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Attualità

“Gli arbëreshë facciano da traino alle Minoranze d’Italia”

Riceviamo e pubblichiamo


Edil Merici

Diventa sempre più necessaria la rimodulazione del posizionamento in Italia delle Comunità Arbëreshë, la Minoranza etnico–linguistica più longeva al Mondo. Quella degli albanesi d’Italia, che da oltre 600 anni custodisce la propria lingua e la propria identità, rappresenta la massima espressione di integrazione sociale e culturale in Europa, con umiltà, fede, determinazione e coraggio. «Non basta – dichiara Cataldo Pugliese – non è sufficiente ciò che le istituzioni hanno fatto e continuano a fare. I valorosi intellettuali arbëreshë in prima linea al fianco di Giuseppe Garibaldi durante l’unità d’Italia non lo avrebbero mandato a dire. Quegli stessi eroi in prima linea durante i moti cosentini, non avrebbero per nulla tollerato i soprusi subiti da una politica nazionale assente e per nulla riconoscente al proprio popolo. Un fazzoletto del nostro Paese, caratterizzato da una tradizione diversa, composta da 50 comuni italiani, da un sapere diverso, fatto da qualche centinaio di migliaia di persone, e da un essere orientale, necessita oggi più che mai il giusto riconoscimento e rispetto morale verso i propri cittadini.
I confini non esistono più, come ripetutamente sosteneva uno dei sociologi più famosi del mondo, Zygmunt Bauman; l’umanità deve imparare a collaborare attraverso il dialogo, le diversità arricchiscono e rendono creativi gli esseri umani. Nel prossimo secolo c’è la necessità di unire in un nuovo matrimonio potere e politica e di sviluppare l’arte di coabitare tra culture diverse. Nessuno più del popolo arbëreshë (albanesi d’Italia) può testimoniarlo in Italia e in Europa.
Integrazione, inclusione e accoglienza sono temi su cui bisogna investire sempre più, per la crescita sociale ed economica del nostro Paese – continua Pugliese – sono anni che mettiamo in evidenza l’esperienza delle comunità arbëreshë, è necessario destinare la dovuta importanza sui temi dell’integrazione e dell’inclusione, l’accoglienza non è in antitesi con identità. Il 5% della popolazione italiana, ovvero 2.500.000 parlanti ha come lingua materna una lingua diversa dall’italiano, e se a queste aggiungiamo le nuove minoranze e i nuovi flussi migratori, ci si rende effettivamente conto che è obbligatorio rivedere e riformare la Legge 482/99 che tutela le minoranze etnico linguistiche. Diciamo no alle solite passarelle dei soliti ignoti, siamo stanchi degli pseudo intellettuali che da decenni invadono il campo generando sterili illusioni. Occorre invertire la rotta con nuove energie e nuova vitalità, è fondamentale puntare su nuove strategie di comunicazione istituzionale, di un piano di promozione culturale, per sostenere nuove politiche sociali ed economiche, che ascoltino i diritti e che valorizzino le identità, pensando ora più che mai a una grande Europa Mediterranea.»


GRF

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