrontare le difficoltà, ma funzionano solo quelle che colpiscono la psiche”.

Oggi vi racconteremo una storia, vera, sulla rinascita… di una città.
A Reggio Calabria, a causa del terremoto del 1908, i sopravvissuti alla tragedia trovarono un nuovo modo di reagire e ricostruire. All’epoca si parlò di sei o settemila orfani, addirittura di una bambina di nobili origini che per diritto di nascita ereditava tutto il patrimonio famigliare ma fu tormentata dai cugini perché gliela cedesse.
Nell’archivio storico del Comune reggino sono presenti tutte le concessioni avvenute prima del terremoto del 1908. Emerge quindi la volontà di ingrandire la propria residenza prima di quel tragico evento.
La crescita di Reggio avvenne nel periodo neoclassico (seconda metà del ‘700 e fino alla fine dell’800) e, d’altronde, sono presenti diversi palazzi con caratteri neoclassici. I dettagli architettonici, come il neoclassico e il liberty, erano molto importanti in quanto erano un modo di distinguersi e presentarsi al pubblico. E i bottegai facevano il progetto persino per la loro targa.
I disegni dei palazzi venivano eseguiti rigorosamente a mano, su carta blu, i cui tratti venivano realizzati con una china bianca o nera. I palazzi avevano generalmente un solo piano o al massimo due, e nel periodo di espansione della città e di crescita delle residenze e degli edifici, sono stati trovati parecchi ampliamenti, detti superfetazioni. Questo avvenne nonostante ci fosse una legge che vietava l’edificazione di palazzi molto alti a seguito del terremoto del 1783.
Le superfetazioni, se concesse, dovevano avere un peso inferiore del piano che li ospitava. Molti disegni però dimostrano il contrario, ovvero che queste avevano la stessa struttura e peso uguale o maggiore del pian terreno, che generalmente era voltato a botte per il passaggio delle carrozze, ospitava botteghe, mentre le residenze erano ai piani superiori. Generalmente il palazzo si ampliava di un piano, ma le elevazioni andavano anche a tre piani. La strage del terremoto fu infatti amplificata dagli ampliamenti troppo pesanti.
Vi è tramandato il caso del palazzo della famiglia Valentino: il padre del sindaco Valentino ampliò il palazzo per il figlio sposato. Palazzo che, dopo il sisma, crollò interamente. La conseguenza fu la morte della moglie, del padre e di un fratello del sindaco, più un altro fratello che sopravvisse ma rimase semi incapace di intendere e di volere per lo shock. Il giovane scrisse :“Mio padre ci voleva fare un regalo, ma non sapeva che ci stava condannando a morte.”
Dopo il sisma, Gino Zani, ingegnere neolaureato di San Marino, trattò nella sua tesi la resistenza e la durabilità degli edifici in calcestruzzo armato. Chiese infatti al suo relatore di tesi di poter scendere a Reggio Calabria per poter sperimentare nella pratica la sua teoria. Una volta sceso, sposò la giovane Spadaro. Dai documenti rinvenuti si sa che si sposarono in casa e non in chiesa per la salute cagionevole di lei. Vissero prima in una baracca, poi lui costruì il palazzo Zani Spadaro.
Gino Zani poté sperimentare la sua teoria, fece costruire diversi palazzi dello stile Liberty a Reggio, ancora oggi utilizzati e in buono stato, proprio negli stessi anni in cui venne redatto il Piano de Nava dell’ingegnere Giuseppe de Nava, che prevedeva una scacchiera regolare scandita da isolati a corte chiusa e aperta, come a Messina.

Ricostruzione post Terremoto: il Piano De Nava.

Articolo originariamente pubblicato su meteoratrl.wordpress.com.

Redazione

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