Nino Agostino: un principio di verità dopo 32 anni
La sera del 5 agosto 1989 Nino Agostino, di rientro con la con la moglie da una festa, viene raggiunto da una sventagliata di mitra partita da una motocicletta con a bordo due persone. La moglie Ida Castelluccio, incinta di poche settimane e salvata dal marito che le aveva fatto scudo con il proprio corpo, segna la sua condanna a morte quando urla “Io vi conosco” all’indirizzo degli autori dell’agguato, che le sparano un colpo al petto. I fatti, avvenuti a Palermo, hanno poco a che fare con il nostro territorio, ma una notizia giunta ieri sera ha invece molto a che fare con lo Speciale Liberi dalle mafie con cui la nostra redazione ha voluto celebrare la giornata di oggi.
Proprio ieri, infatti, a quasi 32 anni dal delitto, è stata letta la sentenza che condanna all’ergastolo il boss Nino Madonia per quei fatti.
«Oggi è un giorno di grande gioia, mi dispiace solo che non ci sia mia moglie con me» ha affermato il padre di Nino, Vincenzo, facendo fatica a parlare. Agostino, da quel 5 agosto del 1989, non ha mai tagliato la sua barba, diventata un simbolo di resistenza e di richiesta di giustizia. Sua moglie, Augusta Schiera, è morta il 28 febbraio del 2019 senza conoscere la verità, senza giustizia.
«Mi auguro che anche i mandanti possano essere condannati – ha detto poi Vincenzo Agostino, appena uscito dall’aula bunker dell’Ucciardone, all’Adnkronos, – mi auguro che gli esecutori parlino e dicano la verità, così si toglierebbero un peso». Per lui «questa sentenza è solo un inizio di verità, perché le stragi di Palermo sono partite dall’omicidio di mio figlio.»
Agostino ha anche ricordato quando il giudice Giovanni Falcone «venne alla camera ardente a dire: “Io devo la mia vita a questi ragazzi”». Vincenzo Agostino ha sempre sostenuto che avrebbe tagliato la sua lunga barba solo quando giustizia sarebbe stata fatta e oggi sa che questa sentenza è solo una parte della verità, per questo continua a chiedere che «qualcuno che conosce tutta la verità parli… Perché ci sono tre persone ancora in vita che possono parlare – dice ancora all’Adnkronos, – hanno un potere in Italia, comandano, mi auguro che emergano. Non posso fare nomi, ma sono tre che ricoprono un ruolo istituzionale importantissimo. Loro possono sapere quello che ha lasciato scritto mio figlio perché hanno letto la lettera che era nell’armadio.» Il riferimento è a una serie di appunti “fatti sparire” subito dopo il duplice omicidio.