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Costume e SocietàLetteratura

L’obbligo di conciliazione e il cambiamento delle norme

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri


Edil Merici

Di Giuseppe Pellegrino

A questo punto si capisce della previsione dell’obbligo di un tentativo di conciliazione (oggi diremmo mediazione) prima che si inizi un giudizio davanti al Magistrato, perché così da una parte si mira a temperare gli animi, dall’altra a evitare liti che, pur non essendo lunghe, certo sono di non facile soluzione. Si pensi alla limitatezza delle prove in un giudizio, che poteva essere solo di natura testimoniale, a eccezione dei contratti (singrafi) che recavano delle pattuizioni scritte. Il falso testimone è sempre esistito, se a Caronda, da parte di Aristotele, viene riconosciuta come un unico fatto sostanziale notevole la punizione del falso testimone. Così recita la norma carondiana: “Chi ha calunniato e ha dichiarato il falso in un processo sia condotto in giro per le strade della città con in testa una corona di tamerisco.”Poteva esserci anche il deferimento dell’interrogatorio alla controparte: prova questa che poteva essere demandata solo a un galantuomo. Per il resto nessun altro mezzo di prova.
XIII: “Deve esser escluso dai pubblici impieghi colui che fa vincere la sua ragione dall’ira.”
XVIII: “I Magistrati non siano ostinati, non giudichino per fare oltraggio e nel dare le sentenze non abbino presente né l’amicizia , né l’inimicizia, ma la giustizia. In tal guisa daranno giudizi giustissimi e si mostreranno degni del loro posto. Agli schiavi si comanda col timore, ai cittadini liberi con la riverenza o con l’onore; i magistrati devono mostrarsi tali che davanti a essi i rei debbono vergognarsi.”
Si è già parlato della utilità della norma nel controllo preventivo degli arconti e anche in quello successivo. E a questo si rinvia.
Per il resto occorre ricordare che l’incarico di arconte (giudice) veniva ricoperto da un cittadino qualunque, scelto per sorteggio tra gli aventi diritto (cittadini con diritto di voto e che pagavano le tasse; ossia, persone dotate di klèros di circa 30 anni). La carica era annuale ed era la norma che il cittadino/magistrato non avesse le competenze necessarie a decidere. Poi, si era in una pòlis in cui tutti conoscevano tutti: il malanimo, il pregiudizio, spesso venivano messi alla base di una decisione.
Poi un signor Qualunque, che aveva in suo potere il diritto di vita e di morte di un cittadino, poteva inebriarsi di questo potere e non decidere secondo giustizia. La norma è interpolata laddove si fa riferimento “agli schiavi si comanda col timore…. A Locri non vi erano né schiavi né schiave. Tutt’al più qualche servo, che quasi sicuramente era di origine sicula, italiota o enotria.
Da questi concetti è venuta sicuramente l’intuizione della previsione della pena secondo ogni fatto giudicato. Pensare che un giudice improvvisato avesse in sé la conoscenza era una mera utopia. Pensare che Zeus assitesse il Magistrato-Arconte durante il giudizio, non era pensabile neppure per un uomo pio e devoto come Zaleuco. Meglio prevedere.
XV: “Se alcuna delle leggi promulgate si conoscerà non essere convenevole sarà posta in migliore forma cambiandola.”
XIX: “Se alcuno vorrà che si abroghi una legge stabilita e permanente e se ne adotti un’altra, sarà proposta al popolo; ma egli intanto dovrà presentarsi con un laccio al collo. Se la novità sarà giudicata giusta si accetterà ed egli partirà libero, se ingiusta verrà strangolato.”
Queste norme sono di natura pubblicistica e di valenza costituzionale. Le leggi stabilite e permanenti, che avevano dato prova di legittimità nel tempo non potevano essere cambiate a piacere di chi ne avesse interesse. Peraltro, dall’interpretazione sistematica e dai riferimenti storici sembra che la norma (se eventualmente cambiata), non si applicasse ai fatti pregressi. Per cui, oltre la dissuasione del cappio, vi era l’inutilità di un cambiamento se il fine fosse quello di cambiare una legge per avvantaggiare qualcuno. Inoltre, la stabilità delle leggi era sintomo di una pòlis che non aveva fattori destabilizzanti.
Era anche una norma di natura, diremmo oggi, costituzionale, perché il pensiero presso i Greci di cambiare la forma democratica di Governo (Dàmos, Bolà, Magistrato eponimo) non sfiorava la mente di un greco. Perché tale cambiamento non poteva avvenire in forma democratica, ma solo per un atto violento di un magistrato, di uno stratega/polemarco, di un diarca (a Sparta).
Il tema è stato affrontato direttamente nel romanzo La legge è uguale per tutti, quando Tirso chiede di cambiare la norma all’adultero e alla adulera cavar si debbon gli occhi. Le argomentazioni di Tirso sono più che accettabili e fondate. Ma Zaleuco con enfasi e con più prammatica, si limita a ricordare i precetti di una legge accettata e stabilita. Entrambi i contendenti si recano alla Assemblea popolare con il cappio al collo. Zaleuco, prima di intraprendere il cammino saluta Imena, la compagna di desco, che è inquieta temendo per la sorte del marito.

Foto: ilcerchiosciamanico.it


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