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Qualcosa di più grande delle lacrime

Stasi XXXI - Francesco Rossi lascia la Jugoslavia, ma non prima di aver trascorso gli ultimi momenti con Stefica, che prenderanno una piega per lui davvero inaspettata. Ma è il momento di tornare a casa e, soprattutto, di riprendere il lavoro a pieno regime…

Di Francesco Cesare Strangio

Sullo scoccare della dodicesima ora, Francesco Rossi aveva superato da qualche minuto la soglia del ristorante. Stefica era lì con lo stesso volto velato di quella leggera tristezza con cui l’aveva lasciata quella mattina. Abbozzò un sorriso, ma le riuscì male.
Rossi sedette al solito tavolo e chiese solo un secondo di carne con delle patate fritte.
Nel frattempo parlò con la ragazza dicendole che alle tre prendeva il treno per Trieste per poi proseguire per Milano. In ogni caso, all’indomani, lei doveva andare a fare richiesta per il rilascio del passaporto. Ci tenne a precisarle che, una volta presentati i dovuti documenti, si sarebbe occupato di tutto Stevo per velocizzare la cosa.
La donna gli domandò: «Quale sarebbe lo scopo del passaporto?»
Lui prontamente e con tanta fierezza, le svelò l’arcano: «Ottenuto il passaporto e il visto d’espatrio, partirai per Trieste, dove ci sarò io ad attenderti.»
Rossi le chiese un foglio di carta bianca su cui scrisse il numero di telefono dove chiamarlo.
Senza farsi notare dagli altri, diede a Stefica un milione di lire. La ragazza rimase senza parole… per quei tempi era una somma ingente. Per avere un’idea, il mensile di un impiegato italiano non superava le duecentomila lire.
Dopo quell’istante di sorpresa, il volto di Stefica s’illuminò e ritornò a splendere come sempre.
Era iniziato il conto alla rovescia per l’inizio di una nuova vita.
«Se tutto va bene – continuò l’uomo, – tra una settimana al massimo sarai in Italia.»
La ragazza guardò l’orologio, le lancette indicavano le dodici e quarantacinque. Le venne un’idea fulminea… andò verso il gestore per poi prendere la direzione dello spogliatoio.
In meno di quattro minuti comparve cambiata e prese Rossi per la mano, guadagnando l’uscita.
Rossi le chiese: «Dove andiamo?»
La ragazza rispose: «Non ti devi preoccupare, non ti porto per strade avverse.»
Ribatté Rossi: «Non ho pagato il conto!»
La ragazza gli rispose di non preoccuparsi, perché ci avrebbe pensato lei.
Nuovamente Rossi tornò alla carica richiedendo dove stavano andando.
Vista l’insistenza, la ragazza gli svelò i suoi propositi: «Ritengo giusto, prima di partire per l’Italia, presentarti ai miei famigliari.»
«Giusto!» esclamò Rossi.
Stefica lo guardò teneramente e, tenendolo stretto per mano, osservò: «A volte capita non pensarci.»
Con passi veloci, come quelli di giovani gazzelle, arrivarono al portone del palazzo in cui abitava la donna. Salirono velocemente le scale, con gesto deciso mise la chiave dentro la toppa e aprì il portoncino d’ingresso.
Entrando, vide un uomo e una donna sui cinquant’anni e un ragazzo sui quindici. Quell’irruzione inaspettata mise in imbarazzo i genitori e il fratello.
Stefica fece le presentazioni, spiegando chi era quell’uomo; e aggiunse che aveva chiesto la sua mano.
Cosa che non era vera, in ogni caso Rossi confermò quanto detto da Stefica.
In un batter d’occhio, si vide fidanzato in casa.
I genitori si felicitarono con i due.
Rossi, a sua volta, si preoccupò di annunciare ai presenti che Stefica il giorno dopo andava a preparare il passaporto per poi raggiungerlo a Milano.
La cosa non andò giù alla mamma, tant’è che gli disse che la figlia poteva andare a Milano a condizione che lui fosse ritornato a prenderla.
Rossi guardò la ragazza e accettò le condizioni.
Lo invitarono a sedersi e gli offrirono da bere un bicchierino di grappa che mando giù in un solo sorso.
Data l’ora, non poté più rimanere e prese commiato con la promessa di ritornare il sabato successivo.
Il ragazzo chiese di andare con loro, cosa che gli accordarono sia i genitori sia i due fidanzati.
Si avviarono a piedi verso la stazione, ove arrivarono dopo circa venti minuti.
Il treno era in allestimento. Mezz’ora dopo presero gradualmente a chiudere le porte… salutò il ragazzo e abbracciò la donna il cui volto era solcato da due lacrime. Rossi prese dalla tasca della giacca il fazzoletto e asciugò le lacrime della donna. Ripiegò il fazzoletto e lo rimise nella tasca interna, fece tutto con cura come se volesse portare con sé le lacrime di Stefica.
La donna lo guardò con la sua solita dolcezza e disse: «A Dio piacendo, porto dentro di me qualcosa di infinitamente più grande delle lacrime».
Rossi capì a quel punto che la donna gli stava dicendo che era nel pieno periodo dell’ovulazione e probabilmente era rimasta incinta.
Il fischio del treno avvertì i passeggeri e gli accompagnatori che da lì a poco iniziava il viaggio verso la meta. Rossi si affacciò dal finestrino e salutò la donna che camminava come se volesse accompagnare il treno. Rapidamente, come una raffica di vento impietoso portò via ogni immagine lasciandogli un vuoto nel cuore.
Al confine di Stato salì la polizia di frontiera per il rituale controllo dei documenti. Quando videro il suo passaporto, lo salutarono e non pretesero nemmeno di guardare i suoi bagagli. Evidentemente era stato segnalato dai vertici del governo.
A parte quella breve parentesi, il viaggio proseguì regolarmente in direzione di Milano, tanto che arrivò puntualmente alle 22:10 alla stazione centrale, dove lo attendeva l’insostituibile Gaetano, come sempre ansioso di sapere com’erano andate le cose.

Foto: gtotticamodena.com

Redazione

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