Di Francesco Salerno
Jeff si risvegliò di soprassalto con ancora il sapore del sangue in bocca. Preso dal panico per ciò che aveva vissuto si mise in piedi e iniziò a correre senza meta. I piedi scalzi calpestarono arbusti spinosi e sassolini taglienti, ma lui non vi fece caso. Aveva la vana speranza che allontanandosi da quel luogo sarebbe stato al sicuro.
I muscoli tesi per lo sforzo prolungato brillarono presto di sudore sotto il sole cocente del deserto. Se qualcuno lo avesse visto, nudo come un verme a correre come un pazzo, probabilmente avrebbe chiamato la polizia, e Jeff in fondo ci sperava. Qualunque posto sarebbe stato meglio di quel maledetto deserto.
L’essere dentro di lui, però, non era d’accordo. Ruggendo di rabbia si risvegliò all’improvviso e Jeff si ritrovò immobile contro la propria volontà. La creatura lo obbligò a ritornare indietro e prepararsi per ciò che avrebbe dovuto fare quella notte. Nonostante lottasse con tutte le sue forze, il giovane non riuscì a sottrarsi al controllo dell’essere. Lentamente, con la morte nel cuore, tornò indietro.
Passò il resto del giorno nascosto tra gli arbusti desertici del New Mexico per poi, una volta calata la sera, muoversi verso la propria meta. Nelle settimane precedenti la creatura lo aveva obbligato a nutrirla, tra l’altro in un modo che non si sarebbe mai immaginato. Si era nutrita attraverso di lui, ogni brandello di carne, ogni organo, ogni cellula passava dal suo esofago ma era la creatura a trarne giovamento. Jeff si rendeva sempre più conto di essere divenuto un’incubatrice. Era un involucro che conteneva un essere che presto sarebbe venuto fuori, in un modo o nell’altro…
Eppure, più a lungo continuava quello strano rapporto di simbiosi, più lui riusciva a comprendere i pensieri della cosa. Da immagini mentali condivise aveva compreso che quell’essere era giunto lì dallo schianto al ranch di Roswell. Era a bordo del velivolo e la sua caduta gli aveva permesso di tornare libero. Tuttavia, non era pronto per sopravvivere in quell’ambiente, perciò aveva dovuto trovare un ospite, una balia che si facesse carico di lui e gli desse modo di svilupparsi. Jeff era la sua balia.
Molto presto la creatura sarebbe stata abbastanza in forze per fare a meno di lui, e allora sarebbe arrivata anche la sua fine.
Le luci lontane di una fattoria indicarono a Jeff che erano giunti alla meta. Pregò la creatura di non farlo mentre si avvicinavano alla casa. Dall’interno giunsero le voci di una famiglia che cenava e scherzava in allegria.
«Ti prego no… non farlo. Non farmelo fare! Non voglio!»
Ma le suppliche di Jeff trovarono come risposta solo scherno. Piangendo lacrime di puro orrore, il giovane entrò lentamente nella casa. Un istante dopo urla di morte e terrore si levarono nella notte, ma vi erano solo le stelle a poterle udire.
Continua…
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