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Costume e SocietàLetteratura

Hic et nunc

Di Luisa Ranieri

Sabato mattina: solo tre ore a scuola per Mara: che meraviglia, quasi tutta la giornata per lei!
Saltò sulla bici e via per San Donato a fare le piccole cose che la situazione privilegiata di quei giorni (sola a casa, senza alcuna preoccupazione di orari e doveri da rispettare) le consentiva.
“La mattinata è mia – pensava – poi il pomeriggio mi chiuderò nello studio a correggere i compiti di greco che ho nella cartella sul portapacchi.”
Sbrigate le piccole faccende, ebbe un’illuminazione: “Ma perché per far aggiustare il mio Nokia che fa i capricci non vado in mattinata in centro a Milano?”
Detto fatto, depositò la cartella e i compiti a casa e via di nuovo in bici verso la MM3.
“C’è afa – pensava – sicuramente tornerò col mal di testa da stress e da calore padano”.
Scese in Piazza Duomo e andò alla Vodafone, ma i commessi giustamente la spedirono alla Nokia, in via Meravigli 22. Sicuramente anche lì ci sarebbe stato l’orario continuato.
Si fece a piedi via degli Orefici e poi Corso Magenta e, al numero 22, ecco la novità: il negozio era chiuso e non avrebbe riaperto prima delle 15:30!
“È l’una… che faccio fino alle 15:30? E i compiti? Va a finire che mi salta tutto il programma del pomeriggio… Mi viene l’affanno… eppure non mi conviene tornare a casa…”pensava tutta scombussolata Mara.
Si mise allora a camminare per le vie della zona, e scoprì tante meraviglie: palazzi seicenteschi e torri medievali, mura (spagnole?) riportate alla luce da scavi che non aveva mai visto prima, balconi cittadini piccoli, ma sommersi dal verde e palazzi di pietra che dimostravano tutta la bellezza dei loro anni passati.
Il pomeriggio si allontanava dalla sua mente con tutti i suoi affanni.
Gira che ti rigira, si ritrovò davanti al Dal Verme e al bar-ristorante dove qualche volta si era fermata con i colleghi prima delle conferenze sul Mito Antico.
Non aveva fame, ma era stanca e decise di prendere qualcosa al tavolino, più per riposarsi che per altro… Ordinò un’insalata di riso e un bicchiere d’acqua naturale.
Accanto aveva degli attori, tutti presi dai problemi del loro spettacolo, una coppietta americana con la piantina della città in mano, due fidanzati col grosso cane appresso a cui lei aveva comprato un pollo di plastica per farlo giocare e forse per farsi amare di più dal compagno troppo distratto dalla bestia.
Intanto si era alzato un venticello fresco, che avvolgeva piacevolmente, oltre che altri passanti, anche gli studenti che stavano sciamando fuori da una scuola vicina.
Ed ecco il miracolo: il tempo rallentava la sua corsa, i compiti potevano aspettare (non aveva forse il lunedì libero da dedicare loro?), la contemplazione le regalava respiri calmi e rigeneratori.
Si guardava nei vetri dei separè sulla strada: aveva 50 anni ed era ancora viva e, soprattutto, sana, sana, sana, dopo un’esistenza vissuta quasi tutta da pseudo-malata-convinta.
Si sentiva immersa nel fiume della vita e le piaceva nuotare piano nelle sue acque, assaggiare la sua frescura e renderle grazie per i tanti doni che le aveva dato, soprattutto per la recente scoperta della sacra bellezza del tutto.
Al tavolino del bar era rimasta solo lei ed ecco che un passerotto cittadino si avvicinò a beccare le briciole sui tavolini ormai deserti di persone… e non era solo… ne arrivarono presto altri quattro…
Passeri cittadini, che le facevano pensare alla frase della collega Elda sui gabbiani che ingrassano nella fogna di San Donato, lontani dalle ampie distese del mare eppure così fortemente evocatori di esse.
E per contrasto le riaffiorarono nella mente le solitarie passeggiate mattutine lungo il mare di Locri, fin laggiù, lontanissimo, al posto dei gabbiani… e risentiva tutta la bellezza ariosa di quei respiri di mare e di salsedine.
Erano le 15:00 e si ritrovava rigenerata e pronta a passeggiare ancora per le vie del centro.
Lasciò il ristorante sorridendo alla cameriera brasiliana che le aveva raccontato un poco di sé. “Ciao, viva il Brasile – le disse – e la vita ti faccia scoprire la sua piena bellezza ora, mentre sei giovane e hai ancora davanti tutte le scelte da fare” le augurò in cuor suo.
Passeggiava piano… quelle viuzze erano davvero speciali, in quelle ore tutto sommato silenziose e prive di traffico.
Ecco qua un giardinetto verdissimo, non lontano da via Brisa e… guarda laggiù… Sant’Ambrogio, che racchiude in sé tutta la sacralità della città di Milano.
Ed ecco che si erano fatte le 15.30 e non aveva voglia ancora di andare alla Nokia.
C’era una profumeria dal nome Brambilla… più milanese di così…
Decise di entrare per comprarsi una matita per gli occhi ed ecco un altro miracolo: pur parlando di cosmetici, si misero a parlare di altre cose, lei, la proprietaria e la lavorante, di tante altre cose…
Che meraviglia quando nei rapporti con gli altri emerge la nostra umanità, che bello ritrovarsi fratelli ed essere benevolenti gli uni con gli altri.
Ma che razza di giornata era quella, fuori dal tempo, fuori da ogni fretta, fuori da ogni convenzione?
Ma bisognava proprio che lei entrasse alla Nokia, e Mara lo fece, comprò la batteria nuova e si avviò verso casa.
C’era accanto una gelateria piena di cose buone.
Si fermò a guardarci dentro ripensando al primo gelato che aveva assaggiato alla venerabile età di 34 anni. “Pure la quasi-anoressia mi sono dovuta regalare nella vita di prima. Ma perché mi sono odiata tanto e per tanti anni?”
Ma quella doveva essere una giornata proprio particolare, perché anche il gelataio si mostrò gentile ed amorevole («Da dove viene? Cosa fa?»). Che fosse vero il detto orientale secondo cui non è la felicità che fa nascere il sorriso, ma è il sorriso che fa nascere la felicità?
E, mentre si gustava il gelato allo yogurt e frutta che aveva deciso di regalarsi in barba a ogni sua intolleranza alimentare, un’insegna luminosa, di quelle che in città ti regolano il tempo e i ritmi, le svelò l’arcano: era il 23 Settembre, giorno dell’equinozio d’autunno.
Che fosse vero anche ciò che aveva sentito dire dal Collega di Scienze, che in certe date anche gli uomini, come le piante e gli animali tutti, avvertono la trasformazione nell’infinto andare del tempo e inconsapevolmente vi si adeguano, staccandosi dal Contingente e assumendo anch’essi qualcosa dell’Eterno?

Tratto da In forma di parole Franco Pancallo Editore

Foto: blog.urbanfile.org

Redazione

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