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La struttura di Scolacium: il teatro e le statue monumentali


Edil Merici

Di Silvia Turello

Concludiamo il discorso relativo al sito archeologico di Scolacium e la nostra spiegazione del perché possa essere definito un contenitore delle varie epoche necessarie al suo odierno sviluppo, terminando il nostro tour dei reperti più interessanti dell’antica città.

Il teatro

Oltre al foro sulla sinistra, si sviluppa la struttura del Teatro di Scolacium. Rinvenuto tra il 1965 e il 1975 e valorizzato nel 2001, mostra anche esso i segni della spoliazione e del riuso – vennero costruite delle abitazioni al suo interno – in particolare nella parte alta della cavea.
Venne edificato sfruttando l’andamento della collina alla maniera dei greci, tramite setti murari di sostegno semicircolari e non a cuneo, soluzione abbandonata poi dai romani che invece innalzavano le pareti. I resti mostrano tre diverse fasi edilizie, la prima databile in età repubblicana, visibile dall’orchestra, l’ima cavea costituita da tre gradini larghi per i subsellia lignei delle personalità di rilievo della città; la media cavea suddivisa in cinque cunei, e i due aditi laterali in opera quadrata voltati che dovettero sostenere i tribunalia riservati ai posti d’onore.
Nella seconda fase Giulio-Claudia il teatro viene ampliato per ingrandire la cavea tramite setti murari in opus reticolatum per ospitare un altro settore, ristrutturazione poi documentata sull’ara dei Seviri Augustales. Altre epigrafi testimoniano la presenza di una ristrutturazione, nel I secolo, della frons scenica con tre absidi. In un pozzo all’interno del teatro sono stati trovati tre ritratti, due di età Giulio Claudia e uno di età Flavia, nascosti già in antico per evitarne la trafugazione in seguito all’abbandono degli edifici pubblici a cui appartenevano.
A seguito di un probabile terremoto avvenuto nel IV secolo, il teatro venne abbandonato e la collina rioccupata nella parte alta da un abitato bizantino, testimoniato da resti di natura di edilizia privata.
Il teatro, dopo la distruzione di Scolacium, subì una profonda trasformazione, che la portò a diventare il sito di un vasto abitato, e comportò la perdita di parti della cavea. Gli ambienti costituiti da opus reticolatum, infatti, vennero reimpiegate come strutture per le abitazioni, in particolare nella zona dell’anello di collegamento al corridoio voltato, che collega un’ala all’altra. Altre case erano sistemate nella parte bassa. Questa sistemazione è in effetti la più corrispondente a quella descritta da Cassiodoro nella Scolacium del VI secolo, costituita da “case pendenti sulla collina come grappoli d’uva”. Dagli scavi archeologici è emerso che l’abitato sia stato abbandonato intorno al VII secolo.

L’Anfiteatro

È visibile attraverso delle costolature murarie che affiorano dal terreno, modellandolo. Attualmente è l’unico anfiteatro rinvenuto in Calabria. L’anfiteatro, sito nella parte sudovest del parco, costituiva il punto principale degli spettacoli dei gladiatori (munera), è del tipo che sfrutta infatti la conformazione del territorio sul quale è adagiato per installare la sua cavea. Le sue misure sono considerevoli, 85,50 x 64 metri con un’arena di 45×32 metri e una capienza che oscillava tra 9.500 e i 12.000 spettatori, costruito nel I secolo e, in seguito, modificato sotto la riforma nerviana.

Le statue Delle persone illustri del Parco

Le gradinate degli spettatori erano costituite da due ampi settori detti maeniana, summa cavea e ima cavea, inclinati verso l’arena da cui però sono separati da un ampio muro, realizzato in opus Testaceum ovvero in laterizi di testa, con nucleo in malta cementizia per consentire una maggiore sicurezza agli spettatori. All’interno del podium sono presenti gli accessi per l’arena e per le gradinate, formati da scale in pietra locale.
Le gradinate, di cui rimangono pochi elementi in calcarenite bianca, erano sostenuti da paramenti murali formanti ambienti trapezoidali, allungati, riempiti di terra, in alcuni tratti anche voltati. Gli ingressi principali, detti vomitoria, disposti sull’asse maggiore e minore, e quelli laterali, permettevano agli spettatori di accedere a tutti i settori della cavea. Nella parte orientale, costruita completamente in muratura, sono ancora presenti i resti del vomitorium a cui si accedeva anche all’arena, e dai vomitoria laterali con sviluppo in elevato per almeno due livelli.
L’anfiteatro cadde in disuso all’inizio del IV secolo e la sua funzione fu soprattutto di insediamento abitativo, con l’aggiunta di nuove costruzioni. Alcuni ambienti lungo la facciata orientale furono occupati da una sontuosa domus disposta a terrazze, alla quale, tra il V e il VI secolo, si insediò un’altra costruzione che intaccò le preesistenze.

Le statue e reminiscenze sulla città bizantina

L’Anfiteatro con la statua di Gomley
Fin dai primi scavi sono emersi numerosi frammenti in marmo greco e italico, di personaggi del teatro togati. Furono trovate tre teste di teatro in un pozzo nel Teatro nel 1968, e costituiscono un’importante testimonianza della produzione scultorea di Scolacium. Quelli più antichi, di età Giulio-Claudia, restituiscono le fattezze di due uomini, forse magistrati della colonia, probabilmente parenti in quanto somiglianti, e onorati per essere delle munificenze del Teatro.
Confronti iconografici e stilistici dimostrano che gli artisti utilizzarono un modello di riferimento per la produzione di statue, in cui non mancano segni tangibili di classicismo, un taglio corto appiattito sulla fronte e un’espressione austera. Sono stati trovati anche dei ritratti frammentati, come quello di Agrippina Maggiore, moglie di Germanico e madre dell’imperatore Gaio Cesare (noto come Caligola), e quello della figlia Giulia Agrippina nota anche come Agrippina Minore.

La colossale statua in bronzo
Il parco costituisce il cuore del Mediterraneo e della Magna Grecia, oltre che uno dei siti più importanti e suggestivi della Calabria, sia per vastità sia per le sue stratificazioni storiche, da quelle greche e romane a quelle normanne e bizantine. Ma soprattutto è la terra da cui Ulisse partì per Itaca.
La via Istma, la strada lungo i due fiumi, il Corace e l’Amato, copriva i pochi chilometri che separano lo Ionio dal Tirreno e di essa, “prima fra le città dei Bruzi, secondo alcuni fondata da Ulisse”, scriveva Cassiodoro, suo cittadino più illustre, nel 555.
Il parco si sviluppa su una lieve collina che digrada verso il mare a circa 200 mt in linea d’aria, con schiere di uliveti tra il mare verde blu e il parco e una spiaggia bianchissima con affaccio sul Golfo di Squillace.
Il luogo è morfologicamente struttrato con una breve pianura costiera, creata da accumuli alluvionali e fluviali dalla vicina foce del fiume Corace. La pianura è racchiusa in declivio di Rotondone e Santoregno, ed è aperta a Nord est sulla foce del Corace.

Originariamente pubblicato su meteoratrl.wordpress.com


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