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Costume e SocietàLetteratura

Legge sugli stupefacenti: genesi ed evoluzione della lieve entità

Di Serena Callipari, Davide Barillà ed Enzo Nobile

La lieve entità del fatto ha suscitato l’interesse del legislatore sin dall’emanazione della Legge 685/1975, che per la prima volta in Italia ha disciplinato le attività illecite inerenti alle sostanze stupefacenti tipicizzando all’articolo 71, sotto il titolo attività illecite, le condotte di rilevanza penale che costituivano reato.
Però il legislatore, deputato alla formazione delle leggi, nel disciplinare le attività illecite in materia di sostanze stupefacenti, oltre a definire le condotte penalmente rilevanti, ha dovuto prevedere, pure, la pena da applicare tenendo conto sia della funzione generale preventiva, sia della funzione retributiva e rieducativa della stessa, oltre che del principio di proporzionalità della pena, ex artt. 3 e 27 della Costituzione.
E, in virtù di tale funzione, la pena doveva essere determinata con la previsione di un minimo e di un massimo edittale irrogabile in modo da consentire al giudice, nell’ambito dei suoi poteri discrezionali, di operare una gradazione della stessa in base alle modalità della condotta e alla gravità dei fatti che caratterizzavano lo specifico reato.
Inoltre, l’entità della pena prevista per il singolo reato doveva, necessariamente, rispecchiare il principio di proporzionalità del trattamento sanzionatorio più volte oggetto di attenzione da parte del giudice delle leggi con la sentenza nº 236 del 2016 e al quale lo stesso giudice delle leggi ha fatto ricorso, con particolare riguardo alla legge in materia di sostanze stupefacenti, allorquando di recente, con la sentenza nº 179/2017, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge Fini-Giovanardi in ordine alla previsione del trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 73 Decreto del Predisdente della Repubblica 309/90.
E il legislatore, proprio al fine di rendere la pena maggiormente proporzionata ai fatti penalmente rilevanti indicati nella norma di carattere generale, attese le varie tipologie di sostanze stupefacenti e le diverse quantità delle stesse che venivano immesse sul mercato illecito, ha avvertito l’esigenza di operare un distinguo tra le varie tipologie di sostanze stupefacenti, tenendo conto della maggiore o minore incidenza dei danni che esse provocavano alla salute pubblica.
E, in virtù di ciò, le sostanze stupefacenti sono state catalogate nelle relative tabelle in base alla loro capacità drogante e alla loro incidenza valutata in termini di danni alla salute pubblica.
Inoltre, tenuto conto delle quantità di sostanze stupefacenti immesse illecitamente sul mercato e delle modalità con cui l’agente le collocava, il legislatore, al fine di rendere la pena prevista per lo specifico reato di cui all’art. 71 L 685/1975 maggiormente proporzionata anche ai casi limite – ovvero quelli che, in una serie possibile di eventi o di situazioni, si considerano come possibilità o modalità estrema – ha individuato all’interno di detta figura delittuosa una ipotesi lieve (fatto di lieve entità) e una grave (fatto d’ingente quantità).
E, infatti, come potrà verificarsi, l’art. 72 della L 685/1975, oltre all’ipotesi di reato disciplinata all’art. 71 con il titolo di attività illecite, individuava sotto la dizione “altre attività illecite” l’autonoma ipotesi della lieve entità.
Tale articolo testualmente così recitava:

Chiunque, fuori dalle ipotesi previste dall’art. 80, senza autorizzazione o comunque illecitamente, detiene, trasporta, offre, acquista, pone in vendita, vende, distribuisce o cede, a qualsiasi titolo, anche gratuito, modiche quantità di sostanze stupefacenti o psicotrope classificate nelle tabelle I e III, previste dall’art. 12, per uso personale non terapeutico di terzi, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire centomila a lire otto milioni.
Se taluno dei fatti previsti dal primo comma riguarda modiche quantità di sostanze stupefacenti o psicotrope classificate nelle tabelle II e IV, previste dall’art. 12, si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da lire centomila a lire sei milioni.

Perciò, all’epoca, come si evince dal tenore letterale della norma, il legislatore, con la L nº 685 del 22 dicembre 1975 per tali fatti aveva previsto una figura autonoma di reato operando un distinguo tra le tipologie di sostanze stupefacenti sotto il profilo del trattamento sanzionatorio.
La previsione di tale figura autonoma di reato, nelle previsioni del legislatore dell’epoca, avrebbe consentito una immediata distinzione (specie sotto il profilo quantitativo) tra le ipotesi più gravi di cui all’art. 71, che sanzionava il traffico illecito di stupefacenti, e le ipotesi di non punibilità per uso personale di cui all’art. 80.
Il criterio distintivo era, quindi, quello della modica quantità”, che tuttavia non veniva in alcun modo ancorato a riferimenti numerici o altri elementi caratterizzanti, lasciando, così, ampio margine alla discrezionalità del giudice, tant’è che fu solo a opera dell’interpretazione giurisprudenziale della Corte di Cassazione che si cercò di definire l’ambito di operatività della modica quantità.

Tratto da L’ingente quantità e il fatto di lieve entità della Legge sugli Stupefacenti; Key editore
Foto: studiolegalegallo.it

Redazione

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