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Costume e SocietàLetteratura

Le lunghe notti di Teodora

Storie d’altri tempi


Edil Merici

Di Francesco Cesare Strangio

Che cosa poteva fare, Mario, in risposta ai gesti scaramantici del medico? L’unica cosa era sorridere e fare finta di niente.
Il farmacista e il dottore ordinarono due caffè con altrettante brioscine alla marmellata. Osvaldo riprese a parlare dell’argomento che Mario preferiva: il petrolio.
Nicoletta arrivò al tavolo con quanto avevano ordinato i due. Mentre li serviva, strusciò il seno sulla spalla sinistra del dottore: era il segnale che faceva capire il tenore della visita di mezzogiorno. Nicoletta scrutava l’amante con occhio indagatore per capire se stesse rivolgendo le sue attenzioni verso la donna straniera. Il dottore, conscio che Nicoletta era particolarmente gelosa, stava attento a non stuzzicarla.
Nicoletta era una donna che a letto ci sapeva fare e il dottore ne era consapevole, quindi stava nel suo.
Mario, invece, era libero di agire, la moglie l’aveva lasciata a Napoli con i figli, ai quali mancavano quattro settimane per finire l’anno scolastico. Il fatto che la moglie fosse lontana gli permetteva di muoversi indisturbato, tanto che verso l’una di notte usciva dalla finestra di casa sua e s’incamminava lungo lo stretto cornicione che collegava il suo alloggio e quello di Giosuè, per poi infilarsi nella stanza da letto della figlia di questi.
Si trattava di una giovane ragazza che frequentava il terzo anno di Lettere all’Università di Messina e aveva da poco compiuto ventidue anni. La ragazza, di nome Teodora, aveva dei lunghi capelli neri, era alta circa un metro e sessanta ed era di carnagione scura.
Tutte le volte che Mario guadagnava la camera, la donna era già da un pò sotto le lenzuola. Aveva la pelle come il morbido velluto e il corpo le bruciava come se fosse rimasta esposta tutto il giorno all’irraggiamento del solleone. Bastava qualche minuto e partiva come una forsennata, oltrepassando il limite dell’indecenza.
Verso le cinque del mattino, prima che la luce slava dell’alba disegnasse i contorni della creazione, Mario prendeva la via del cornicione per fare ritorno alla sua dimora. Tutte le volte lo aggrediva un senso di angoscia a conseguenza dell’anomalo percorso: aveva paura di cadere nel vuoto e sfracellarsi sulla viuzza dal selciato di pietra, lasciando grande sgomento nell’opinione pubblica.
Il palazzo in cui abitava era stato costruito subito dopo l’Unità d’Italia e, a poca distanza, fronteggiava quello in cui risedeva il farmacista. Quest’ultimo aveva l’abitudine, tutte le mattine, di alzarsi verso le cinque per farsi un caffè e fumare una sigaretta. Una mattina, per evitare che rimanesse l’odore del fumo in casa, fece per aprire la persiana e notò un’ombra che camminava sul cornicione tra l’abitazione di Mario e quella di Giosuè. Il farmacista andò verso l’interruttore e spense la luce poi, silenziosamente, ritornò alla finestra con l’intento di capire cosa stesse succedendo. La fioca luce dei lampioni gli permise di vedere Mario che si muoveva in direzione di casa sua con le spalle addossate alla parete.
La cosa gli puzzava, tanto che, verso la mezzanotte dello stesso giorno, si mise a spiare dalle fessure della persiana. Era passata da qualche minuto l’una quando vide Mario che, scavalcata la finestra, dopo aver raggiunto la casa di Teodora, vi entrò.
Mentre erano intenti a chiacchierare apparve, sulla soglia del Bar Primavera, Teodora: aveva una gonna cosi trasparente che, per effetto della differenza di luce tra l’interno e l’esterno, metteva in risalto la sua parte più segreta. Il farmacista, nel vedere la donna, volse lo sguardo in direzione di Mario e non riuscendo a trattenersi lasciò partire un sorrisetto.
Non passò un minuto che fece l’ingresso Cristiano, un giovane studente che frequentava il Corso di Laurea in Scienze Forestale presso l’Università di Portici, a Napoli. Era evidente che fosse innamorato di Teodora e la cosa che lo mandava in bestia era che la ragazza non condivideva la sua stessa passione.
Cristiano chiese il permesso alla ragazza e si sedette allo stesso tavolino ordinando un caffè lungo. Nicoletta, per innata diabolica astuzia, capì che Cristiano aveva preso una cotta per la ragazza.
Mario faceva finta di niente; non voleva lasciar capire agli altri quello che c’era tra lui e la ragazza. Il farmacista non perdeva occasione di lanciare degli sguardi provocatori nei confronti di Mario, che mal digeriva e, per smorzare la gelosia, tirò fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette Nazionali senza filtro e prese a fumare. Senza farsi notare lanciava delle occhiate con cui pareva volesse fulminare Teodora.
Negli occhi di Nicoletta apparve una luce di sublime compiacimento. Un lieve pensiero le accarezzò il cosciente, appagandolo come la brezza in una notte d’estate appaga il corpo.
La donna aveva intuito quello che c’era tra Mario e la ragazza. Solo che non aveva sufficiente certezza.
Per stanare il lupo dalla tana, iniziò a guardare Mario in modo del tutto insolito.
Mario, avvedutosi del modo in cui lo guardava Nicoletta, disse agli amici: «Vi prego di scusarmi, ho necessità di andare un minuto in bagno».
Imboccò il piccolo corridoio sul lato destro della sala e, dopo aver percorso circa sei metri, arrivò alla porta della toilette. Facendo finta di non riuscire ad aprire, chiamò Nicoletta che in breve tempo lo raggiunse.

Foto: fotocommunity.com


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