ADVST
ArteCostume e Società

Ardore: la storia del Santuario della Madonna della Grotta

È di questi giorni la notizia dell’arrivo di 600mila euro di fondi che la Regione Calabria ha stanziato per il ripristino e la messa in sicurezza del Santuario della Madonna della Grotta di Ardore.
Di seguito la storia del santuario mariano sito a Bombile, uno dei luoghi religiosi e spirituali tra i più conosciuti e frequentati dai pellegrini, attraverso una sintesi degli appunti storico culturali del dottore Giuseppe Grenci, già Sindaco di Ardore.

Nel 2004, mentre volgeva al termine il mese dei pellegrinaggi mariani, due successive enormi frane, a distanza di pochi giorni (venerdì 28 maggio, alle ore 12:15, la prima e l’altra alle ore 21 dell’11 giugno), hanno drammaticamente trasformato il profilo del costone di roccia arenaria dove era ubicato il Santuario della Madonna della Grotta in Bombile di Ardore e ne hanno completamente distrutto la chiesa rupestre e le grotte-romitorio, scavate nell’alta parete tufacea della profonda valle fluviale, sita a sud del villaggio; sotto migliaia di tonnellate di detriti rimanevano sepolti, tra altri pregevoli manufatti, l’altare marmoreo del 1749 e la statua, anch’essa in marmo, della Beata Vergine della Grotta, magnifica opera dello scultore Antonio Gagini, datata 1508, oggetto di culto e devozione di tutte le genti di Calabria, di parte della Sicilia e di tanti emigrati ardoresi sparsi nel mondo.
Il Santuario era stato costruito nel XVI secolo e era meta di tradizione e di fede per miglia di persone e famiglie, talora interi paesi e villaggi, che lo visitavano specialmente dagli inizi del mese di maggio (la festa si celebra il giorno 3)e durante tutta l’estate.
Anche il 28 maggio 2004, meno di un’ora prima della frana, nel santuario, il rettore don Alfredo Valente, aveva celebrato la messa per un folto gruppo di studenti provenienti da Malta, gemellati con un Istituto di Locri. Al momento del crollo, per miracolo o per fortuna, tutti erano ormai lontani, in salvo, a differenza di quanto avvenne poco meno di quattro secoli fa, nel 1629, quando un altro crollo di proporzioni consistenti seppellì nelle celle i frati che vi abitavano.
A causa del crollo è stato cancellato il santuario mariano più accorsato – dopo quello di Polsi – della diocesi di Locri-Gerace, uno dei pochi dei quali è conosciuta con precisione la data di fondazione: un antico inventario geracese documenta, infatti, che nell’anno 1506 “in pedi la ditta timpa [di Bombile] frati Jacopo have comenzato a fare la grotta dove vole stanziare esso et appresso voli fare la Ecclesia Santa Maria de la Grutta”.
Frati Jacopo era un agostiniano-zumpaniano, apparteneva cioè alla congregazione istituita nel 1503 dal beato Francesco Malizia da Zumpano (1455-1519), come ramo collaterale alla casa madre che, nel giro di pochi anni, attecchì in varie zone della Calabria.
Nella nostra diocesi, dopo Bombile, saranno aperti i conventi di San Leonardo a Bovalino (1617-1652), Santa Maria di Crochi a Castelvetere (1530-1652; ripristinato nel 1654), Santa Maria delle Grazie a Bruzzano (1544?), Sant’Antonio Abate a Stilo (allora in diocesi di Squillace; 1563-1652), Santa Maria del Soccorso a Gioiosa Ionica (1569-1652).
A Bombile, gli Agostiniani zumpaniani, quindi, erano già presenti nel 1506 e si stanziarono in una dipendenza (gronda) dell’antico monastero italogreco San Filippo d’Argirò di Gerace; quell’anno stesso, come abbiamo visto, fra Iacopo da Tropea incominciò a scavare, verosimilmente assieme a un gruppo di confrati, le grotte per la propria residenza e per la chiesa.
Di tale convento rupestre non sappiamo quasi niente per tutto il XVI secolo. Nel ‘600, invece, risulta che avesse una condizione di tutto rispetto, malgrado nel 1629 avesse sofferto una grave sciagura: essendosi verificato il crollo di alcune grotte, avevano perso la vita i frati che ivi abitavano.
“Per tal causa di rovina – è scritto in una relazione del tempo – il convento fu ricostruito sopra la rupe, presso la chiesa antica dello Spirito Santo”. Nel 1641, si legge nella triennale relazione ad limina del vescovo geracese Lorenzo Tramallo (1626-1649), a Bombile c’era “monasterium unum ordinis Sancti Augustini, dictum S. Maria della Grotta, cum novem religiosis”.
Poi, nel breve volgere di meno di dieci anni, accadde qualcosa che ignoriamo, ma che dovette impoverire irreparabilmente il convento, tanto che, trovato con soli tre frati (Domenico Ammira di Spadola, priore; Giuseppe Monteleone di Terranova; Antonio Caminiti di Dasà), tre laici e un servo “che vivevano malamente”, come ci informa una relazione del priore, stesa l’8 marzo 1650, fu condannato alla soppressione in conseguenza della ben nota inchiesta sui piccoli conventi ordinata da Innocenzo X.
Diversa e molto edificante fu, invece, la storia e la sorte della chiesa costruita da fra Iacopo. Ivi, nel 1509 (così si evince dal suo scannello) fu collocata una bellissima statua marmorea della Madonna, di scuola gaginesca. Ma, più che la grazia, la bellezza, l’eleganza, l’armonica proporzione delle sue parti, suscitò l’entusiasmo unanime e un forte sentimento di pietà religiosa il fatto miracoloso che il popolo credette che avesse determinato il suo arrivo nella grotta di Bombile.
