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Attualità

Raffaella Scordo, una vita sequestrata in nome della barbarie

“È stata rapita una vita, non è soltanto il dramma di una famiglia causato dalla barbarie di alcuni individui, ma si pone come emblematico segno della nostra realtà quotidiana”. Era questa la considerazione di un servizio apparso sull’Osservatore Romano, il quotidiano cattolico del Vaticano, a commento della tragica morte di Raffaella Scordo, professoressa deceduta dopo 18 giorni trascorsi in ospedale dopo essere rimasta vittima di un’aggressione avvenuta ad Ardore il 13 luglio 1990.
L’insegnate stava rientrando a casa insieme al marito e ai due loro figli. L’abitazione posta in quello che oggi è, in pratica, il centro di Ardore Marina. Il commando non si è fermato davanti a una donna che si era opposta d un possibile tentativo di sequestro e ha pagato con la vita.
Originaria di Bianco, la professoressa Scordo risiedeva da anni ad Ardore Marina, insegnava alle scuole medie. La tragica fine ha destato profonda commozione e l’Amministrazione Comunale di Ardore dell’epoca ha dichiarato il lutto cittadino.
Qualche anno dopo Ardore ha voluto ricordare Raffaella intitolando a suo nome la Biblioteca Comunale, che si trova a poche centinaia di metri in linea d’aria da dove è avvenuto l’agguato mortale.
I primi anni ‘90 hanno segnato il declino della strategia mafiosa dei sequestri di persona. Lo Stato aveva programmato una serie di interventi profondi, creando uno specifico Nucleo Anti sequestri e, al contempo, aveva approvato la legge sul blocco dei beni. Nonostante ciò il caso dell’insegnante 39enne non ha ottenuto una conclusione giudiziaria, nessuno ha pagato davanti alla Giustizia per quell’efferato delitto. Non ci sono stati colpevoli.

Redazione

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