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Costume e Società

Il rapporto tra il fatto di lieve entità e la particolare tenuità del fatto

Breve storia della Legge sugli Stupefacenti XXVIII - Una volta comprese le varie sfaccettature della “lieve entità del fatto” prevista dal Testo Unico della Legge sugli stupefacenti, è bene comprendere quale differenza intercorra tra questa clausola e quella che riguarda invece “la tenuità del fatto”.

Di Serena Callipari, Davide Barillà ed Enzo Nobile

La natura giuridica di figura autonoma di reato dell’articolo 73, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica 309/90 impone di verificare se ai fatti previsti da detta norma sia applicabile l’articolo 131 bis del Codice Penale, che esclude la punibilità per la particolare tenuità del fatto.
L’interrogativo è d’obbligo, atteso che la fattispecie criminosa di cui al c. 5 dell’art. 73 DPR 309/1990, ossia quella della lieve entità, rientra in quella categoria di reati il cui limite di pena detentiva massima è in 5 anni.
E, difatti, l’articolo 131 bis CP stabilisce che la punibilità è esclusa quando:

Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, c. 1, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

Però qui nasce il problema di come, eventualmente, conciliare l’articolo 131 bis CP il quale – a differenza dell’art. 73, c. 5, DPR 309/1990 che prevede il riconoscimento di una sanzione penale, se pur lieve, mediante l’applicazione di una pena rispetto alla stessa ipotesi prevista dal catalogo generale – prevede non una riduzione della pena, ma l’esclusione della punibilità anche qualora la condotta sia stata effettivamente tenuta.
La soluzione più auspicabile sull’argomento, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, sembra che, in via generale, sia quella dell’applicazione dell’articolo 131 bis CP anche alla fattispecie autonoma di reato prevista dall’art. 73, c. 5, DPR 309/90 senza che la stessa venga indiscriminatamente riconosciuta a tutte le ipotesi di detto reato ma demandando al giudice il compito di verificare analiticamente caso per caso solo la scelta dell’utilizzo o meno dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto.
E, in tal senso, tra le altre si è espressa la Corte Suprema di Cassazione con la sentenza nº 36.616/2017, che ha affermato che l’ipotesi prevista dall’articolo 131 bis CP è applicabile anche in presenza della esistenza di plurime denunce per altri reati relativi a sostanze stupefacenti.
Ciò in quanto, ad avviso della Suprema Corte, l’articolo 131 bis CP, nel configurare le ipotesi di non punibilità per particolare tenuità del fatto, e nel definire le ipotesi di comportamento abituale, non ricomprende l’ipotesi di altre denunce a carico dell’imputato per reati dello stesso tipo, ma solo le ipotesi di condotte seriali, individuate tramite procedimenti penali definiti o pendenti.
E, sempre con riguardo all’obbligo di motivazione che incombe sul giudice di merito, la Corte Suprema di Cassazione, pronunciandosi in merito a vicenda criminosa riguardante la coltivazione di 18 piante di canapa indiana, rientrante nella fattispecie di lieve entità di cui all’art. 73, c. 5, DPR 309/1990, ha sostenuto che rientra nei doveri di motivazione del giudice di merito, nel caso di specie la Corte d’Appello, effettuare una valutazione complessiva e congiunta di tutte le peculiarità del caso concreto, le modalità della condotta e il grado di colpevolezza utili a pronunciarsi approfonditamente sulla non punibilità per la particolare tenuità della condotta di coltivazione illecita.

Tratto da L’ingente quantità e il fatto di lieve entità della Legge sugli Stupefacenti; Key editore
Foto di copertina: studiolegalegulino.it

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