Di Francesco Salerno
«Quando ti troverai al bivio delle vie e dovrai scegliere la strada, non esitare: scegli la via della morte. In ciò non porre alcuna speciale ragione e la tua mente sia salda e pronta.»
Le parole di suo padre tornarono alla mente di Naomasa proprio mentre evitava per un soffio l’ennesimo fendente nemico. Il suo avversario si era rivelato più forte del previsto e il corpo di Naomasa presentava diverse piccole ferite.
La sua armatura, prima immacolata, era adesso ricolma di sangue e fango.
Naomasa sapeva bene che non avrebbe potuto continuare a lungo quello scontro. Gli venne in mente ogni insegnamento ricevuto, ogni lezione appresa, ogni momento di sofferenza che lo aveva condotto alla via del Bushido.
Lui era un samurai, l’ultimo del clan Yi. Non avrebbe temuto la morte, l’avrebbe anzi abbracciata come una vecchia amica. La morte è la sposa di ogni samurai, il dovere ne è il padre.
Mentre attorno a lui i soldati incitavano il samurai anziano a finirlo, Naomasa svuotò la mente e si posizionò dinnanzi al suo nemico. Era calmo, silenzioso, vuoto.
«Scegli la via della morte…» sussurrò a se stesso mentre Nagasuke gli si lanciava contro. L’urlo di guerra dell’avversario pareva giungergli da molto lontano. Il suo cuore era calmo, il battito regolare. I suoi muscoli pronti a scattare.
Nagasuke affondò infine il colpo, dall’alto verso il basso, con una forza mostruosa.
Naomasa si abbandonò allora alla morte e così facendo seppe quando agire.
Si mosse di lato con un singolo movimento di anca e bacino, mandando a vuoto il colpo avversario. Contemporaneamente disegnò con la propria katana una linea trasversale dinnanzi al corpo del nemico. La lama di acciaio attraversò armatura, pelle e carne.
Il tutto si era svolto in pochi istanti.
La folla ammutolì quando il suo campione cadde a terra col torace aperto in due. Naomasa non si scompose affatto. Si portò dietro il suo avversario e con un unico colpo gli tagliò la testa, poi fissò uno a uno i guerrieri avversari.
«Io sono Naomasa Yi, ultimo del clan! Chi di voi mi sfiderà?!» urlò. I suoi occhi erano di brace ardente.
Nessuno, tra le fila nemiche, accolse la sfida. Dopo un momento di attesa, Naomasa raccolse la testa di Hide e si diresse verso il suo cavallo. Ripartì a galoppo verso la collina seguito dagli sguardi di ammirazione dei nemici. Aveva ancora addosso la maschera di guerra dell’amico. L’avrebbe portata per tutta la vita, in ricordo di Hide.
La battaglia era persa, la loro schiera sconfitta e il castello di Tanaka sarebbe certamente caduto. Ma, adesso, tutti sapevano il suo nome e difficilmente lo avrebbero dimenticato.