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Attualità

Inizia il Sinodo: “Mettiamoci in cammino senza paure”

Di ✠ Francesco Oliva – Vescovo di Locri-Gerace

Oggi diamo inizio al cammino che Dio ci indica, un cammino sinodale, che non è tanto un evento quanto un processo che ci coinvolge tutti. Apriamo il nostro cuore all’ascolto della sua Parola, che ci illumina e ci guida. Ascoltiamo lo Spirito che ci guiderà nel cammino della sinodalità, ci aiuterà a essere vicini gli uni gli altri e a non guardarci con sospetto e ipocrisia. Ascoltiamo i fratelli e le sorelle che camminano accanto a noi e condividono le nostre stesse attese e speranze. Il sinodo non è altro che ascolto di Dio e ascolto dell’uomo!
Il vangelo di Marco ci presenta l’episodio di Gesù in cammino verso Gerusalemme, che partecipa ai discepoli, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, quanto gli sta per accadere: entrando in familiarità con i due, Gesù si mette in ascolto delle loro domande. I due discepoli gli si erano avvicinati, per chiedergli quanto stava loro più a cuore. Era un momento delicato della vita di Gesù. Aveva dato per la terza volta l’annuncio della sua passione e morte. Il dialogo che si sviluppa scaturisce da una domanda impegnativa ma anche strana: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Strana perché proviene da due discepoli che avevano seguito Gesù fin dall’inizio, erano stati i suoi primi compagni insieme a Pietro e ad Andrea, due fratelli che avevano abbandonato tutto, famiglia e professione, per seguirlo e stare con lui. Appartenevano alla sua famiglia. E forse per queste ragioni pensavano di vantare precedenze, di avere qualche merito in più per l’avvenire:«Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Era una vera e propria pretesa più che una richiesta, che nascondeva un modo di pensare troppo terreno e estraneo a quanto Gesù stava vivendo, simile a quello di quanti anche oggi vogliono far valere le proprie amicizie, parentele o relazioni importanti.
La reazione di Gesù è immediata:«Voi non sapete quello che chiedete». Immaginiamo se Gesù, di fronte a tante nostre preghiere rispondesse così. E può accadere. Quando, ad esempio, quello che chiediamo non risponde alla volontà di Dio secondo la preghiera del Padre nostro: “Sia fatta la tua volontà”.Accade come dice san Giacomo che“chiedete e non ottenete perché chiedete male” (Giacomo 4, 3).
I due figli di Zebedeo non sanno cosa chiedono, perché non sono in sintonia con Gesù. Hanno una diversità di vedute su un tema fondamentale: la sua “gloria”. La gloria di Gesù non è la vanagloria terrena, ma quella che Egli manifesta sulla croce. La gloria terrena è data dal potere, dal comando, dalla sopraffazione, dallo spadroneggiare sugli altri, sulla natura e sul mondo intero: è il voler possedere tutto, il cercare in ogni modo e a ogni costo il massimo del successo, il dare sfogo all’egoismo, all’arroganza e alla prepotenza, la negazione della mitezza e il rifiuto dell’umiltà. Sulla croce si realizza la vera gloria di Gesù, l’amore senza condizioni. La croce, da una parte contiene tutto il male del mondo, compresi i nostri peccati, e dall’altra esprime l’immenso amore di Dio per il mondo intero. Sulla croce Gesù ci manifesta la pienezza dell’amore. Brilla una luce di verità: “Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”. Il suo stile è farsi piccolo da grande che era: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. La vera grandezza sta nel farsi piccoli, umili servi per amore. Un amore che si esprime attraverso il servizio, al contrario servirsi dell’altro proprio dell’egoista e chi mette sempre al centro il proprio IO volendo sempre avere ragione, accusando sempre gli altri. La grandezza di Dio e la vera realizzazione dell’uomo stanno nella capacità di servire. La sua onnipotenza sta nella sua misericordia, ovvero nel farsi servo e schiavo di tutti. È un Dio che, mentre nel nostro comune modo di pensare è onnipotente, nella sua rivelazione è servo. Il mondo, le cose create, noi uomini e donne non aggiungiamo nulla alla sua grandezza:

Da onnipotente a servo. Novità assoluta. Perché Dio ci ha creati? Molti ricordiamo la risposta del catechismo: per conoscere, amare e servire Dio in questa vita e governo nell’altra. Gesù capovolge la prospettiva, le à una bellezza e una profondità che stridiscono: siamo stati creati per essere amati e serviti da Dio, qui e per sempre. Dio erise per te, per amarti e servirti, dare per te la sua vita, per essere sorpreso da noi, da questi imprevedibili, liberi, splendidi, creativi e fragili figlio. Dio considera ogni figlio più importante di sé stesso.
Ermes Ronchi