La struggente cadenza del canto suggerito dalla credenza popolare (E ora tutti sentiti, sentiti,  chi si raccunta di ‘sta Matri Santa…) afferma che un ricco mercante, per essere scampato a una tempesta che colse la sua nave in mare aperto, avesse fatto voto di far scolpire una statua marmorea della Madonna. Commissionata l’opera a uno scultore siciliano, questi comprò il marmo ma, appena iniziò il lavoro, fu colto da una lunga malattia che gli impedì di continuare. Vane furono le sue giustificazioni presso il committente il quale, credendo che lo scultore volesse ingannarlo, pretese di andare a vedere almeno l’abbozzo della statua. L’arista lo condusse nella bottega e, con somma sorpresa e incredulità di entrambi, trovarono la bellissima statua perfettamente e meravigliosamente ultimata, certo non per intervento umano, poiché lo scultore era ceto di non essere andato oltre i primi colpi di scalpello.
Un altro fatto miracoloso avvenne quando la statua, mentre veniva trasportata per mare per essere posta dove il committente aveva ordinato, dovette essere sbarcata sulla spiaggia dello Ionio, alla foce della fiumara di Condoianni, dato che la nave dove era stata imbarcata si era lì arenata, senza potersi muovere prima di essere stata sgravata del peso della Vergine col Bambino.
Sulla spiaggia si accese un’aspra contesa tra gli abitanti di Ardore e Condoianni e di altri paesi vicini, ognuno dei quali reclamava per sé la statua. Non trovandosi soluzione alla disputa, si decise di affidarsi al volere divino per cui la statua fu posta su un carro a cui furono aggiogati due giovenchi selvaggi che trainarono il carro tra rupi e valli fino a fermarsi, stremati, nel luogo dove fra Iacopo stava costruendo le grotte.
In tal modo, per decreto popolare, l’umile chiesa rupestre di fra Iacopo divenne santuario mariano tra i più venerati della nostra diocesi e della Calabria meridionale, arricchendosi nel tempo (specialmente nella prima metà del XVIII secolo, nella temperie del rinnovamento mariano promosso dal vescovo Idelfonso Del Tufo, 1730-1748), oltre di un grande patrimonio di fede, di devozioni, di tradizioni, di ex-voto, di canti, anche di elementi architettonici e artistici abbastanza peculiari e interessanti, anche se di valore non certo eccezionale.
La chiesa costruita nella grotta fu da sé un interessante esempio di abilità tecnica per il sistema di aerazione che vi fu adottato; l’ampliamento dell’aula nel 1751, la facciata e il portale del 1758, ad opera di scalpellini serresi, ne impreziosirono la struttura e ne illeggiadrirono la forma, in una con le cappelle laterali e i rimaneggiamenti dell’800. Essa, oltre alla statua marmorea della Madonna, accolse un bel crocifisso ligneo di epoca variamente stimata e qualche altra preziosità artistica, quale la statuetta di creta di San Francesco di Paola, opera novecentesca (1912) di Rocco Murizzi.
Nel 1749 era stato commissionato all’arte di marmorari messinesi (Tommaso Amato e Luigi Alessio) il prezioso altare lavorato di tarsie di vari colori. Committente dell’opera fu l’allora procuratore del seminario vescovile di Gerace, il canonico Tommaso Del Balzo.
Infatti, partiti gli Agostiniani, il santuario aveva visto le sue rendite – che nel 1652 ammontavano a 112 ducati netti – applicate in un primo tempo in favore del curato di Bruzzano e del servizio della Cattedrale di Gerace, con “obligo di far la festa nella Chiesa suddetta della Madonna della Grotta il suo dì festivo a tre di Maggio con decenza proporzionata alla comune devozione all’Immagine di detta Madonna o sia (…) haver pensiero di riparare detta Chiesa e Convento, di comprar la cera, oglio et ogn’altra cosa necessaria al Culto e servizio di Dio Nostro Signore, et di detta Vergine”; poi, presumibilmente agli inizi del ‘700, fu aggregato al seminario diocesano – e tale è al presente – e affidato alle cure dei suoi rettori, i quali spesso nominavano speciali procuratori. Tra questi va ricordato don Domenico Morabito, che è considerato rifondatore del santuario per l’impulso datogli durante il suo rettorato (1860-1894).
Degli anni più vicini a noi è opportuno ricordare la costruzione in cemento della scalinata di accesso (142 gradini), dalla quale molti pellegrini sono scesi in ginocchio, realizzata durante il vescovato di monsignor Michele Alberto Arduino (1962-1972). La scala era prima scavata nella roccia e, in qualche punto, in terra battuta: la sua cementificazione è stato il prezzo piuttosto alto pagato al cosiddetto progresso, tuttavia non tale da deturpare irrimediabilmente le caratteristiche fisiche del luogo e del pellegrinaggio ai piedi della Madonna.

Foto: turiscalabria.it

Redazione

Redazione è il nome sotto il quale voi lettori avrete la possibilità di trovare quotidianamente aggiornamenti provenienti dagli Uffici Stampa delle Forze dell’Ordine, degli Enti Amministrativi locali e sovraordinati, delle associazioni operanti sul territorio e persino dei professionisti che sceglieranno le pagine del nostro quotidiano online per aiutarvi ad avere maggiore familiarità con gli aspetti più complessi della nostra realtà sociale. Un’interfaccia che vi aiuterà a rimanere costantemente aggiornati su ciò che vi circonda e vi darà gli strumenti per interpretare al meglio il nostro tempo così complesso.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Check Also
Close
Back to top button