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Costume e SocietàLetteratura

Il temporale estivo

Storie d’altri tempi

Edil Merici

Di Francesco Cesare Strangio

«Domani l’altro sarai tu a decidere gli eventi futuri che ti riguarderanno. Con ciò non ti dico altro» concluse il suo discorso mastro Peppe.
Salvatore lo salutò, prese la bici e si diresse lentamente verso casa non avvedendosi che stava per avvicinarsi uno dei soliti temporali estivi.
I pensieri e gli interrogativi s’intrecciavano nella sua mente causandogli irrequiete sensazioni come se il mondo volesse crollargli addosso. Le parole di mastro Peppe non lasciarono spazio a interpretazioni o a equivoci; furono limpide e chiare come l’acqua della fonte. Salvatore si ritenne fortunato di essere stato accompagnato dal buon senso di rivolgersi a mastro Peppe per chiedergli consiglio.
Salvatore, lungo la via che lo portava a casa, si avvide del repentino cambiamento dei valori cromatici del cielo: il sole fu come inghiottito dalle nuvole nere che all’improvviso s’impadronirono del cielo, facendo venire la notte anzitempo. 
Una serie di fulmini, seguiti dal fragore dei tuoni, annunciarono la pioggia. Salvatore trovò riparo sotto un albero. Durante l’attesa che il maltempo cessasse, si ricordò delle parole della buonanima di suo padre che lo raccomandava, in presenza di una tempesta, di evitare di mettersi a riparo sotto gli alberi perché le probabilità di rimanere vittima dei fulmini, era elevata.
Spinto dal ricordo delle parole del padre, salì nuovamente sulla bicicletta e iniziò a spingere sui pedali animato da una forza irrefrenabile che lo spingeva verso casa.
Al suo passaggio, nei pressi del campo dal grano mietuto, si alzò uno stormo di corvi. Gracchiando volteggiavano nell’aria come se cercassero qualcosa. La vista dei corvi lo intimidì.
Per arrivare a casa mancava poco più di un chilometro. La distanza nelle condizioni normali era una sciocchezza, ma nel contesto di quel giorno gli parve infinita. Effettivamente, pochi attimi dopo, venne giù un acquazzone di una tale intensità che Salvatore, nella sua giovane esistenza, non aveva mai visto. Sembrava che il cielo si fosse bucato, rovesciando tutta l’acqua in esso contenuta. Le raffiche di vento, che gli venivano contro, lo rallentavano fin quasi a fermarlo.
Dopo gli impari confronti con gli elementi, Salvatore decise di scendere dalla bicicletta e proseguire a piedi. La pioggia, sotto l’azione del forte vento, era aumentata d’intensità, producendo, a contatto con la terra arida, un rumore secco come le pillole di Vivin C a contatto con l’acqua.
Quando arrivò a pochi passi dell’uscio di casa, era bagnato fradicio come un naufrago sulla battigia.
La madre, quando da dietro alla finestra della cucina lo vide arrivare, tirò un sospiro di sollievo.
«Presto, togliti i vestiti e asciugati. Le piogge estive sono come il veleno.»
Salvatore non si fece pregare, andò nel bagno e si liberò dei vestiti che grondavano acqua.
La sorella, ultima di quattro figli, bussò alla porta. Portava in mano un paio di pantaloni puliti e una maglietta a maniche corte di colore rosso.
«Salvatore! Come va?» domandò la sorella.
«Abbastanza bene! Oggi mastro Filippo ha promosso Marco al ruolo di muratore.»«Marco è il figlio di Antonio Fera?»«Proprio lui! Adesso fa un anno che lavoriamo assieme. Devo ammettere che si è sempre comportato educatamente.»
«Non poteva mancare. È gente educata, intelligente e rispettosa.»
«La buonanima di papà si trovava d’accordo con il papà di Marco.»
Salvatore uscì dal bagno con i vestiti di ricambio che gli servivano per andare a lavorare il giorno dopo. I suoi occhi andarono come sempre al muro, dove c’era la foto del padre; l’immagine del genitore portò il suo pensiero a quando si recavano in campagna.
Tutti gli attimi della sua fanciullezza erano ben fissi nella sua memoria, come il marchio a fuoco sulle giovenche.
I ricordi, puntualmente, si fermavano alle dieci del mattino dell’ultimo venerdì del mese di ottobre, quando il suo primo cugino Salvatore andò anzitempo a prenderlo a scuola. Il cugino aveva gli occhi lucidi; Salvatore ebbe da subito la sensazione che fosse successo l’imponderabile, gli venne naturale chiedere: «Che cosa è successo? Dimmi… Per carità!.»
«Niente! Niente! Devi rientrare a casa con urgenza».«Che cosa è successo?»«Te lo dirà tua madre!»
Quelle parole furono come una bastonata in mezzo alla fronte. Salvatore prese a correre con la forza della disperazione. Non occorreva che il cugino dicesse altro. Nelle parole «te lo dirà tua madre» era iscritta una verità terribile: pervenne subito che fosse successo qualcosa di grave al padre.
Quando arrivò nei pressi di casa, vide il suo terzo fratello piangere a dirotto. Nel vedere il fratello in quello stato, anziché calmarsi, incominciò a disperarsi. Il pianto gli bloccò la gola e cadde per terra svenuto.
Quando Salvatore riprese i sensi, si ritrovò coricato sul letto con il cugino e il fratello piegati su di lui che piangevano.
Salvatore era stordito, come se vivesse al di fuori della realtà. Si ripeteva: “Adesso mi sveglio e tutto finisce com’è iniziato.”
Con il passare dei minuti e vedendo che non riusciva a liberarsi da quell’incubo, si fece coraggio e domandò ai presenti: «Che cosa è successo?»

Continua…

Redazione

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