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Costume e SocietàLetteratura

Norme di abbigliamento e comportamento nella Locri antica

Edil Merici

Di Giuseppe Pellegrino

Nella norma che imponeva alle donne maritate di vestire di bianco e di uscire di casa con domestici e ancella al seguito non solo la presenza maschile era tollerata, ma anche incentivata, perché il fine era un matrimonio legittimo e una prole abbondante.
A Locri, sempre per l’origine della gente locrese, lo stesso incentivo era fatto in modo più indiretto e anzi quasi timido. Si incentivava l’eleganza delle donne che, nelle vesti colorate, poteva trovare una sorta di incoraggiamento sessuale. Una donna elegante era più appetibile di una donna che vestisse in modo sciatto; una donna vestita da abiti colorati era anche la esterenazione di una donna nubile e desiderosa di contrarre matrimonio. Anche di una donna disponibile ad avventure amorose. Non era questo uno scandalo neppure a Locri, ma l’uomo era avvisato: la donna disponibile poteva dare una prole non certa e legittima. La verità è che le poche norme che ci sono rimaste sono da leggere in un contesto storico e sociale unico, perché le cause che le hanno determinato, sia quando la norma è rigida nella sua applicazione, sia quando permissiva, sono sempre le stesse.
Le adolescenti si avvolgevano intorno al corpo come un secondo chitone, una sopraveste sottilissima. Veste e sopraveste formavano un insieme molto piacevole a vedersi, che lasciava libere le braccia e le spalle, mentre la cintura annodata alta faceva risaltare le forme femminili. Il chitone delle adolescenti, più che coprire, scopriva, e l’imperatore Tiberio stabilì che le donne sposate che lo portavano in pubblico dovessero venire punite.
Anche la cura del corpo era ammessa e anzi cosa pregevole. Molti gli strigili trovati a Locri, per ottenere un corpo sodo come gli attleti. Lo strigile era doloroso quando veniva passato sul corpo, ma di fatto, anche utilizzato con unguenti, depilava il corpo e lo rendeva lucido e sodo.
La pena non diversa da quella prevista dalla norma nº 1.

3) Vietarsi alle donne di indossar vesti dorate e seriche e abbellirsi con ricercatezza se non per trovare marito.
Non c’è chi non veda la continuità con la norma precedente. Invero, all’origine doveva essere la stessa disposizione di legge. Le norme di Zaleuco erano brevi e chiare. Ne consegue che il tutto debba considerarsi una semplice contaminazione di chi ha riportato le leggi, conoscendo solo il contenuto ma non la lettera. E tuttavia, la disposizione di legge permette di aggiungere qualche osservazione in più nella norma antisuntuaria.
L’origine servile dei locresi, con l’unione di donne libere e schiavi aveva intaccato la sacralità del matrimonio. Il fatto aveva determinato un triplice impatto negativo: politico, religioso e umano; quello di ripristinare la dignità degli uomini, da cui è disceso il divieto per un locrese di possedere schiavi o schiave divenne una priorità ineludibile, se si voleva avere voce nell’ambito della Grecia. Dunque, la necessità di recuperare presso i locresi il rispetto verso la donna e la prole legittima. La normativa severa anche sul vestiario era conseguenza di una rivalutazione del ruolo femminile nella società; non diversamente da quanto è avvenuto e avviene anche oggi, scoprendo una moralità troppo rigida, ma che al tempo aveva una sua ragion d’essere. Le donne dovevano vestire in modo dignitoso e severo e, anche se non vi sono norme, la stessa cosa valeva per gli uomini. I costumi severi dei locresi erano noti a tutti, tanto che vi era anche il divieto di bere vino puro.
Né si pensi a una morale bacchettona. La norma antisuntiaria che disponeva che le donne si vestissero con vesti milesiani solo per trovare un amante, non era certo di quelle che limitava le modalità del vestiario solo alle prostitute. Una donna poteva vestire vesti milesiane anche quando andava alla ricerca di solo sesso.
Non vi è la sanzione che nella norma. Verosimilmente, si trattava di una poinè come già detto;ossia, un tributo in natura, non esistendo al tempo la moneta a Locri; possibile, anche una pena corporale; ma si tratta di donne che avevano il diritto di dare il patronimico ai figli e non potevano esser messe alla gogna pubblica.

Redazione

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