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Costume e SocietàLetteratura

Il papiro misterioso

Templari - Alla ricerca del Libro dei morti II

Di Francesco Cesare Strangio

Jacques de Molay, il giorno stesso della sua elevazione a Gran Maestro, convocò quattro fidati Cavalieri ai quali affidò l’incarico di partire per Gerusalemme. Qui avrebbero trovatoun Confratello che aveva acquistato – da un Egiziano proveniente da Tebe – un papiro scritto in geroglifici e in lingua greca. Tale papiro rivestiva una particolare importanza poiché, se quanto in esso contenuto avesse risposto a verità, si sarebbe potuto trattare della Chiave per aprire una porta sul mondo inesplorato dei geroglifici, al contempo utile a far luce sulla vera storia dell’Antico Egitto. Comprendere il significato dei geroglifici Egiziani significava, oltre ad acquisire esatta conoscenza della storia delle varie Dinastie, carpirne soprattutto i Riti Religiosi che si pensava fossero andati perduti per sempre.
Il Gran Maestro mise a capo dei quattro Cavalieri il Barone di Altavilla, profondo conoscitore della lingua greca e araba. Gli altri tre (Malachia da Hildesheim, Cosimo da Firenze e Jean d’Anneaux), oltre alla loro particolare devozione al Gran Maestro, erano accomunati dalla carnagione olivastra; inoltre, erano conoscitori della lingua, degli usi e dei costumi degli arabi. Queste peculiarità avrebbero permesso loro di passare inosservati durante lo svolgersi della loro missione.

Era l’alba di un giorno di bonaccia e le vele erano animate da un perfetto vento di poppa, quando la nave salpò in direzione di Giaffa. La costanza del vento di quel giorno favorì il loro viaggio, tant’è che entrarono nel porto della città mediorientale prima del previsto.
Alle prime luci del giorno seguente, i Cavalieri partirono da Giaffa assieme a un gruppo di pellegrini. Dopo circa dieci ore di marcia giunsero a destinazione, ove trovarono dimora presso una locanda al centro di Gerusalemme. Ci volle tutta la notte affinché i quattro si riprendessero dall’estenuante cammino. Come sempre, il Barone di Altavilla si alzò di buon’ora per incontrare il Confratello che possedeva il papiro. Per farsi riconoscere, gli avrebbe consegnato una lettera scritta di proprio pugno dal Gran Maestro, con impresso il Sigillo che il Cavaliere ben conosceva.
Il Confratello, una volta sinceratosi dell’identità del Barone, lo condusse nel retrobottega. Al sicuro da occhi indiscreti, il Confratello, dopo aver scostato un tappeto, aprì una piccola botola dalla quale tirò fuori il manufatto.

Il sigillo imperiale

Il vecchio Templaredisse al Barone: «Io capisco poco di greco, ma grazie a quel poco, sono riuscito a comprendere che questo papiro è la Chiave per poter decifrare integralmente la scrittura degli antichi Egizi.»
Il Barone osservò con molta attenzione il papiro e si rese conto che si trattava di ciò che il Gran Maestro gli aveva indicato; avvolse con estrema delicatezza il prezioso testo, trattandolo come la cosa più pregiata al mondo. Aveva nelle sue mani la Chiave per svelare i segreti celati dai Faraoni delle trenta dinastie. Con quel papiro si sarebbero potute comprendere le iscrizioni sulle pareti dei templi, quelle nella Valle dei Re e quelle celate sotto la sabbia lungo il fiume Nilo; geroglifici che, senz’altro, avrebbero svelato i segreti della Vita oltre la Morte. Il loro compito era quello di tradurre i geroglifici e poi proseguire nella ricerca delle tombe dei Faraoni dove, con molta probabilità, avrebbero trovato ciò che cercavano.
Il Barone non vedeva l’ora di mettersi all’opera. Aveva fretta di strutturare un vocabolario in grado di consentirgli di poter proseguire nella ricerca, mettendo in atto quanto gli aveva comandato il Gran Maestro. Il signore di Altavilla iniziò il paziente lavoro utile alla traduzione dei geroglifici. Gli altri tre Cavalieri girovagavano per Gerusalemme, stando bene attenti a non tradire la loro identità, in attesa che il Barone terminasse la traduzione. Spinti dalla loro sete di conoscenza, più che dall’ordine del Gran Maestro, nei Cavalieri la curiosità cresceva sempre più con il passare del tempo, fino al giorno in cui, inaspettatamente, videro il Barone di Altavilla apparire nel vicolo del retrobottega che, con la mano, faceva loro cenno di raggiungerlo. I tre Cavalieri vennero così a conoscenza che il laborioso lavoro di decifrazione era finalmente stato ultimato.
Era giuntal’ora di iniziare il cammino verso l’Egitto.
Erano trascorsi i primi trenta giorni di primavera e il caldo iniziava a imporsi. Ormai, il significato dei geroglifici era chiaro. Non rimaneva altro che partire verso la meta.
La notte passò in un baleno; alla quarta ora del giorno presero commiato dal Cavaliere che li aveva ospitati e partirono in direzione di Giaffa. Era ormai notte quando giunsero presso la fortezza dei Crociati, ove rimasero per alcuni giorni; in quell’occasione Jean d’Anneaux fu incaricatodi recarsi dal Gran Maestro per consegnargli il papiro originale con la traduzione.
All’alba del terzo giorno salparono con una nave diretta ad Alessandria, la città fondata da Alessandro Magno tra il 332 e il 331 a.C.

Foto di copertina di Manfred Werner

Redazione

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