Questo è il suo modo di essere che sconvolge tutta una certa concezione di Dio.
In questa prospettiva possiamo comprendere la nostra vocazione: quella di un prete, di una suora, di un padre e di una madre di famiglia. È una vocazione di servizio! Se ci sentiamo umili servitori gli uni degli altri, sapremo camminare insieme, col più grande come col più piccolo. Sapremo mettere da parte gli arrivismi, ogni forma di arroganza e la pretesa di essere più grandi o intelligenti. Solo se riconosciamo di essere nella stessa barca saremo capaci di vivere la logica della sinodalità.
È il cammino che vogliamo iniziare oggi. Preghiamo perché sia un tempo di grazia per la nostra chiesa. Preghiamo per tutti e per le nostre comunità, preghiamo anche per coloro che non vorranno o non riusciranno a seguire questo cammino. Non sia il sinodo un tempo per giudicare gli altri, per cercare la pagliuzza nel fratello o nelle comunità che ci stanno accanto. Sia piuttosto un tempo per accostarci al Signore, come i due discepoli del vangelo, per essere vicini a chi è in difficoltà. E sono tante le comunità che stentano a camminare e che hanno bisogno dell’aiuto di tutti. Il sinodo sia un tempo di grazia, per andare insieme incontro al Signore, per recuperare la gioia dello stare insieme a Lui, per ravvivare in noi il desiderio di conoscerlo e di frequentarlo di più, per riscoprire la bellezza dell’annuncio, per porre a Gesù le domande che ci stanno più a cuore, quelle vere che riguardano la nostra vita e quella della chiesa diocesana.
La domanda fondamentale da cui partiamo in questo tempo sinodale e sulla quale tutti, indistintamente tutti, saremo chiamati a fare discernimento è:

Una Chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, “cammina insieme”: come questo “camminare insieme” si realizza oggi nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro “camminare insieme”?
(
Documento Preparatorio, 26).

In altre parole, quali esperienze belle d’incontro stiamo vivendo o abbiamo vissuto? Quali gioie, difficoltà o, addirittura, ferite abbiamo sperimentato? Quali passi ci restano da fare? Quali prospettive di cambiamento intravediamo tra noi?
Il Signore non ci chiede altro che camminare insieme, essere chiesa sinodale che vive la fede non in modo autoreferenziale, ma in un noi, che ci fa essere comunità in cammino. Non una comunità statica, arroccata nelle proprie tradizioni, spesso superate, nella sterile monotonia del s’è fatto sempre così. Ma una comunità in continua ricerca di vie nuove, capace di osare guardando oltre.
Il sinodo è proprio questo: un invito a metterci in cammino, ad andare avanti in un mondo che cambia. Scopriremo che il Signore cammina con noi, ci viene incontro: è Lui per primo che vuole incontrarci. E quando lo incontriamo, la grande sorpresa sarà scoprire che ci stava cercando per primo, che camminava in mezzo a noi, era con noi, andava avanti a noi, senza mai abbandonarci. Sarà un cammino che ci farà scoprire il Dio delle sorprese, che ci meraviglierà, che non si aspetta da noi se non qualche piccolo gesto di accoglienza, di umiltà, di richiesta di perdono, qualche sguardo di tenerezza.
Iniziamo con gioia questo cammino, per scoprire la bellezza dello stare insieme, dell’incontrarci. Papa Benedetto ci ricordava che la fede non è una teoria, una filosofia, un’idea astratta, ma incontro con una persona vera, con il Signore della vita. Anche Papa Francesco ce lo ripete spesso. La fede è incontro con Gesù nella quotidianità. Ma anche incontro con i fratelli, ascolto reciproco, dialogo, preghiera, riflessione, condivisione. Non c’è esperienza sinodale più vera e più bella. Guardandoci attorno, consideriamo chi sono i nostri compagni di viaggio. Ci scopriremo imperfetti e fragili, bisognosi di vicinanza, di perdono, di sostegno in uno stile di comunione che ci farà sentire bisognosi gli uni degli altri. Scoprendoci una chiesa santa e peccatrice c’impegneremo senza riserve nella missione che ci è stata affidata.
Siamo tutti convocati dallo Spirito “Per una chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”. Non perdiamoci in discussioni e inutili polemiche, in diatribe personali e sterili polemiche. Il lavoro sinodale non è una nuova formula pastorale o un piano alternativo di iniziative, ma un cammino che ci riconduce all’essenza stessa del nostro essere ecclesiale, alla verità della vita delle nostre comunità. Non c’è altra priorità pastorale che vivere e far vivere in pienezza questo cammino di sinodalità.
Questo è quanto il Signore si aspetta da noi. Mettiamoci in cammino con coraggio e senza paure. Amen!

Redazione

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