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La civiltà organizzata è l’arma che sconfiggerà la criminalità organizzata

Ieri mattina il nostro giornale ha avuto la fortuna di essere ospite di una nuova diretta de La Piazza, programma che l’assessore di Bovalino Filippo Musitano trasmette sui social network a domeniche alterne per confrontarsi assieme all’ex Carabiniere Cosimo Sframeli sulla storia del suo paese e del nostro comprensorio. I temi trattati durante la trasmissione (che potete rivedere sulla home del nostro sito, sulla nostra pagina Facebook e sul nostro canale YouTube) sono stati diversi, compresa la nostra neonata avventura editoriale, ma a riassumere efficacemente l’intera puntata ci ha pensato proprio l’intervento conclusivo in cui Filippo e Cosimo hanno ragionato sulle opportunità che il territorio offre ai nostri ragazzi.
«I giovani calabresi hanno tre possibilità – ha affermato Sframeli. – La prima è scappare e assicurarsi una vita migliore altrove; la seconda è restare e assoggettarsi al sistema mafioso che governa la regione, inteso non solo come ‘ndrangheta, ma come l’intero sistema a volte espresso anche da certe istituzioni (vedi la sanità); la terza è restare e contrastare con coraggio ogni fenomeno di tipo mafioso. Quest’ultima è certamente la via più faticosa, dolorosa e sacrificante, ma può dare le soddisfazioni migliori» oltre che, aggiungiamo noi, lasciare l’eredità più importante al territorio.
Si tratta di un discorso che deve ovviamente abbracciare delle generazioni, ha chiosato a quel punto Filippo, che ha dunque ricordato in chiusura come la nostra bella chiacchierata fosse finalizzata (come l’intero programma, del resto) a dare degli spunti di riflessione che ci aiutassero a ricostruire il senso identitario della nostra comunità.
«Le persone giuste di questo comprensorio sono certamente in numero maggiore rispetto alla minoranza criminale – ha dunque aggiunto Musitano, – ma dobbiamo ricordare che se non c’è organizzazione, coesione sociale e solidarietà tra pari la criminalità avrà sempre la meglio perché, anche se in minoranza, resta sempre, come dice il nome, organizzata.»
Questa affermazione conclusiva di Filippo mi ha fatto ragionare su ciò che potrebbe estirpare dal nostro territorio quello che Giovanni Falcone ha definito un fenomeno umano che, come tale, “ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”.
In altre parole, cosa serve (o cosa è mancato alla Calabria) per cancellare la criminalità organizzata? Probabilmente il suo opposto, ovvero l’onestà organizzata. Ma, mi sono detto, l’onestà è un elemento intangibile, che serve a misurare il valore morale di una persona ma non trova nel mondo reale un’esemplificazione immediatamente identificabile che, soprattutto, sia in grado di contrastare efficacemente un fenomeno che ha, ahinoi, una concretezza granitica. Potremmo affermare allora che debba essere la società organizzata a farsi portatrice di questa volontà di miglioramento ma, anche in questo caso, la stessa società, intesa come l’insieme organizzato di individui, contiene al suo interno le più svariate sfaccettature della realtà comunitaria contemporanea, ivi compresi quegli agenti del caos (o rifiuti della società) che stiamo cercando di mettere ai margini della stessa.
Ciò che può contrastare la criminalità mi pare allora essere la civiltà. Con questo termine la lingua italiana identifica infatti la buona educazione e la cortesia che accostano questo concetto a quello di onestà, ma anche il complesso degli aspetti culturali spontanei e organizzati di una data comunità. Ma civiltà indica anche qualcosa che ha un’applicazione praticissima e che può dare a questo secondo tipo di fenomeno umano la concretezza utile a contrastare quello più odioso a cui faceva riferimento Falcone: quella condizione di equilibrio politico ed economico fondato sulle istituzioni e sul progresso tecnico, ovvero quell’insieme di fattori che ci permette di fare riferimento alla civiltà micenea, greca, romana, orientale, contemporanea, calabrese e via discorrendo avendo la certezza che i nostri interlocutori capiscano al volo di cosa stiamo parlando.
Ecco, allora, che per contrastare la criminalità organizzata ci serve una civiltà organizzata, un elemento che in passato è mancato e che, purtroppo, manca anche oggi. Ma proprio oggi che la pressione criminale sul nostro territorio si è modificata (e, forse, allentata) è necessario che questo fenomeno umano di cui invochiamo l’inizio dia al suo opposto quella spintarella utile a farlo finire una volta per tutte.

Foto: latinacittaaperta.info

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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