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Attualità

La Piccola Base e quel gesto che potrebbe spazzare via tutta la bellezza del mondo


Edil Merici

Di Vincenzo Carrozza

Nella Piccola Base fraternizziamo con i rumeni, con gli americani, con gli inglesi. Ci è stato ordinato di spostare, e ordinare, farmaci e strumentario chirurgico in un bunker, che è altro non è che un complesso sotterraneo di una vecchia centrale elettrica dismessa. Da fuori non capiresti che è una base per il controllo droni, non ne ha l’aspetto. Niente doppie reti e filo spinato a fare da perimetro, solo un alto muro di cinta sbrecciato e tanti alberi. Fuori terra ci sono solo due o tre vecchi edifici che sono stati riadattati a dormitori e mensa. Il perimetro viene controllato h24 da telecamere e monitor dietro cui sono seduti i militari addetti alla sicurezza.
Il centro controllo droni è nei sotterranei. Un’antenna lineare e una parabola, che si confondono con il vecchio apparato della centrale elettrica, svettano a malapena dall’edificio più alto. I droni partono e atterrano dall’aeroporto militare di Costanza, di altri, ma vengono controllati e guidati da qui, un centro di alta sicurezza a cui ha accesso solo il personale autorizzato.
Siamo nella Piccola Base per metterla su dal punto di vista sanitario. Abbiamo organizzato gli spazi, ordinato quanto serviva per avere un Role2, cioè un piccolo ospedale d’emergenza, in cui stabilizzare i pazienti con la sua sala operatoria, i suoi letti di degenza intensiva, le sue camere di decontaminazione. Abbiamo in dotazione cinque contatori Geiger per la misurazione di eventuali radiazioni ionizzanti, maschere con filtri, tute e scorte di pasticche di iodio. Siamo preparati ad affrontare un eventuale colpo di testa russo: l’esplosione di una testata nucleare convenzionale.
La Piccola Base è a pochi chilometri dal confine ucraino e a cinque/seicento metri Mar Nero. Una posizione comoda, o strategica, come dicono i militari. Ci è consentito per un’ora al giorno l’uso del cellulare, di cui è stato registrato il numero seriale, e l’uso del computer personale non collegato in rete. Dormiamo in letti a castello in una cameretta adiacente il pronto soccorso, con lo zaino pronto per un’eventuale, rapida, evacuazione. Nello zaino poche cose: un cambio intimo, una tuta da ginnastica, due paia di calzettoni, una giacca a vento, un blister di pillole allo iodio, uno di antiinfiammatori e uno di antibiotici. Come tocco personale ho inserito un paio di aghi 18, tre torniquet, delle garze, dei fili di sutura, salviette antisettiche e un set chirurgico base. In ultimo la cosa più importante: tre bottiglie di acqua da un litro e mezzo.
È chiaro a tutti che la minaccia più grande è quella nucleare. Non lo diciamo, ma è così. Se fabbrichi la morte, se la tieni stipata nei tuoi arsenali, prima o poi la userai.
L’atomica non è solo un’arma, è la concreta ammissione dell’idea che lo sterminio della razza umana è accettabile. È un’idea politica, idea che uccide tutte le altre idee, per quanto strampalate possano essere, di destra o di sinistra che siano.
Il possesso dell’atomica ti fa capire che quello Stato ha rinunciato per sempre a tutte le altre idee sociali, umane che hanno in sé il seme della giustizia sociale.
L’atomica è l’idea fascio-nazista per eccellenza. Questa idea ha affascinato anche il comunismo, l’ha corrotto e reso fascio-nazista.
La giustizia sociale, la parità tra gli esseri umani, per avere la possibilità di esistere, di trovare concreta applicazione, ha bisogno che la violenza sparisca, che spariscano le armi e, soprattutto, che spariscano le armi di distruzione di massa.
Questa la mia raccolta di idee di ogni sera, quando mi stendo sul letto a castello. Ho il soffitto di cemento nudo a venti centimetri dal naso. Guardo questo cemento verde di muffa, privo di orizzonti, e non resta che chiudere gli occhi e pensare.
Penso che gli esseri umani hanno dato merito a cose, a persone, a invenzioni che non avevano affatto valore: alla plastica, all’atomica, ai dispensatori di morte. Abbiamo assegnato premi Nobel, abbiamo letto i loro libri e li abbiamo, stupidamente, osannati. Abbiamo onorato i distruttori del nostro mondo, del nostro pianeta.
Questo siamo!
C’è, nella Piccola Base, un posto speciale dove vado a sedermi all’alba. È un sedile in legno sotto un albero di Acacia. Una Robinia che avrà più di cento anni. Sta cominciando a fiorire e, al mattino presto, il profumo dei suoi fiori inebria il campo.
Sarà colpa del profumo di questi fiori o sarà colpa della bellezza travolgente delle albe sul Mar Nero, ma in questo posto non riesco a non pensare all’ottusità della guerra. Per quanto mi sforzi di pensare, non riesco a trovare un motivo che sia valido ad accendere una guerra. Non riesco a non pensare che un solo gesto potrebbe spazzare via tutta la bellezza del mondo, tutto quello che noi siamo, che potremmo essere. Tutti i nostri sogni.

Foto: freepik.com


Varacalli

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