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“La ragazza con l’arco”: il bilancio di un’esperienza arricchente e positiva

Dall’Ufficio stampa Compagnia Scena Nuda

Il mito di Atalanta, il racconto coinvolgente del kamishibai, la riflessione su temi importanti: ha conquistato il pubblico La ragazza con l’arco. Atalanta – 4 storie per un mito, la rassegna di teatro ragazzi nata dalla collaborazione tra la compagnia teatrale Scena Nuda e la Biblioteca dei Ragazzi e delle Ragazze, nell’ambito di Miti infanzia del Festival Miti Contemporanei, giunto alla X edizione.
Nel corso di quattro appuntamenti (con due repliche per ogni racconto), dal 10 luglio fino al 22 agosto, alla Villa Comunale di Reggio Calabria, i piccoli spettatori – ma anche gli adulti – sono stati affascinati da questa forma di narrazione, nata in Giappone, il kamishibai appunto, che affianca la capacità affabulatoria del narratore, attraverso le illustrazioni proposte dalle immagini di carta che si aprono per mezzo di un piccolo teatro di legno.
Gaetano Tramontana e Anna Calarco – fondatori della Biblioteca dei Ragazzi e delle Ragazze e curatori della rassegna insieme all’attrice e direttrice artistica di Scena Nuda, Teresa Timpano – sono così riusciti, coadiuvati dalle sonorizzazioni dal vivo curate da Yosonu, a ricreare un’atmosfera coinvolgente, trasportando il giovanissimo pubblico proprio nel mito di Atalanta. Un racconto che ha dato la possibilità di guardare alla tematica della parità di genere e dell’emancipazione femminile, rappresentando, infatti, questo mito “la forza femminile attiva, la resilienza e la capacità di resistere alle avversità”, ed essendo la protagonista l’incarnazione della dea Artemide, “simbolo della sorellanza tra donne e della parità con gli uomini”.
«Siamo molto contenti – afferma Teresa Timpano – perché finalmente c’è una possibilità di creare, anche per il giovane pubblico, un progetto costante nel tempo, che lo accompagni attraverso storie che fanno riflettere e che ragionano, anche per questo target, sull’emancipazione femminile, sulla disuguaglianza di genere. Il lavoro che Spazioteatro ha svolto è molto interessante, soprattutto perché fa nascere, alla fine dello spettacolo, una discussione con i bambini, così come con gli adulti, che possono confrontarsi con gli artisti sull’argomento trattato. Questo per noi è fondamentale perché, come per tanti altri argomenti, bisogna continuare a sensibilizzare le nuove generazioni e far sì che queste possano insegnare alle vecchie come (e meglio) continuare a vivere, stravolgendo quelli che sono i vizi dettati dalla storia, modificando le azioni e migliorando la qualità della vita. Il pubblico ha reagito abbastanza bene, si può fare sempre di più, però è l’inizio. Abbiamo l’obiettivo di stimolare le famiglie che pian piano dovrebbero riappropriarsi del proprio diritto alla cultura».
«Per noi – sottolinea Anna Calarco –  è stata una bellissima occasione poter lavorare al mito di Atalanta, al quale pensavamo già da tempo: lo spunto che ci è stato offerto da Scena Nuda di lavorare sulla discriminazione di genere, su questo tipo di problematiche, ci ha subito riportato a questa idea che era nel cassetto da un po’ di tempo. È stata molto stimolante anche questa forma, per noi inedita, di strutturare un’unica tematica, un unico macro-racconto in più appuntamenti e in più racconti indipendenti l’uno dall’altro.
«La risposta dei bambini e delle bambine – aggiunge – è stata molto positiva: diversi bambini sono tornati di volta in volta e, nei momenti successivi al racconto, quelli che dedicavamo al forum, alla chiacchierata con loro, abbiamo notato che sempre di più acquisivano consapevolezza e anche una maggiore coscienza di spettatori. Hanno capito man mano questo tipo di linguaggio, di teatro-narrazione unito al kamishibai, il linguaggio particolare delle musiche di Yosonu, questa sonorizzazione dal vivo, estemporanea o quasi, nel senso che ovviamente c’erano delle linee guida per le musiche, però Yosonu ha sempre, comunque, improvvisato parte delle sonorizzazioni che ci accompagnavano. Ed è stato molto bello poter avere l’occasione di raccontare ai bambini questo tipo di linguaggi perché, appunto, non sempre si ha l’occasione di intrattenersi in maniera così ravvicinata e poter spiegare loro questa parte del nostro lavoro, quindi come si costruisce una storia, uno spettacolo. In questo caso, avendo anche la possibilità di vederli più volte, per tutti gli appuntamenti, abbiamo sviscerato un po’ insieme a loro i diversi aspetti di questa storia che si andava componendo nei quattro atti. «Quindi, per noi – conclude – è stata sicuramente un’esperienza arricchente e positiva».

Redazione

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