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Costume e Società

Friedrich Nietzsche e i “biglietti della follia”

Di Rosario Scarfò

Nato nel 1844, a Röcken, vicino Lipsia, morto nel 1900 a Weimar, il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche trascorse gli ultimi dieci anni di vita in condizioni fisiche precarie e in preda a una disabilitante malattia mentale.
Il suo pensiero e i suoi scritti ebbero e hanno ancora oggi, forse come pochi, tante e controverse interpretazioni; appare allora naturale ritrovarlo quale precursore del nazismo e del pensiero antiegualitario hitleriano, quale progenitore dell’esistenzialismo moderno, del pensiero anarchico e individualista, del pessimismo della scuola di Arthur Schopenhauer o esponente della sinistra radicale.
Sicuramente vi fu, nel tedesco, tra l’altro ben presto divenuto apolide, un importante humus culturale di stampo aristocratico ed elitario, ma da qui a giungere all’individuazione del suo pensiero come base della ferocia evolutasi sino ai Lager o ai Gulag si corre il rischio di un vero fraintendimento.
A tal proposito, soltanto dopo lunghi anni di fitti misteri si giunse ad accertare la grande manipolazione dei suoi scritti posta in essere da parte della sorella sopravvissutagli, con la di lei reinterpretazione faziosa e infedele di numerosi suoi manoscritti, addirittura modificati in direzione filonazista.
A fronte di tali dati e rilievi ci piace cercare di comprendere il suo percorso umano e letterario e la sua formazione e questo oggi ci permettiamo di segnalare, cercando di scavare a sufficienza nei limiti del nostro contesto.
Nietzsche nacque come filologo. La sua iniziale attività lo aveva indotto a biasimare il pensiero della filosofia antica e, nell’esaltazione del periodo presofistico, a ritenere Socrate e Platone tra i principali corruttori della cultura greca. Essi avevano infatti creato principi volti all’affermazione dell’idea della “sostituzione della vita con il pensiero della vita e con l’approdo alla non vita”, considerazione che lo aveva fatto giungere alla ferma e tragica convinzione della artificiosità del pensiero metafisico, apparentemente risolto nella fatidica frase “Dio è morto”. Insomma, egli elaborò un unanime giudizio di condanna di quello che oggi avremmo chiamato il pensiero unico anche se, nella sue varie fasi, la caratteristica costante del suo pensiero fu proprio il metodo e la sua capacità di interpretare le angosce della sua epoca.
Pur apparendo per tanti un boccone incredibilmente appetitoso, ben potendosi trarre dai suoi pensieri conclusioni circa tanti aspetti morali, economici, politici e sociali del nostro tempo, in realtà Nietzsche rimane un genio incatalogabile. La sua opera di demolizione delle categorie di bello e brutto, giusto e sbagliato, buono e cattivo e di quella che egli amava definire la Circe dei filosofi, cioè la morale, ha stralciato decenni di abitudini mentali e conformismi intellettuali, restituendo all’uomo la sua integrità e forse contribuendo a qualche riflessione critica sull’ortodossia cattolica.
Naturalmente l’autore, per una esatta comprensione, deve essere rapportato al proprio tempo e alle correnti culturali dell’epoca, oltre che a quella mentalità, ma non può e non deve sfuggire come e quanto quest’uomo abbia penato nella ricerca spasmodica di un surrogato religioso, giungendo a perdersi nella follia nel tentativo di dare sistematicità e coerenza a un vasto pensiero e progetto culturale finalizzato alla creazione di una nuova umanità.
Nietzsche materialista e mangiapreti? Non possiamo dimenticare che scriveva: “Spirito è la vita che incide essa stessa nella vita” proponendoci così raggiungere un piano di superiorità spirituale rappresentata nell’antichità dal simbolo apollineo. Inoltre, di quale Dio annuncia la morte? “Solo il Dio della morale è stato superato”. E, ancora: “Dio si spoglia della sua epidermide morale e lo si vedrà riapparire al di là dal bene e dal male”. A scomparire non è dunque il Dio metafisico, ma la proiezione di valori morali e sociali che serve da appoggio per la debolezza umana. Ciò che crolla, allora, è l’idea della fede emotiva, sentimentale, delle sanzioni, del finalismo morale e razionale, ma non la visione metafisica dell’esistenza, il senso del sacro e la sacralizzazione della vita intesa in tale dimensione. Non Dioniso contro Apollo, ma dionisiaco come momento di comprensorio del caos e risveglio della trascendenza in sé, in qualità di superamento dell’apollineo!
Friedrich Nietzsche, in conclusione, fu un anticipatore della crisi identitaria dell’Occidente e, con le sue teorie, costruttore di un mondo nuovo, di un uomo nuovo, che passava dal nichilismo passivo al nichilismo attivo. “La grandezza dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo, nell’uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto, il preparatore dell’Oltreuomo”.
Alla fine dell’800, Nietzsche individuò per primo l’eccesso di egualitarismo tra i mali del secolo mentre Karl Marx gli faceva eco vedendo il problema nell’eccesso di antiegualitarismo. Una prova ulteriore che Nietzsche sia stato un precursore dei tempi e non solo il filosofo dei biglietti della follia!
E proprio riflettendo sulla sua attualità, letta anche da questo nostro lembo di terra calabra, non ci farebbe male, ove fossimo capaci, ricercare dunque non l’Oltreuomo, ma almeno l’uomo qui inteso come cittadino ritrovato in un nuovo contesto comunitario.
Non saremo nel liceo romano dove, con Antonello Venditti, “Nietzsche e Marx si davano la mano”, ma certo siamo sulla rotta della 106 per stabilire “verso dove andare”.

Foto: i1.wp.com

Redazione

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