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Monte Trepitò, le cascate Mundu e Galasia

Locride… e dintorni in Mountain Bike XII

Di Rocco Lombardo

Il percorso che affronteremo oggi riprenderà il tema delle cascate concludendo così un trittico che le ha viste protagoniste dei nostri ultimi appuntamenti. Attraverso un percorso tra storia e natura raggiungeremo infatti la località di Monte Trepitò e quindi le cascate denominate Mundu e Galasia, ricadenti nel territorio comunale di Molochio, nella valle del fiume Barvi sconfinando, passateci il termine, la Locride per visitare uno tra i luoghi più suggestivi, naturali e selvaggi dell’intero Aspromonte, valicandone la dorsale.
L’Aspromonte asciutto e solare a noi familiare del versante ionico lascia quindi il posto a quello umido e verdissimo del versante Tirrenico, caratterizzato dal movimento lento che impongono i viottoli e i sentieri immersi in un’apparente solitudine, mettendo in comunicazione le persone e i borghi che popolano l’Aspromonte, gelosamente e orgogliosamente aggrappati alla spina dorsale finale della penisola.
Di buona lena percorriamo il primo tratto della Strada Provinciale fino al borgo di Antonimina, da lì intraprendiamo la salita molto dura che conduce agli altipiani di Spilinga e Zomaro, una salita ben conosciuta (e temuta!) dagli amanti delle due ruote, sia per l’asperità della stessa, con punte di dislivello superiori anche al 20%, sia per la particolare conformazione di alcuni tornanti che si snodano vorticosi all’ombra di boschi di querce da sughero e faggete rigogliose.
Breve sosta per rifornimento acqua alla fonte denominata cavaleri friscu, presso la suggestiva area attrezzata dei Piani di Spilinga, e quindi in tre chilometri siamo sull’altopiano dello Zomaro, da dove ci inoltriamo nel bosco riprendendo alcuni tratti dei Sentieri di Spartaco attraverso un adrenalinico single-treck che si origina dal Laghetto Crocco fino a incrociare nuovamente la SP 36 presso Passo Cancelo.
L’importante dorsale aspromontana si sovrappone in questo tratto al cosiddetto Sentiero del Brigante che, attraversando valloni e fiumare, fiumi e cascate, riporta chi lo percorre alla fantasia di leggende e racconti legate ai briganti, il tutto nel silenzio di una sconfinata quiete, non a caso inserito nell’Atlante dei Cammini d’Italia che si sviluppa nella sua interezza per circa 120 km tra il Parco Nazionale dell’Aspromonte e il Parco Naturale Regionale delle Serre.
In realtà l’itinerario è stato sempre considerato storicamente come la grande arteria della Calabria meridionale, presidiato in tutte le epoche per la sua importanza commerciale e strategica, che si snoda in una cornice paesaggistica di incomparabile bellezza, attraverso un ininterrotto e mai studiato abbastanza e valorizzato parco.
Dopo un paio di chilometri raggiungiamo Villaggio Moleti, frazione del comune di Ciminà, particolarmente animato e abitato in questo periodo e, dopo aver incrociato la strada dei Due Mari dove è possibile volgere lo sguardo sia sullo Jonio che sul Tirreno, ci inoltriamo nel Bosco di Trepitò, godendoci la natura incontaminata tra faggete e pinete fiabesche, un viaggio sensoriale vero e proprio, a ritmo cadenzato tra saliscendi, profumi e odori del sottobosco per scoprire l’essenza della nostra montagna, un mondo a parte nel cuore del Mediterraneo, alla fine dell’Italia o, forse meglio, all’inizio, questione di punti di vista.
L’aspetto sportivo è solo una variante minore di tutto ciò che il percorso ci offre in termini di natura, storia e bellezza, arrivati nei pressi di Villaggio Trepitò, riprendiamo l’asfalto sconnesso della Strada Provinciale che conduce a Molochio, non prima di fermarci estasiati ad ammirare l’incomparabile bellezza offerta dal Belvedere Catorella, un balcone aperto a picco sul versante tirrenico dell’Aspromonte, dove abbracciare con lo sguardo la piana di Gioia Tauro fino al mare e alle isole Eolie, che si stagliano all’orizzonte, e fino a intravedere la cima dell’Etna, è un vero e proprio scenografico sipario sull’appendice della penisola italiana.Ci aspetta adesso una piacevolissima discesa che in pochi chilometri ci porta a incontrare, in uno dei numerosi tornanti, uno slargo con tanto di tabellone toponomastico che indica le cascate e dal quale si dipana il sentiero sterrato che ivi conduce; lasciamo quindi le nostre Mountain Bike nei pressi di un terrazzamento naturale, e proseguiamo a piedi per un tempo complessivo di percorrenza di circa un’ora e mezza, con un primo tratto iniziale ben segnalato e completamente coperto dagli alberi che scende ripidamente nella valle seguendo una vecchia mulattiera. Addentrandoci nel bosco, avvertiamo una sensazione netta di sospensione dall’ambiente, quasi in simbiosi con la natura rigogliosa e selvaggia, che addirittura, a fondo valle, ricorda molto da vicino le foreste fluviali dell’Amazzonia tanto è rigogliosa e selvaggia, con il frastuono in lontananza delle acque che si infrangono sulla roccia, vere e proprie opere spettacolari della natura, immerse in una vegetazione di muschi, licheni e Woodwardia radicans, una varietà di felci preistoriche molto grandi, risalenti ad almeno 60 milioni di anni fa.

