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Antonella Mazzaferro: «Ancora oggi non spiego che fine abbia fatto Renato»

«Non riesco a trovare pace. Ricordare questa storia mi fa soffrire, ma se serve a tenere alta l’attenzione allora ben venga. Il mio cuore piange ininterrottamente da quel giorno.»Inizia proprio così la telefonata tra me e Antonella Mazzaferro, con l’onestà spiazzante di chi non ha mai dimenticato. Renato Vettrice è scomparso il 13 agosto 2005, dopo una normale giornata di lavoro presso un’azienda florovivaistica di Sant’Ilario. Il suo corpo non è stato mai trovato e, ancora oggi, la moglie chiede giustizia, convinta che si sarebbe potuto fare di più. La scomparsa è diventata un caso nazionale su cui ha indagato anche la famosa trasmissione Chi l’ha visto? ma, nel tempo, l’attenzione mediatica è scemata e le indagini si sono arenate.
Innanzitutto, le andrebbe di raccontarmi di quel giorno? Cosa è successo esattamente? Qual è stata la dinamica?
Quella giornata è ancora impressa nella mia mente. Mio marito era andato al lavoro a sostituire un collega, io gli avevo telefonato a mezzogiorno per chiedergli a che ora sarebbe tornato. Mi ha risposto dicendomi che sarebbe rientrato da lì al poco, così ho messo a bollire l’acqua per la pasta. Essendo in attesa del terzo figlio, ho iniziato ad avere un po’ di fame e ho pranzato con i bambini. Il tempo passava e lui non tornava, non arrivava mai. Mi sono appisolata sul divano, lasciando il suo piatto sul tavolo. Quando mi sono svegliata e ancora non c’era, ho iniziato a fare un giro di telefonate per capire dove fosse. Mio fratello è andato alla serra e non c’era nessuno. Inizialmente pensavo fosse a casa dei suoceri, dove di solito ci riunivamo. Verso le cinque hanno iniziato ad allarmarsi anche gli altri. Non si trovava nemmeno l’automobile. Io ho iniziato a insistere affinché lo cercassero. Alla sera tutti si sono attivati per cercarlo. Da quel momento la situazione è degenerata e lui non ha fatto più ritorno.Suo marito aveva mai dato segnali che potessero allarmarla? Nell’ultimo periodo le era sembrato più ansioso o preoccupato?
Io non mi sono accorta di niente del genere. Eravamo in attesa del terzo figlio, volevamo fare una nuova cameretta e lui era impegnato personalmente nei preparativi. Eravamo molto felici, Renato sperava che fosse femmina. Non riesco a capire cosa gli sia successo, con chi abbia avuto a che fare. Ancora oggi non riesco a spiegarmelo.Successivamente cosa è accaduto? Le indagini si sono svolte regolarmente?
Quando le Forze dell’Ordine sono arrivate alla serra, hanno trovato cocci di vetro a terra, mozziconi di sigaretta e gocce di sangue. Di lui non c’era traccia. L’auto è stata ritrovata qualche giorno dopo vicino all’Istituto Alberghiero. Soltanto dopo mesi abbiamo appreso, attraverso una telefonata al programma Chi l’ha visto?, che proprio lì erano presenti le telecamere a circuito chiuso. Sarebbero state utili per capire se Renato si era recato davvero fino a lì o la macchina era stata spostata in un secondo momento, ma questo particolare tipo di dispositivo elimina le proprie immagini in memoria ogni trenta giorni. Ormai era troppo tardi. Io credo che avrebbero dovuto attivarsi prima. Hanno lasciato correre.Le istituzioni le hanno fornito supporto?
No, zero assoluto. Mi hanno promesso un posto di lavoro per mantenere i miei tre figli. Hanno giurato che mi sarebbero state accanto, ma sono stata abbandonata dallo Stato.Invece che mi dice delle associazioni che sostengono i parenti delle vittime della Mafia? Le è stato d’aiuto avvicinarsi a questa realtà?
Inizialmente è venuto Don Ciotti, mi ha fatto tante promesse. Anche diverse associazioni si sono avvicinate e hanno cercato di aiutarmi ma, alla fine, purtroppo, non è stato possibile fare molto, perché mio marito risulta scomparso. L’attenzione nel tempo è scemata perché l’indagine non è stata conclusa e non hanno potuto fare più niente.

Foto: strill.it

Anastasia Cicciarello

Nata a Locri nel 1990, membro effettivo della Millennials Generation, ha iniziato a scrivere prima sui muri con i pastelli, poi a scuola, dove ha incanalato la sua passione e non si è più fermata. Le piace viaggiare ma adora allo stesso modo la strada del ritorno, la bellezza dolorosa e fragile della sua terra. Abita ad Ardore, la cui posizione invidiabile le fa iniziare ogni giornata con l’ottimismo di chi si ritrova la salsedine tra i capelli tutto l’anno. Il bisogno di dire la sua l’ha condotta alla finale del concorso AttiveMenti con il racconto “La necessità del superfluo”, a scrivere “Il dolore non mi fa più paura” per la casa editrice Guthenberg e a collaborare con varie testate come hermesmagazine.it

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