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Costume e SocietàLetteratura

La prospettiva di una vacanza in Calabria

Di Francesco Cesare Strangio

«Dove desiderate che depositi la vostra parte?», aveva chiesto Rossi dopo aver capito come Friedrich intendeva fare la cresta sugli ordini dei profumi.
Friedrich diede delle indicazioni che scartavano alcuni Paesi poiché pericolosi per la loro ideologia politica. Oltre agli Stati della Cortina di Ferro, scartò anche l’Italia, giacché piena di spie russe.
Dopo che Friedrich finì di parlare, Rossi gli suggerì Cipro; in quello Stato era stato bene addentrato dai Cavalieri di Malta.
Le condizioni erano favorevoli a tal punto che gli permettevano la massima facilità nei movimenti. Un altro punto cardine, a loro favore, era la discrezionalità e la massima segretezza.
Friedrich rimase per qualche minuto in riflessivo silenzio. Sapeva bene, nella sua posizione, che Cipro era il forziere della nomenclatura sovietica.
Come per incanto, Friedrich ruppe il suo cupo silenzio e disse a Rossi: «Mi faccia capire come intende muoversi, non vorrei che facessimo la fine delle persone che nel coprire le spalle, tirando le coperte mettano a nudo i piedi. Cipro è il forziere della stragrande maggioranza degli uomini potenti che stanno ai vertici dell’impero sovietico. Il mio lavoro mi rende diffidente, sbagliare una mossa equivale a fare saltare tutto.»
Le preoccupazioni del generale erano più che fondate, non bisognava lasciare nulla al caso. La posizione verticista gli permetteva di esercitare un grande potere ma, allo stesso tempo, lo rendeva fragile come il vetro. Tutto ciò lo portava a vedere spie e ombre in ogni angolo.
Rossi chiese a Friedrich: «Rientra nel vostro diritto fare le vacanze fuori della DDR
Friedrich rispose: «Certamente sì! Ho facoltà di uscire quando voglio, per un mese all’anno, e mi conviene prendere la vacanza nel mese di agosto.»
Era il tredici di luglio, quindi poteva andar benissimo per il mese successivo.
Dopo aver preso i vari accordi, Rossi propose al generale, se sarebbe stato necessario, di trascorrere le vacanze nei pressi di Reggio Calabria.
La proposta piacque molto alla moglie del generale, quel soggiorno le avrebbe dato la possibilità di visitare le aree maggiormente interessate dall’espansione dell’antica Grecia.
Era arrivata l’ora di passare ai fatti, perciò non restava altro a Klöden che dare disposizioni di effettuare un cospicuo ordine dei profumi prodotti dell’azienda Naxos.
Esaurito l’argomento, si avviarono verso la villa.
Una volta dentro, la signora, contraddistinta dalla sua cortesia, li invitò a bere un altro po’ di quel moscato che Rossi tanto aveva dimostrato di apprezzare.
Mandato giù il passito, i commensali presero commiato e si avviarono verso la macchina.
La strada di ritorno a Rossi parve più breve. Capita un po’ a tutti di avere l’impressione che il ritorno sia più corto. Erano le quattro del pomeriggio quando arrivarono davanti alla porta dell’albergo.
Durante il ritorno, contrariamente all’andata, non furono fermati per niente. Era come se conoscessero la macchina, più probabilmente arrivò l’ordine dall’alto della Stasi.
Come per l’andata, le strade erano sbarrate dai cavalli di Frisia; i lavori continuavano a ritmo forzato.
Dalla parte Occidentale la gente si era riunita lungo gli sbarramenti di frontiera e guardavano increduli i lavori che stavano eseguendo i militari di Berlino Est.
Rossi fece per fermarsi a guardare l’attività dei militari; Barbara prontamente gli disse: «Andiamo via, è sconveniente stare a guardare quello che fanno.»
Poi Klöden disse, rivolgendosi a Rossi: «Ritengo opportuno che lei non rimanga ancora un istante in quell’albergo, visto l’assordante rumore prodotto dai martelli pneumatici.»
Effettivamente Rossi non aveva voglia di passare un’altra notte come quella del giorno prima. In un certo qual modo, sapere di avere dalla sua parte l’alto comando della Stasi lo tranquillizzava.
In ogni caso, onde evitare di non riposare, ritennero opportuno spostarlo in un albergo al centro della città.
Rossi aveva scelto quell’albergo in quanto era vicino alla frontiera, gli dava una certa tranquillità.
Pensava che essere vicini alla linea di demarcazione delle due Germanie gli avrebbe facilitato, all’occorrenza, un’eventuale fuga verso Berlino Ovest.
Arrivati all’albergo, Barbara e Klöden si sedettero in attesa che Rossi preparasse la valigia.
Saldato il conto, partirono con la Trabant bianca in direzione della piazza principale di Berlino Est: Alexanderplatz. Impiegarono venti minuti per arrivare nella storica piazza, dall’estetica prettamente stalinista.
Prima della guerra la Alex, come la chiamano i berlinesi, era il cuore dell’attività della città, agli occhi di Rossi si presentò come una grande e desolata piazza circondata da alti palazzi che inducevano l’animo al più bieco sconforto.
L’albergo era un fabbricato anch’esso in stile staliniano, con l’unico vantaggio, rispetto al precedente, di essere lontano da quel frastuono assordante dei martelli pneumatici. L’albergo non era il solito grande palazzo con centinaia di camere, ma aveva soltanto cinquanta stanze areate e ben disposte. Oggi si potrebbe definire a tre stelle; d’altro lato si era in un’area geografica dominata dalla filosofia comunista, che per sua natura ripudiava i lussi eccessivi.

Foto: berlinomagazine.com

Redazione

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