Percorso un viottolo che attraversa alcuni terrazzamenti, la vallata del Grancu lascia il posto al vallone Mundu e al suo corso d’acqua sul torrente Jamundu. Varcato un piccolo ponticello giungiamo, dopo poche centinaia di metri, al salto d’acquadi circa cinquanta metri della cascata, percorrendo un sentiero parallelo molto ripido e scivoloso e aggrappandoci ad alcune liane che si intrecciano con i corrimano, non ancora totalmente divelti dalle intemperie invernali, che aiutano a frenare il passo spedito che la scoscesa pendice naturalmente asseconda. Arrivati in fondo rimaniamo estasiati dalla pozza freddissima color verde.
La denominazione Mundu deriva dal grecanico e significa nudo o spoglio, riprendiamo quindi a ritroso il sentiero che costeggia la cascata in salita e puntiamo ancora verso monte su di un crinale; il tratto, completamente coperto dagli alberi, comincia quindi nuovamente a ridiscendere con la possibilità di visionare parzialmente le altre due cascate denominate Galasia, termine anch’esso riveniente dal grecanico antico, ossia burrone-rovina, familiarmente appellate dalla gente locale con il nome di  crapa janca, il sentiero si snoda adesso in due arterie per raggiungere il salto più piccolo, di circa 15 metri e il salto più alto, di circa 35, incastonato tra secolari rocce di differente colorazione e in continua mutazione.
Il sentiero che porta alla Galasia Piccola regala panorami mozzafiato, con la cascata incastonata al centro di un paesaggio quasi apocalittico, costituito da massi enormi, salti d’acqua e gurnali, piccole vasche dai colori cangianti, oltrepassando invece l’appendice finale del sentiero, franato in più punti e quindi da affrontare con attenzione. A un altitudine di circa 600 metri sul livello del mare ci ritroviamo al cospetto della suggestiva cascata GalasìaGrande, uno spettacolo meraviglioso in cui poterci finalmente concedere un bagno quanto mai tonificante nelle fresche acque cristalline della vasca naturale e consumare un frugale spuntino.
Questo luogo è ben segnalato e ben conosciuto, una meta imperdibile per gli appassionati di escursionismo. Riprendiamo a malincuore, dopo foto e video di rito, il crinale in senso inverso fino a incrociare nuovamente il bivio con il ponticello, e quindi risalire la vallata del torrente Barvi fino a riprendere le MtB.
Si riprende la via del ritorno ripassando da villaggio Trepitò, stavolta però in salita, con le gambe che mostrano i primi segni di affaticamento anche per la scarpinata a piedi, e si prosegue lungo la dorsale aspromontana della SP 36 fino a raggiungere il quadrivio di Canolo Nuovo e imboccare quindi la SP 1 che, in venticinque chilometri di discesa, quanto mai provvidenziale, ci ricondurrà al punto di partenza, permettendoci di completare così un altro suggestivo giro, prevalentemente montano, a conclusione di un fresco trittico alla scoperta di alcune cascate montane, con un dislivello importante di circa 1.800 metri e una complessiva percorrenza di circa 80 chilometri, quest’oggi affrontati in compagnia di Peppe Piccolo e Peppe Pileggi.

Redazione

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