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La diversa tipologia di sostanze stupefacenti

Breve storia della Legge sugli Stupefacenti XVII - Una volta comprese le determinazioni dell’articolo 73 del DPR 309/90, è necessario effettuare un distinguo della pena da comminare sulla base delle tipologie di sostanza stupefacente detenute dall’imputato.

Di Serena Callipari, Davide Barillà ed Enzo Nobile

La fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’articolo 73, comma 5, Decreto del Presidente della Repubblica nº 309 del 1990, così come novellata dall’art. 2 del Decreto Legge nº 146 del 2013, convertito con la legge nº 10 del 2014, essendo divenuta figura autonoma di reato, racchiude in essa una serie di elementi tra cui, oltre alla quantità e la qualità, anche quello della diversa tipologia di sostanze stupefacenti.
Ciò si afferma posto che, come si potrà meglio verificare quando tratteremo il mero concorso apparente di norme tra questa fattispecie e quelle previste dai precedenti commi, la stessa, essendo caratterizzata da una specifica categoria di fatti, tipici ma caratterizzati dalla lieve entità, si pone in rapporto di specialità unilaterale con le altre norme previste e codificate dallo stesso articolo ai commi 1,2, 3 e 4.
Al riguardo, datata giurisprudenza di legittimità ha avuto modo ritenere che il possesso di sostanze stupefacenti rientranti in tabelle diverse è di ostacolo al riconoscimento della fattispecie delittuosa di minima offensività.
Secondo i fautori di questo pensiero, infatti, la contestuale detenzione o la cessione di sostanza stupefacente di diversa tipologia è indice di particolare pericolosità in quanto tale circostanza consente di desumere che l’agente è pienamente inserito nel mondo delle attività di illecito commercio delle sostanze stupefacenti denotando la sua capacità a relazionarsi con soggetti inseriti in contesti criminali che sono in contatto con sostanze stupefacenti di diversa natura.
Per altri, invece, qualora il fatto sia di minima offensività, la mera circostanza di essere in possesso di diverse tipologie di stupefacenti non vieta di ritenere sussistente la lieve entità del fatto, la quale deve essere valutata in concreto nel suo intero complesso fattuale, che consente di individuare una minore capacità offensiva.
A quest’ultimo orientamento hanno aderito le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione che, con la sentenza nº 51.063 del 27/09/2018, hanno affermato i seguenti principi:

  • l’art. 73, c. 5, del DPR nº 309 del 1990, così come riformulato dal DL 20 marzo 2014 (convertito con modificazioni dalla legge 16 maggio 2014, nº 79), prevede un’unica figura di reato, alternativamente integrata dalla consumazione di una delle condotte tipizzate, quale che sia la classificazione tabellare dello stupefacente che ne costituisce l’oggetto;
  • la detenzione, nel medesimo contesto, di sostanze stupefacenti tabellarmente eterogenee, qualificabile nel suo complesso come fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73, c. 5, del DPR nº 309 del 1990, integra un unico reato e non una pluralità di reati in concorso tra loro

Affermando il suddetto principio, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno avuto modo di specificare che l’intervento legislativo del 2014 – con il quale è stata data una configurazione autonoma alla fattispecie delittuosa de qua – si è limitato a ridimensionare ulteriormente la comminatoria di pena introdotta solo l’anno precedente, riproponendo però gli esatti limiti edittali previsti nel 1990 per quella che allora era la fattispecie attenuante relativa alle droghe del cosiddetto leggere.
La stessa formulazione della disposizione in esame impedisce dunque di ritenere che essa preveda distinte e differenziate ipotesi di reato in ragione della classificazione tabellare della sostanza oggetto delle condotte incriminate, tanto più che la stessa elevazione della fattispecie a incriminazione autonoma e la scelta di livellare il trattamento sanzionatorio nel senso indicato, rivelano l’intenzione del legislatore di considerare comunque il fatto, se di lieve entità, in maniera unitaria, anche quando ha ad oggetto sostanze eterogenee.
Scelta che appare coerente al concreto disvalore di un fatto che viene considerato, per l’appunto, lieve alla luce di una pluralità di parametri, la cui valutazione positiva ha già evidentemente consentito di non attribuire alla presenza di sostanze di natura diversa un significato particolarmente rilevante.
E, d’altronde, non può essere condiviso quanto osservato in senso contrario dalla Corte di Cassazione con la sentenza nº 40.294/2018 secondo cui i fatti previsti dall’art. 73, c. 5, DPR 309/90 sono rappresentati da fatti che danno luogo a delitti diversi a seconda della sostanza trattata con la conseguenza che la lieve entità andrebbe ricercata e riferita in relazione a ciascuno dei fatti commessi, aventi autonomia giuridica alla stregua dei commi da 1 a 4 dell’art. 73.
Ciò è stato affermato sul presupposto che, secondo l’estensore della motivazione di detta sentenza, sarebbe “la lettera della legge a impegnare a una valutazione separata delle singole condotte connotate dal peculiare e diverso oggetto materiale.
Per cui, secondo i fautori di tale orientamento, non esistono più fatti nei quali l’identità tipologica delle sostanze perde capacità connotativa e pertanto a diversa classe di sostanze consegue diverso delitto.

Tratto da L’ingente quantità e il fatto di lieve entità della Legge sugli Stupefacenti; Key editore
Foto di copertina: salvisjuribus.it

Redazione

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