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Costume e SocietàLetteratura

Lo Squadrone nero

Roswell Legacy


Edil Merici

Di Francesco Salerno

«Fermi dove siete!» sbraitò un soldato all’indirizzo di Dolmer e Hunt.
Quest’ultimo non si mosse, ma con voce ferma e leggermente irata si presentò come un tenente militare di stanza al reparto aeronautico di Roswell. Il soldato semplice sobbalzò dinnanzi a quell’ammissione, ma non si mosse. Vedendo che l’altro esitava, Hunt gli disse di prendere il suo documento nella tasca della camicia. Con la tensione alle stelle, il soldato si mosse verso Hunt, che invece non si mosse di un millimetro. Sapeva bene che, in situazioni come quella, i soldati erano fin troppo dal grilletto facile. Il soldato armeggiò qualche istante nella piccola tasca, poi estrasse il tesserino. Lo controllò velocemente per poi riconsegnarlo ad Hunt e fare il saluto militare.
I soldati armati abbassarono le armi quasi contemporaneamente.
«Mi spiace, signore, ma ho ricevuto ordini precisi…» iniziò a dire il soldato, ma Hunt lo ignorò.
Facendo un gesto a Dolmer lo invitò a seguirlo al ranch.
Vi arrivarono trafelati e sudati, giusto in tempo per vedere gli uomini dell’esercito dargli fuoco.
«Ma che cazzo state facendo? Chi ha dato l’ordine?» iniziò a urlare Hunt, procedendo a grandi passi verso la squadra di militari. Da quest’ultima si staccò un tenente col cipiglio di chi non è abituato a essere messo in discussione.
«Sono il tenente Hunt, ed esigo una spiegazione!»
«Tenente Black e non sono autorizzato a darle nessuna spiegazione. Ordini superiori.»
Hunt osservò l’uomo negli occhi e un brivido gli attraversò la schiena. Erano celesti e spietati, erano gli occhi di un assassino.
«Dov’è il fattore? Il signor White?» continuò Hunt.
«E’ morto. Si è sparato un colpo in testa.»
A quelle parole, Dolmer scattò in avanti con i pugni levati e Hunt dovette trattenerlo a forza.
«Figli di puttana! Lo avete ammazzato! Siete dei figli di puttana!»
Il tenente Black sorrise mesto. Era evidente che avrebbe tanto voluto che Dolmer gli saltasse addosso in modo da avere una scusa per sparargli.
«Piantala, Frank! – iniziò Hunt, per poi rivolgersi al parigrado. – Andrò in fondo a questa storia, stanne certo!»
«Non ne dubito, tenente Hunt. Anzi, sono qui apposta» replicò Black, poi indicò alcuni dei suoi uomini: «Scortate il tenente alla base, il colonnello vuole parlare con lui. Arrestate l’altro!»
Dolmer fece per protestare, ma Hunt scosse la testa facendogli capire che non c’era nulla da fare. Poco dopo erano in viaggio verso la base militare.
Sei ore più tardi, il colonnello Blanchard entrò finalmente nella stanza degli interrogatori.
«Avete fatto un gran casino, Hunt. Mi ci sono volute ore per convincere i pezzi grossi che tu non eri implicato nei fatti della scorsa notte» esordì il colonnello.
Hunt aveva pensato a lungo a come affrontare le domande dell’interrogatorio, perciò era pronto.
«Quali fatti, colonello?» chiese con aria innocente.
«Per Dio, Hunt, piantala! Sappiamo tutti e due cosa è successo al ranch!» rispose Blanchard, irato.
«Io so che è stato commesso un omicidio, al ranch, ecco cosa so. Il proprietario, il signor White, è stato freddato e la sua casa data alle fiamme!»
Blanchard fissò il sottoposto, ma non disse nulla. Si lasciò cadere stancamente sulla sedia di ferro dietro di lui e sbuffò rumorosamente.
«Non sono felice dell’operato di quegli uomini, ma non posso farci nulla. Il gioco si è fatto più pericoloso del previsto, amico mio.»
«Quegli uomini signore? Non erano i suoi uomini?» chiese Hunt stupito.
«No. Appartengono a un’unità speciale di recupero… Il loro soprannome è Squadrone nero, puoi immaginare il perché. Vengono da una base chiamata Area 51, in Nevada.»
Hunt intuì solo allora l’enormità di ciò che avevano rischiato. Quell’unità di recupero era stata inviata a seguito della caduta della sonda e certamente non si sarebbe fermata dinnanzi a nulla per portare a termine la propria missione.
«Non posso proteggerti a lungo, Hunt. Devi essere cauto più che mai» disse infine il colonnello, per poi riprendere in tono più conciliante: «Sono riuscito a convincere i capi che eri là per una ricerca che non aveva nulla a che fare con i fatti di Roswell. Ho guadagnato tempo, ma sarebbe meglio se la ricerca di quel ragazzo finisse qua.»
Hunt pensò a lungo prima di rispondere. I rischi erano enormi e certamente comprendevano la sua stessa incolumità, ma non voleva mollare adesso. Non dopo tutto quello che aveva visto.
«No colonnello, non mi fermerò. Rintraccerò Jeff e scoprirò cosa gli è successo. Non mi farò spaventare da quei taglia gole.»
Blanchard sorrise dinnanzi alla risolutezza dell’amico. Dal suo sguardo era chiaro che si aspettava proprio quella risposta.
«Sei libero di andare. Il tuo amico, quel Dolmer, ti attende all’uscita dalla base. Ma, Hunt… fa’ attenzione.»
Poco dopo, Hunt si ricongiunse con Dolmer. Quest’ultimo aveva un occhio nero e alcune ecchimosi sul volto. I militari ci erano andati pesanti.
«Per stavolta ci è andata bene, ma se vuoi mollare ti capisco Frank» disse Hunt all’indirizzo dell’investigatore. Questi ci pensò un attimo, poi scoppiò a ridere.
«Non esiste, tenente. Sono in ballo e voglio ballare sino alla fine della musica. Che si fottano quei militari! Allora, qual è la nostra prossima mossa?»
Hunt non sapeva proprio da dove cominciare, poi venne raggiunto da un inserviente della base. L’uomo non disse nulla, ma gli porse una busta chiusa. Il tenente la aprì con viva curiosità, sospettando fosse da parte di Blanchard. All’interno vi era un foglio con delle coordinate.
«Ecco il nostro indizio, Dolmer. Andiamo, questa storia è appena iniziata!»

Continua…

Foto: ilquotidianoitaliano.com


“Birra”

Redazione

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