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Costume e SocietàLetteratura

La visione dell’Europa di Umberto Zanotti Bianco


Edil Merici

Di Andrea Morabito

Umberto Zanotti Bianco non poco dovette lottare con le amministrazioni locali, specialmente quando si trovò (non poche volte) davanti al Podestà perché i maestri per l’associazione erano stati licenziati per manifesta incompetenza.
Dal ’26, ormai sotto il regime fascista, inizia una serie di grandi inchieste nel Sud: prima in Basilicata, poi ad Africo e infine in Sicilia, finalizzate soprattutto alla realizzazione di una riforma agraria e a bonifiche e rimboschimenti; ma si occupa anche di realizzare una serie di scuole e di ambulatori.
Scrive Manlio Rossi-Doria:

Se non si vuole incorrere in un errore di valutazione molto frequente (che nel suo caso sarebbe fatale) bisogna rendersi conto che la scelta di fondo era stata per lui non (come a qualcuno poteva sembrare) una “scelta politica”, ma una scelta più complessa, spirituale, religiosa e insieme concretamente civile. Alla base della scelta c’era (mi sembra) una concezione romantica e mistica della vita, secondo la quale i valori essenziali sono quelli del cuore, della libertà espressione dell’individuo, del rispetto per la concreta umanità di ciascuno, con gli specifici attributi derivanti dalle tradizioni locali e nazionali; nonché della tolleranza e della reciproca comprensione, come condizione per un utile, intenso e libero sviluppo delle relazioni personali. Da una siffatta concezione derivano quelli che egli considerava impegni morali: la pronta solidarietà con ogni lotta per l’indipendenza e la liberazione degli uomini dall’oppressione; l’assiduo lavoro di assistenza materiale e morale in favore degli umili, i deboli, gli sventurati; ma principalmente la prioritaria e sistematica azione per la cura dell’infanzia, la promozione dell’istruzione, lo sviluppo delle corrispondenti istituzioni, la diffusione della cultura, dei libri,la salvaguardia e la conoscenza delle opere dell’arte, ossia per tutti gli strumenti necessari a mettere gli uomini sulle proprie gambe, far loro esprimere, nel modo più alto e più libero, la propria individualità.

Per capire fino in fondo la personalità di Zanotti Bianco, o meglio chi è l’uomo Zanotti bisogna vagliare i suoi molteplici impegni di tutta una vita, che affrontò con tutte le capacita organizzative di cui era capace e che tutti gli riconoscevano. Trovare le risorse per un progetto era per lui una missione che gli riusciva molto bene, facilitato dalla sua personalità molto stimata in Italia e all’estero. Lo stesso indefesso impegno lo mise nelle cause a favore delle nazionalità oppresse. Non poteva essere diversamente, vista la sua formazione intellettuale mazziniana, che lo portava a prendere posizione a favore delle nazionalità; sotto il giogo Austro/Ungarico ma anche per quelli germanici in Russia e per le guerre balcaniche, specialmente per la controversia tra Romania e Bulgaria.
Appena ventitreenne pubblica su L’Unità di Salvemini con lo pseudonimo di Giorgio d’Acandia, l’articolo La nuova Grecia, in cui esalta la guerra greca contro la Turchia come guerra di liberazione. Sullo stesso giornale interviene sull’emancipazione dei polacchi dalla Prussia orientale e dall’Austria, sognando l’unificazione di tutte le terre polacche. Ritiene, quando si prospetta lo scoppio della guerra, che essa debba avere anche lo scopo dell’indipendenza della Polonia. Non solo, ma egli è convinto che debba essere occasione, la guerra, per l’annessione della Bosnia Erzegovina alla Serbia e per l’autonomia dell’Alsazia Lorena, l’annessione della Transilvania e Bucovina alla Romania e infine l’annessione del Trentino e della Venezia Giulia all’Italia. Sullo stesso tema prende posizione sulla nascita dell’Albania, sul Belgio e via discorrendo.
Queste sue battaglie in favore delle nazionalità oppresse le continuò con la fondazione di un suo giornale, La Giovine Europa, di ispirazione (e non poteva essere altrimenti) mazziniana. In questo giornale la tendenza è chiara, volta all’affrancamento totale dei popoli soggetti agli imperi oppressivi. Fonda, nel 1918, come organo della Giovine Europa, La Voce dei Popoli, sotto la sua direzione, e da questa posizione propugnava la caduta dell’Impero Austro Ungarico come condizione della nascita della nuova Europa delle democrazie. Per i confini dell’Italia, dallo stesso organo di stampa, chiedeva che dovessero includere l’Istria e che Fiume e Zara venissero riconosciute statuti autonomi. Altra causa, nonostante la censura, che dalle pagine del La Voce dei Popoli propugnava era l’indipendenza, che trovava giusta e sacrosanta, dell’Irlanda dall’Inghilterra.
Il primo marzo 1919, sulla La Voce dei Popoli, esce Note su la pace di Versailles scritte con Andrea Caffi. Gli autori, prendono posizioni sui magri risultati ottenuti nelle trattative dall’Italia. Infatti scrive nel suo diario che la pace gli appare amara e disgustosa, ma anche sulla questione Ucraina, scrivono:

Il diritto della Nazione ucraina di determinare come meglio intenda il proprio assetto politico, economico e culturale non può essere contrastato che dai rappresentanti della reazione monarchica, i quali vorrebbero a Parigi rappresentare la Russia (quella di Denikin e di Kolciak). L’esistenza d’un popolo ucraino altrettanto diverso dai Russi quanto dai Polacchi, è un fatto incontestabile; se non formano veramente 40.000.000, come vorrebbe qualche memoriale, certo sono più di 20.000.000 gli individui che parlano o soltanto l’ucraino, o l’ucraino meglio che il russo, e che nei costumi, nell’indole, nei ricordi storici si dimostrano nettamente differenziati dagli altri slavi. La difficoltà per gli ucraini, come per parecchi altri popoli, incominciano quando si vuole fare coincidere la loro vita nazionale con i limiti precisi di un territorio.

È fermamente convinto che, nella futura Europa, nel rispetto di tutte le nazionalità cui è composta, possano convivere in pace tutti i popoli e, tenendo fede a questo concetto, La Giovine Europa ospita scritti l’Albania che nasce, l’Armenia, le rivendicazioni e il suo martirio, La Georgia, La Repubblica di Finlandia e così via.
Il suo idealismo mazziniano che si concretava nel suo interesse per le nazionalità oppresse, lo accostò agli esuli russi (della rivoluzione del 1905) di Capri (riuniti intorno a Maksim Gor’kij), che contribuirono economicamente alla costruzione dell’asilo di Bova Marina, poi dedicato a Edmondo De Amicis (che esprimevano una forte volontà di rinnovamento sociale e politico della Russia).

Foto: vaticannews.va


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