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Costume e SocietàLetteratura

Navajo

Roswell Legacy


Edil Merici

Di Francesco Salerno

«È qui? Abbiamo percorso mezzo stato per giungere sino a qui?» il tono allibito di Dolmer non sfuggì a Hunt.
Avevano viaggiato per ore in macchina, percorrendo praticamente l’intero stato del New Mexico e, alla fine, erano giunti alla riserva Navajo di Ramah. Hunt controllò nuovamente le coordinate fornitegli segretamente dal colonnello Blanchard, ma queste indicavano indubbiamente la riserva.
«A quanto pare è proprio qui, Frank. Tanto vale scendere e dare un’occhiata.»
Tra il brontolio esasperante del suo partner, il tenente spense il motore e scese dall’auto. Si trovavano dinnanzi a un grande cartello di legno che indicava il luogo come una riserva protetta per gli indiani Navajo. Un piccolo sentiero sterrato si apriva dinnanzi a loro, serpeggiando tra alberi, cespugli, gole rocciose e arbusti. I due uomini iniziarono una lunga e faticosa marcia sotto il sole cocente del pomeriggio, alla ricerca di qualcosa che nemmeno loro avevano idea di cosa fosse.
Proseguirono per oltre tre ore, prima di fermarsi esausti nei pressi di un piccolo ruscello che sgorgava limpido tra le pietre rosse del paesaggio.
«Vuoi la mia opinione? Quel colonnello ci ha mandati a caccia di ombre! Cosa ci facciamo qui, Hunt?»
Quest’ultimo non aveva una risposta, ma non poteva credere che Blanchard li avesse depistati. Si fidava di quell’uomo.
«Senti, io credo che…» iniziò a dire, per poi zittirsi di colpo. Gli era parso di sentire dei passi tra le rocce, ma prima che potesse avvertire Dolmer, una mezza dozzina di uomini li accerchiarono da ogni lato. Erano tutti nativi e i loro volti non erano per nulla benevoli.
Uno di loro, un omone dai lunghi capelli neri e dal volto severo, si fece avanti parlando per tutti.
«Questa è una riserva Navajo, non potete stare qui. Andate via»
Nel suo tono, Hunt lesse una velata minaccia, ma non aveva alcuna intenzione di mollare.
«Mi chiamo Walter Hunt e lui è Frank Dolmer, siamo qui alla ricerca di una cosa importante, non per creare problemi.»
Il nativo fece un passo avanti, per poi incrociare le possenti braccia sul petto.
«Non mi interessa cosa cercate. Andate via, adesso!»
Hunt fece per riprovarci ma Dolmer lo anticipò.
«Veniamo da Roswell, a sud. Stiamo cercando qualsiasi cosa abbia a che fare con un disco voltante precipitato, uno ancora in volo e la scomparsa di un ragazzo di nome Jeff.»
I nativi si fissarono l’un l’altro perplessi, poi scoppiarono a ridere. Alla fine, l’uomo dai lunghi capelli neri disse che avrebbe chiamato la polizia della riserva se non se ne fossero andati. Hunt capì che non vi era nulla da fare e accettò la cosa. Mise la mano in tasca per recuperare le chiavi dell’auto e far capire ai nativi che ne se sarebbero andati. Quando le tirò fuori, queste si portarono dietro il pezzo di pelle che Hunt aveva trovato nella buca e che aveva totalmente dimenticato.
Alla vista di quello strano residuo, i nativi saltarono all’indietro allarmati, chiedendo al tenente dove lo avesse preso.
«L’ho trovato in una buca vicino a un ranch, avevo dimenticato persino di averlo in tasca. Perché? È solo una pelle di serpente, credo.»
A riprova delle sue parole porse il fragile ammasso di pelle ai nativi e fu solo allora che si rese conto di cosa aveva in mano. La pelle scolorita e biancastra era a forma di mano umana. Erano perfettamente visibili le dita e le unghie, come se una persona avesse mutato pelle come un serpente.
«Mio Dio Hunt, ma che diavolo ti sei portato dietro?» disse Dolmer sorpreso quanto tutti i presenti.
«Venite con me, forse so chi può parlarvi di ciò che cercate» disse infine il nativo che aveva parlato sino a quel momento. A Hunt e Dolmer non restò che seguirlo.

Continua…

Foto: viaggi-usa.it


Varacalli

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