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Costume e SocietàLetteratura

L’eroica difesa dei Custodi della Cittadella

Le cronache di Atlantidea XX


Edil Merici

Di Luisa Totino

La palla di fuoco, toccando terra, sprigionò feroci fiammate, lingue incandescenti che illuminarono in un attimo il terrore segnato sui volti delle persone, che cominciarono a gridare in maniera sconsiderata. Fu il panico totale.
Alcuni Custodi incitarono subito gli uomini e molti ragazzi a prendere acqua per spegnere il fuoco: «Presto! Presto! Fate una catena e passate l’acqua! Le fiamme stanno per raggiungere le case!»
Il sindaco della Cittadella accorse per rendersi conto di quello che stava accadendo e disse ai Custodi: «Dobbiamo chiamare i Vigili del Fuoco! Arriveranno quanto prima. Le persone non possono spegnere questo fuoco!»
E prese il cellulare per avvisarli, ma uno dei Custodi gli prese il braccio e gli disse: «Sindaco, deve fidarsi di noi Custodi. Quello che sta accadendo va oltre questo mondo!»
E il Sindaco: «Ma le persone posso fuggire con le auto! Non condivido questo sistema arcaico di risolvere la situazione!»
E il Custode: «Le consiglio di unirsi agli altri e lasciare fare a noi se non vuole vedere la Cittadella distrutta! Questa è una guerra, Sindaco! Una guerra che ora non può comprendere, ma le sarà tutto chiaro alla fine. Ora, però, pensiamo a difendere l’intera Rupe!»
Il sindaco percepì che la situazione andava ben oltre quello che lui stesso poteva immaginare, e decise di fare come disse il Custode. Nel panico generale, alcuni Custodi guidarono donne e bambini alla Grande Chiesa, cercando di difenderli dalle fiamme coi loro mantelli. Altri Custodi decisero di avvisare il Sommo Mentore che alloggiava nella Torre della Solitudine, ai margini della Cittadella.
I Custodi salirono in cima alla Torre dove trovarono il Sommo Mentore che, intento a guardare in lontananza l’esercito di Gòrgos avanzare, disse: «So già quello che sta succedendo, vi siete scomodati per nulla. Il vostro compito è difendere la Cittadella e mantenere nascosto il mondo di Atlantidea agli abitanti del Metaverso. Non è ancora giunto per loro il tempo di comprendere. Molto presto arriveranno aiuti da Atlantidea, ma intanto dobbiamo reagire. Abbiamo bisogno degli Arcieri di Kòlion, le loro frecce indeboliscono la ferocia del nemico. Ascolteranno la nostra richiesta di aiuto, portata loro dai nostri Rapaci Giganti. I loro nidi sono situati sulle colline sopra la Rupe, nel Bosco Perduto. Nessun uomo è mai uscito vivo da quel bosco, così fitto di rami e radici. Solo i Rapaci possono sopravvivere in quel luogo e sono nostri fedeli amici. Sono tempi di guerra, miei fedeli discepoli. Gòrgos sta avvelenando il tempo degli abitanti delle cittadine sulla costa, per fortuna non ha ancora intaccato l’entroterra, il nostro intervento difensivo può essere decisivo.»
Il Sommo Mentore prese da sotto il mantello un flauto e iniziò a suonarlo. La melodia invase la vallata e arrivò alle Colline sopra la Rupe. I Rapaci Giganti furono svegliati dalla melodia, presero il volo dai loro nidi, verso Nord dagli Arcieri di Kòlion. Le loro enormi ali attraversarono quella lunga, lugubre, eterna notte di oscurità e tenebra. L’esercito di Gòrgos li vide passare sopra le loro teste, per un attimo si arrestarono, poi proseguirono nel loro spietato attacco, preparando altre palle, coperte di pece, infiammandole e tirandole verso la Cittadella con l’aiuto di catapulte. Le palle infuocate colpirono diversi punti dei bastioni, per creare dei varchi e indebolire la difesa.
Il Sommo Mentore, dopo aver inviato i Rapaci Giganti si rivolse ai Custodi e disse: «Andiamo a difendere la Cittadella. È ora di mettere insieme la nostra energia e schermare l’intera Rupe. Dobbiamo sperare nell’aiuto di Atlantidea, sono sicuro che invierà i suoi guerrieri.»
Detto questo si recò nella piazza dove sorgeva la Grande Chiesa e riunì a cerchio tutti i Custodi.
Si presero tutti per mano, chiusero gli occhi, alzarono la testa verso l’alto e dissero in coro: «Noi Custodi invochiamo la sacra energia, che possa proteggere la Rupe e la Cittadella dalla feroce, malefica e oscura procella. Cali su di noi come benefica mantella, che la fede dei cuori ci sia sorella!»
Dopo quelle parole dalle mani dei Custodi si sprigionò una strana energia che si unì in un unico raggio e andò a colpire il campanile più alto della Grande Chiesa. Da essa partirono degli schermi di energia che chiusero la Rupe e la Cittadella e le resero invalicabili dagli orridi soldati, che venivano respinti nei loro tentativi di superare le mura di cinta.
Il Sindaco, come gli altri abitanti, rimase frastornato da quello che stava accadendo e disse: «Ma cosa sta succedendo? È la fine del mondo, non c’è altra spiegazione.»
Prese il cellulare, per chiamare le forze dell’ordine, ma non c’era campo. Non poté faro altro che continuare ad aiutare gli altri a spegnere il fuoco e cercare di salvare le antiche botteghe e i laboratori di ceramiche.

