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Costume e Società

Che fatica essere bambini ai tempi del Covid-19!

«Cosa darei per essere di nuovo bambino!»
Quante volte abbiamo detto o sentito questa frase. Ma è ancora così attuale? Davvero vorremmo essere dei bambini oggi? Dallo scorso marzo ogni cosa è cambiata, dal modo di vivere, al lavoro, alla socialità. Se lo scorso anno, mentre eravamo seduti sul divano a tirare a sorte su chi avrebbe vinto San Remo, ci avessero detto che dopo qualche giorno saremmo stati relegati in casa, privati della libertà di movimento, che avremmo detto addio ad abbracci e strette di mano, che avremmo iniziato ad avere paura dell’altro, ci saremmo sicuramente messi a ridere. Oggi, guardandoci indietro, proviamo enorme nostalgia e sappiamo bene che le nostre esistenze sono state inevitabilmente segnate. C’è uno spartiacque: un prima e un dopo Covid-19. Se sugli adulti gli effetti negativi dell’isolamento sono stati molteplici, la domanda che viene da porci è se almeno i più piccoli siano rimasti estranei a tale scenario. Purtroppo la risposta è quella che tutti ci aspettavamo: per i bambini non si è trattato di una lunga vacanza da scuola, al calduccio di casa. L’istantanea scattata dall’indagine sull’impatto psicologico del lockdown sui minori, condotto dall’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Gaslini di Genova, infatti, ci presenta uno scenario complesso e su cui riflettere. Lo studio, condotto su quasi 7mila soggetti, ha rilevato come, a quindici giorni dall’inizio del lockdown, i disturbi più frequenti registrati nei bambini sotto i 6 anni sono stati l’aumento dell’irritabilità, i disturbi del sonno (comepaura del buio, risvegli notturni, difficoltà di addormentamento) e i disturbi d’ansia(inquietudine, ansia da separazione). Nei bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anniè invece prevalsa una sensazione di mancanza d’aria e una significativa alterazione del ritmo del sonno, con tendenza ad andare a letto molto più tardi e non riuscire a svegliarsi al mattino, oltre che un’aumentata instabilità emotiva con irritabilità e cambiamenti del tono dell’umore. Bambini chiusi dall’oggi al domani in casa, allontanati dai compagni, dai nonni, dalla scuola, dai giochi all’aperto e con la paura di un nemico invisibile. Bambini senza infanzia, insomma. E, come era facilmente prevedibile, le conseguenze, anche sul piano scolastico, non sono mancate. L’acronimo DAD, per lo più ignorato qualche mese fa, è diventato ora amaramente conosciuto. La didattica a distanza, inizialmente misura d’emergenza per fronteggiare una situazione imprevedibile ed epocale, è divenuta, con differenze da comune a comune, una realtà ormai stabile. Realtà che però bimbi e adolescenti sembra abbiano bocciato in toto.Uno studio condotto dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri nell’ambito del progetto Ragazzi in quarantena, infatti, ha rilevato come l’80% dei ragazzi intervistati abbia riportato serie difficoltà a mantenere l’attenzione durante le lezioni online e i ²/₃ ritenga la DAD più faticosa della scuola in presenza.
Di questi dati e di tale scenario abbiamo voluto discutere anche con Simona Caserio, pedagogista specializzata in ambito clinico, che ha risposto alle nostre domande nell’intervista che potete trovare cliccando qui.

Foto: ilsole24ore.com

Anna Laura Tringali

Nata a Milano, ma solo per caso, nel 1989. Bovalinese doc con la passione per la lettura e le scarpe. Si laurea in Scienze della Comunicazione, curriculum editoria e giornalismo, nel 2012, e in metodi e linguaggi del giornalismo nel 2016. Non molto più tardi scopre che ama sì leggere e scrivere, ma che ama far leggere e scrivere gli altri e ne consegue una terza laurea che la fa diventare educatrice socio pedagogica. Dal 2020 è Garante delle persone con disabilità del Comune di Brancaleone. È inquadrata e metodica, stampa tutto in triplice copia. Ama le virgole e i punti e virgola, detesta i punti e la loro dannata pretesa di essere definitivi.

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