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Attualità

Il merito… chi era costui?


GRF

Di Ugo Mollica

Mi ha fatto impressione, in questi scorsi giorni, il tumulto di reazioni suscitato dall’aggiunta della locuzione “e del merito”, alla denominazione ufficiale del Ministero dell’Istruzione. La cosa preoccupante risultava di essere niente di meno che la parola merito.
Ragioniamo con serenità, da vecchi viandanti della Scuola. Il termine deriva dal verbo latino mereri,che ci regala il bel significato “guadagnarsi un qualcosa, ottenere un plauso per un bel gesto, o per una bella azione”. Si capisce, così, facilmente, che il merito parla di riconoscimenti e di lode. Non mi sembra assolutamente cosa allarmante. Se questo termine è stato inserito sul frontespizio dell’Istituzione Scuola, vuol significare che tutto il complesso mondo educativo e formativo dell’Istruzione intende perseguire, valorizzare ed evidenziare le buone capacità e i meriti di tutti gli alunni.
Non mi sembra che abbia alcun merito la Scuola, che accoglie, include e poi promuove passivamente l’alunno di classe in classe, senza un reale esercizio attitudinale e senza dargli una minima idea del suo futuro.
Il merito spesso è un bene sommerso, che vibra confusamente nelle risorse dell’allievo, nascosto o sottaciuto, e chiede, attraverso la mal compresa sofferenza del ragazzo, di essere scoperto da qualcuno e messo in chiaro. Come il chiaro del nostro mezzodì, che ha una etimologia molto affine a mereri, meridies, il giorno pieno, il meriggio. Scoprire un merito, di qualsiasi livello, in ogni ragazzo è aiutarlo a trovare la luce chiara del suo sorriso e del suo animo. Tutte le risorse, ricondotte a merito, hanno dignità e valore, basta solo liberarle dall’indeterminatezza e dalla timidezza e farle splendere al meglio.
Di norma succede che, a un certo momento, alla medesima offerta educativa, otteniamo dagli allievi risposte differenti. È qui che la Scuola deve cambiare passo, senza indugiare in atteggiamenti di indifferenza o in somministrazioni prolungate di rimproveri, che sono solo spreco inutile di tempo. Utilizzando, invece, dosi accurate di pazienza, strumenti idonei e personale adeguato, deve cercare di individuare le piste educative più promettenti, in cui instradare gli allievi più incerti. Questa visione, fondamentale nell’azione didattica, in effetti esisteva, sotto il principio di orientamento, solo che rappresentava soltanto un enunciato, in quanto il motivato consiglio della Scuola poteva essere liberamente disatteso dalla famiglia, con un disorientamento aggiuntivo, che provocava seri danni.
È questo, per la Scuola, un momento delicato e difficile, che richiede una professionalità avveduta e sensibile, per non creare incomprensioni o forzature, ma la Scuola, d’intesa con la famiglia ricondotta a giudizio, deve dimostrare e sostenere le sue indicazioni, come vero valore educativo nell’interesse esclusivo dell’alunno.
La vita è un campo aperto e non basta capitarvi dentro per conseguire il successo, sempre e alla prima prova. Molto spesso è richiesto un processo di autosperimentazione, anche faticosa, per trovare la destinazione più confacente e sicura. E certamente avrà le opportunità migliori chi sarà stato abituato a guardarsi intorno e a osservare situazioni diverse.
Ogni inclusione utile è insieme libera e aperta, tale che consenta di confermare o variare la scelta. Certo, non è affatto ammissibile, per banalità o miope ed effimero opportunismo, che si vada saltellando di qua e di là, oppure che si lasci al caso la collocazione dell’alunno. I docenti, autorevoli maestri di coscienza e di scienza, sapranno favorire le scelte necessarie.
È il merito che dà a tutti il vero nome nella vita e dirà chiaramente quello che si è diventati, come persone attive e capaci di dare il proprio contributo nella società. La modernità, nella sua incontenibile complessità, ha centuplicato il numero delle possibili strade, dove spendere utilmente le proprie competenze.
La Scuola nella norma segue il suo percorso, che garantisce il successivo compiersi della formazione, fino al traguardo del sospirato Diploma, che è la prima conquista di consistente valore legale. È il classico attestato che vale di più, precisamente il doppio, diplous,rispetto alle altre attestazioni intermedie e apre la strada verso l’ulteriore traguardo della laurea, il cui nome discende da laurus, l’alloro, segno di trionfo, che qualche volta è stato chiamato anche laudus,con derivazione diretta dal verbo laudare, espressione di onore e di gloria.
Il nostro dialetto, che dal suo angolo dimesso, quasi dismesso, sa rappresentare sempre magnificamente i valori della vita, fa uso, alla sua maniera incisiva e colta, anche del termine merito. Quando vuol segnalare la finezza di un semplice capo di abbigliamento, o di un ornamento aggraziato, oppure un gesto nobile, o un comportamento di particolare gentilezza, usa dire a quella persona “Ti meri chista cosa”. Sottolinea così l’eleganza di un buona scelta, o l’azione generosa, che adorna la persona e la sua immagine.
Termino con una curiosità, che può apparire strana, accostata al concetto di merito, del quale abbiamo la più alta considerazione: vorrei farvi riflettere un attimo sulla parola ambizione. Per mia natura uso atteggiamenti e toni misurati e sobri, quelli che danno la vera eleganza all’agire umano. La parola ambizione ci fa venire in mente quella molto nutrita specie di arrampicatori sociali, di arroganti con manie di grandezza, che avremmo fatto volentieri a meno di conoscere. Su questo tutti i benpensanti siamo d’accordo. Seguitemi un attimo: dato che parliamo anche della derivazione da altre lingue di alcuni termini, vediamo dove ci porta la parola ambizione. Ora rischio di tediarvi col mio latinorum, ma devo dirvi che ambire è soltanto un derivato del verbo ire (andare) col prefisso amb (greco amphi:intorno), che vuol dire: andare intorno, guardarsi intorno per capire meglio. Dalla stessa radice nasce ambiens (ambiente), che significa: ciò che è intorno a noi, il luogo in cui viviamo. Ora, guardarsi intorno, per capire dove ci troviamo, cosa possiamo aspettarci dalle persone e dalle cose che ci sono vicine, è un atto, non solo lecito, ma anche doveroso. Se è vero che siamo nati per guardare preferibilmente verso il cielo e non timidamente soltanto verso i nostri piedi, una dose misurata di ambizione, senza mai ledere alcuno e senza mai saltare ostacoli in maniera disonesta, può rinfrancare lo spirito, accendere le energie, attivare le risorse e far germogliare o stimolare il merito, che è il premio più grande cui, ciascuno alla sua maniera, ha diritto. Anche per non dover recriminare contro noi stessi, domani, per non aver saputo ambire a qualcosa di più. Non è intrusione indebita azzardare una qualche forma di ragionamento col nostro registro interiore, dove avviene la difficile gestione delle emozioni, delle fragilità, dei desideri, delle intenzioni e della volontà.
Noi vogliamo che la Scuola sappia far di tutto per promuovere fino al possibile le risorse e le potenzialità di ogni singolo alunno, per far risplendere di bellezza e di merito, anche una sola, timida, piccola virtù.

Foto: meditazionegnostica.org


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