Mentre questo accadeva alla Rupe del Rapace, ad Atlantidea si stava pianificando l’offensiva. Talòs, salvato da Andronòs, si trovava nel Palankrir con Argonat e il Consiglio dei Veggenti dell’Ovest, pronti a partire per la battaglia, ma mancava ancora il resto della Confraternita Fulgente.
Talòs disse ad Argonat: «Dobbiamo avvisare il Gran Consiglio di Altinium, perché spedisca l’esercito della Fratellanza ad Albatis, mentre noi varcheremo il portale che porta nel Metaverso, per andare in aiuto alla Cittadella, presso la Rupe del Rapace, ma prima bisogna chiamare altri rinforzi.»
Talòs, allora, prese il suo corno e lo utilizzò per chiamare altri soldati, fedeli alla Confraternita Fulgente.
Riposto il corno si rivolse ai presenti e disse loro: «Amici, non ci saremmo mai aspettati un giorno così, ma la guerra è giunta a noi. Non è tempo di farsi domande! Non è tempo per i dubbi e le incertezze! Oggi, siamo chiamati a difendere quello in cui crediamo, le persone che amiamo, il futuro che vogliamo! Scegliete voi di combattere uniti, per la libertà dei due mondi?»
Talòs, detto questo, allungò la mano e tutti i presenti misero le loro, sovrapponendole una all’altra e dicendo in coro: «Lo scegliamo!»
Andronòs, rivolgendosi a Talòs disse: «Vorrei avere il permesso di unirmi all’esercito della Fratellanza. Sarei più utile lì.»
E Talòs, mettendo la mano sulla spalla di Andronòs disse: «Niente mi renderebbe più orgoglioso!»
E Andronòs: «Davvero?»
Talòs e Andronòs si abbracciarono: «Sì, davvero, figlio mio»
«Grazie, padre» disse Andronòs e salì sul Dasculòs, deciso ad andare ad Altinium.
Voltandosi verso Talòs disse:«Avviserò io il Gran Consiglio dell’avanzata delle truppe di Gòrgos verso Albatis. Conta su di me, ma tu promettimi che ti prenderai cura di Vera, lei è troppo preziosa, per tutti noi.»
E Talòs: «Lo farò, te lo prometto!»
Subito Andronòs prese il volo e già era all’orizzonte davanti agli occhi dei presenti. Dalla direzione opposta, invece, giunsero i soldati, chiamati da Talòs, sul dorso dei loro Dasculòs, pronti alla missione. Ora erano quasi al completo, anche i soldati del Palankrir erano pronti, sopra le loro civette giganti, mancavano solo i Confratelli.
Talòs era preoccupato e Argonat glielo leggeva in viso: «Non preoccuparti, Talòs, i Confratelli saranno ritrovati dal Gufo Guardiano, Elis sa quello che fa.»
E Talòs: «Lo so, ma finché non li vedrò arrivare, non riuscirò ad avere pensieri positivi.»
E infatti, che fine avevano fatto i membri della Confraternita Fulgente? Una volta arrivati, con l’aiuto dei Terrestri, nelle Gole di Golthan, si ritrovarono alle prese con due Lumnòs, e le Bacche dell’Inganno fecero veramente effetto, perché riuscirono a raggirarli, così da poter proseguire alle loro spalle, ma Mattia, maldestramente, inciampò in un sasso sporgente. Il rumore attirò i Lumnòs, che lasciarono il prelibato pasto per inseguire i malcapitati. L’inseguimento fu, a dir poco, feroce e periglioso. I Confratelli, avendo lasciato i Dasculòs in superficie, per proseguire a piedi, non potevano certo sperare di seminare i Lumnòs, che guadagnavano terreno, in quanto agili e striscianti, e sputafuoco. Schivare le fiammate fu impresa ardua. Se non avessero trovato al più presto una via d’uscita sarebbero diventati dei mucchietti di cenere.
A un certo punto uno dei Terrestri scorse qualcosa e gridò agli altri: «Finalmente! Vedo il Torrente Saliscendi. Quando saremo abbastanza vicini ci tufferemo dentro, ci porterà in superficie. I Lumnòs hanno timore dell’acqua!»
Quando furono vicini al torrente, il Terrestre disse: «Ora!»
Tutti, uno dopo l’altro, si tuffarono in acqua. La corrente, così, li trascinò lontano dai Lumnòs che, anche se continuarono a fiammeggiare verso di loro, capirono ben presto di aver perso le prede e si allontanarono strisciando nel loro antro. Il Torrente stava guidando i confratelli verso una cascata, le cui acque precipitavano verso l’alto.
Mattia se ne accorse e disse: «C’è una cascata davanti a noi, ma precipita verso l’alto. Come è possibile?»
Uno dei Terrestri rispose: «È la cascata del Torrente Saliscendi. La sua corrente muta a seconda se si ha bisogno di scendere o di salire. Noi, ora, abbiamo bisogno di uscire in superficie!»
Giunti alla cascata furono trascinati verso l’alto dall’acqua. Purtroppo Aldàrin, all’improvviso, scomparve sott’acqua. Mattia lo chiamò disperatamente, ma senza successo.
Poi rivolgendosi ai Terrestri disse: «Aldàrin è scomparso in acqua! Dobbiamo salvarlo!» E uno dei Terrestri, desolato, disse: «Non possiamo fermarci. È la corrente che ci trasporta. Non possiamo fare niente per lui, purtroppo.»
All’improvviso dall’acqua balzò fuori, in tutta la sua austera eleganza…

Continua…

Foto: reedpopcdn.com


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