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Costume e SocietàLetteratura

La bara misteriosa

Il vampiro di Gerace

Ciò che vado a narrarvi è qualcosa che non trova riscontro in alcun giornale o rapporto ufficiale di polizia, giacché tutti coloro che lo hanno vissuto hanno sempre mantenuto il più totale silenzio, me compreso.
Tuttavia, alla luce di eventi recenti che più tardi vi spiegherò, ora mi trovo costretto a dire la verità, o meglio, a scriverla. Non so quanto verrà creduto di ciò che dirò, e forse nemmeno mi interessa, ma non posso morire con questo segreto che mi grava sulla coscienza.
Tutto ebbe inizio nel lontano 1996, in agosto. All’epoca ero un noto geometra della zona e avevo da poco iniziato dei lavori di restauro, insieme alla Diocesi e a una ditta edile, del famoso duomo di Gerace. I lavori, concentrati principalmente nella zona sotterranea dell’edificio, erano durati tre mesi e mai vi era stato un incidente o qualche avvenimento degno di nota.
La mattina del 19 agosto, però, tutto questo cambiò. Un finto muro di mattoni venne giù, aprendosi su una stanzetta in pietra piccola e umida, sino ad allora sconosciuta agli stessi membri della Diocesi. Il piccolo spazio, polveroso e buio, poteva contenere un tesoro per quanto ne sapevamo noi, e tutti fummo presi da un’eccitazione genuina e fanciullesca dinnanzi a quella scoperta tanto strana. Ma non vi era oro o argento nella stanza. Quando portammo giù le lampade vi trovammo soltanto una bara in pietra coperta da un pesante blocco di granito. Gli operai ci misero l’intera giornata a rimuovere il blocco e la bara fu finalmente libera solo verso sera. A quel punto io, e molti altri, eravamo curiosi di scoprire l’antica sepoltura, ma il prete ce lo proibì, adducendo a motivi di sicurezza e di permessi. La bara sarebbe stata aperta solo in presenza del vescovo e della soprintendenza ai beni culturali, e non prima. Delusi e stanchi, lasciammo dunque i sotterranei del duomo e tornammo tutti a casa, pronti a ritornarvi l’indomani per assistere all’apertura della bara.
Il mattino seguente mi svegliai di buon’ora per recarmi al duomo ma, quando vi arrivai, trovai solo agenti di polizia e cittadini curiosi che si erano radunati all’esterno dell’edificio sacro.
Mi recai direttamente all’entrata, ma venni bloccato da alcuni agenti che non mi permisero di passare. Poi, dal nulla, apparve il prete, padre Giuseppe, che garantì per me e mi condusse in una zona appartata della chiesa, vicino al confessionale.
Quando gli chiesi cosa fosse accaduto, questi mi rispose che era stato ritrovato un cadavere nei sotterranei, proprio nei pressi della stanza che avevamo scoperto. Il corpo era quello del capo della squadra di operai che avevano lavorato alla sepoltura. Non dimenticherò mai le parole che a quel punto mi disse padre Giuseppe: «Per tutti gli angeli del paradiso! Era a pezzi! Il sangue imbrattava ogni cosa e sul suo volto vi era un’espressione di puro orrore! Inoltre, come se non bastasse, la bara in pietra era aperta!»

Continua…


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