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Paralimpiadi: una narrazione distorta dalla lente dell’abilismo

C’è sempre il rovescio di una medaglia. La faccia che non tutti notano ma c’è e vale, tanto quanto l’altra. 69 sono i trofei portati a casa dagli azzurri Paralimpiaci: 14 ori, 29 argenti e 26 bronzi. Con la cerimonia di chiusura della Paralimpiade e lo spegnimento della fiaccola, si è concluso anche questo ciclo di eventi sportivi. Con essa si è spenta, però, per l’ennesima volta, anche la possibilità di veder abbattere stereotipi e pregiudizi. Suona forse troppo strano ma, ancora oggi, neppure in una manifestazione mondiale così importante si è riusciti a far prevalere i veri valori dello sport. Quelli che accomunano gli atleti tra di loro. Quelli che rendono un atleta paralimpico tanto vittorioso quanto quello olimpico. In mezzo all’impegno, alla costanza e alla passione di un campione, è prevalso ancora una volta l’abilismo dei media. Quel modo di far conoscere una storia solo rendendola pietosa. Nonostante la disabilità è stata la chiosa supereroica con la quale sono state trattate per la maggior parte le storie degli sportivi. Quasi sempre prima la storia personale. Quasi sempre quella storia strappalacrime che tiene incollata alla la gente alla televisione. Non perché sei bravo. Non perché vali. Non perché meriti. Non perché ci hai messo l’anima nel portare a casa il tuo sogno. Non per questo. Ma prima di ogni altra cosa, perché nonostante tutto sei lì a gareggiare. E poco importa se porti a casa un premio. Non se sei un atleta paralimpico. In tal caso, sei già un supereroe per essere arrivato lì. E così si è spento anche quel piccolo spiraglio di luce nel veder svanire, una volta per tutte, la eroificazione (mi si passi il termine) delle persone con disabilità.
La possibilità di far capire che ogni atleta pratica lo sport per superare i propri limite con la tenacia e la competizione che lo caratterizza. E non per divertimento, non solo. Non perché fa bene alla salute, ma perché è quello che desidera fare. Perché di quello ci vivono. C’è sempre il rovescio di una medaglia, dicevamo in apertura. E anche questa volta è la faccia nascosta quella che è toccata agli atleti paralimpici. Quella con meno valore. Un’altra evidente discriminazione è stata infatti quella riguardante il valore delle vittorie. Un oro di un atleta paralimpico è valso 75.000 euro, l’argento 40.000 e 25.000 il bronzo. Meno della metà di quello dei suoi colleghi olimpici, che hanno ricevuto la somma di 180.000 euro per l’oro, di 90.000 per l’argento e di 60.000 per il bronzo. Il rovescio della medaglia, in questo caso, è quello che nasconde un sogno, che non si è spento e che non si spegnerà mai. Il sogno di poter esser testimoni del giorno in cui si potrà assistere a un unico, grande evento. Quello che saprà finalmente unire.

Foto: sky.it

Carmen Nicita

Nata sotto un gelido freddo di febbraio. Pungente, a volte, tanto quanto quell'aria invernale. Testarda. Solitaria. Taciturna. Ama perdersi nei dettagli, anche quelli apparentemente più insignificanti. Quelli che in silenzio, in un piccolo angolo in disparte, sperano ancora di poter esser notati da qualcuno. Ama rifugiarsi nella scrittura, poiché è l'unica in grado di osservare ogni minima cosa. La sola in grado di conoscerla fino in fondo.

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