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Costume e Società

Da Africo Vecchio ad Africo Nuovo

Di Francesco Maviglia

Il 12 gennaio 1954, alcuni capifamiglia inviarono una lettera a Umberto Zanotti Bianco, con la quale lo pregavano di adoperarsi per la ricostruzione nel territorio di Africo Vecchio.
Vito Teti, a proposito di Umberto Zanotti Bianco, scrive nel suo libro, Il senso dei luoghi:

Profeta inascoltato. Illuminato e appassionato meridionalista, che pone il problema di non sradicare le persone, di mantenere gli uomini legati ai luoghi, alle economie, alle culture tradizionali, di conservare l’idea della comunità.

Umberto Zanotti Bianco, il 17 settembre del 1952, venne nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Era uno dei fondatori della Croce Rossa Italiana: ne fu presidente dal 1944 al 1949. Grazie alla sua opera, arrivarono le baracche della Croce Rossa Svedese ma, nonostante il suo impegno, il suo peso politico era ormai in declino e non fu incisivo. Altri erano i politici rampanti in quel periodo storico.
Rendendosi ormai conto dell’insuccesso della sua proposta, lo sconfitto senatore si ritirò da Africo Nuovo assieme all’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia da lui presieduta.
Gli africoti vissero in quelle condizioni fino al graduale trasferimento ad Africo Nuovo, che ebbe inizio il 29 giugno 1953. Nei confronti di chi approdava nel nuovo centro, ogni sussidio veniva tolto.
Francesco Gagliardi racconta:

Fra il 1954 e il 1956 furono costruiti altri alloggi popolari, cosi il numero delle famiglie trasferite nel nuovo centro si aggirava sulle 250.
Le famiglie che volevano che Africo sorgesse a Carrà non è che volessero tornare alle condizioni di prima, volevano reclamare strade provinciali, luce elettrica, acqua, servizi igienici, edifici pubblici e tutto quanto può servire a una società moderna.
Nel 1956 la polemica con chi voleva che il paese sorgesse a Carrà era già spenta. Ormai si sapeva che Africo doveva sorgere a La Quercia, tanto che era prossima l’assegnazione di oltre 400 suoli edificabili, a favore di buona parte degli aventi diritto alla ricostruzione della propria casa distrutta dall’alluvione.
Ci avevano promesso la costruzione degli oltre duecento alloggi (per coloro che in un primo momento avevano optato per la ricostruzione a Carrà, ndr.) che dovevano essere fatti con il contributo dello Stato, ma a distanza di tanti anni ancora mancano.
Manca pure l’altra promessa, cioè la bonifica della fiumara La Verde e distribuzione delle terre ricavate. Contemporaneamente alla bonifica, doveva sorgere, lungo l’argine, la strada per Africo Vecchio.
In un’assemblea pubblica nell’aula della refezione scolastica, l’onorevole Sebastiano Vincelli, nella sua oratoria, ha detto, tra l’altro, testuali parole: «Tra non molto, inizieremo la bonifica della fiumara La Verde, lungo l’argine faremo la strada per Africo Vecchio e andremo a festeggiare…».

Anziché la presenza di chi aveva ricevuto le conoscenze generazionali del territorio, vere sentinelle dei luoghi, («Vi siete salvati la vita, non è il caso di pensare agli alberi e ai terreni» hanno risposto a Costantino Romeo coloro che avevano allora l’autorità) hanno preferito l’abbandono dell’Aspromonte orientale!
Così il popolo di Africo, che ha una superficie territoriale tra le più vaste della provincia di Reggio Calabria, vagò per due anni in sette Comuni prima di approdare nel territorio di Bianco divenuto, con la delimitazione territoriale, quello definitivo. Canolo, anch’esso distrutto dall’alluvione d’ottobre, ebbe il paese nuovo costruito nel suo stesso territorio; come pure Natile Nuovo, frazione di Careri.
In Sardegna, colpita dalla medesima alluvione, non trovando l’accordo tra cittadini per la ricostruzione del paese di Gairo, dichiarato non più sicuro, ne furono edificati addirittura tre: Gairo Sant’Elena, Gairo Taquisara e Gairo Cardedu.
Per i paesi ai piedi dell’Aspromonte orientale il disegno politico era diverso.
Non strade comode in modo che la gente potesse progredire nel loro ambiente, ma svuotare dagli abitanti i borghi montani.
La strada lungo la fiumara La Verde non è stata fatta, anche le altre duecento case promesse, da costruire con contributi governativi sono state dimenticate.
Come per una sorta di punizione nei confronti di chi era per la ricostruzione vicino al paese vecchio, costretti ad abitare nelle case popolari in attesa dell’edificazione di quelle con i contributi dello Stato, non solo nessun Governo si ricordò più della promessa fatta nel 1952, ma negli anni ‘70 l’Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Reggio Calabria, ora accorpato in Azienda Territoriale Edilizia Residenziale Pubblica, incominciò a inviare bollettini di pagamento dell’affitto iniziato il 29 giugno 1953.
Intanto l’Aspromonte è sempre meno praticabile dalle persone, incendi e frane sono sempre più frequenti.
Se non si corre ai ripari costruendo una strada di collegamento veloce dalla marina all’entroterra, con diramazioni di prossimità verso alcune contrade per renderle usufruibili, prima o poi, non più l’acqua ma il fuoco darà il colpo di grazia a quello che è rimasto!

Africo in costruzione

Redazione

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