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Costume e Società

Singularity

Di Mario Staglianò

Col termine la società dei singoli s’intende un fenomeno che presenta premesse, implicazioni e conseguenze future di tipo sociologico, psicologico, economico e politico. Inoltre non s’intende il fenomeno per il quale sempre meno persone, oggi, si sposano o affrontano la vita di coppia rimanendo (beatamente) single. Ci si riferisce, piuttosto, al fenomeno per il quale un numero sempre crescente di persone, per lo più inconsapevoli di far parte di una tendenza generale, non si aspetta più il generale ma lo speciale; non sceglie ciò che è standardizzato e regolato ma ciò che è originale e particolare. Non è interessato alla produzione di massa ma a ciò che è specifico e individuale. Basti pensare all’esempio dell’istruzione, in cui si cercano scuole che valorizzino i profili individuali, l’unicità e la singolarità dei ragazzi con percorsi personalizzati; non più, dunque, un’istruzione standard e uguale per tutti che era stato il mito degli anni ‘50 e ‘60.
La società dei singoli, il singolarismo, è un frutto della tarda modernità, che segue un lungo periodo storico caratterizzato dall’individualismo che, invece, è il frutto della prima modernità (secoli XVII e XIX). In questo periodo si assiste, all’interno del pensiero politico-filosofico-giuridico al passaggio dalla concezione organicistica/olistica (secondo la quale la società è come un corpo, un tutto organico che sta al di sopra delle parti ed è superiore alla somma delle parti stesse) all’individualismo, ovvero l’idea che l’individuo abbia valore per se stesso e solo dopo venga lo Stato. L’individuo viene considerato nella sua specificità culturale e sociale e nella sua differenza di genere nascendo in un contesto culturale e formandosi in un rapporto dialettico e antagonistico con esso.
La concezione individualistica ha sorretto, tra l’altro, la nascita dei diritti dell’uomo ed è stato un cambiamento di notevole portata definito da Norberto Bobbio una rivoluzione copernicana. I diritti non nascono con la democrazia antica (la polis ateniese) ma molto dopo, tra il ‘500 e il ‘600, per poi essere codificati durante la Rivoluzione francese. Essi nascono come diritti individuali soggettivi per poi essere riconosciuti anche come diritti collettivi, per gruppi. La concezione dei diritti individuali soggettivi presuppone una concezione individualistica della società e, quindi, dello Stato che si contrappone, superandola, alla concezione organica secondo la quale la società è un tutto e il tutto è al di sopra delle parti e ogni parte del tutto deve compiere la funzione che le è propria. Espone ciò il famoso apologo di Menenio Agrippa come raccontato da Tito Livio. Questa concezione percepisce lo Stato come un corpo organico, una sorta di uomo artificiale come lo immaginava Thomas Hobbes nel 1651 il quale, però, aveva già in mente gli individui singoli senza legami tra di loro e chiusi nella sfera dei loro interessi.
La concezione individualistica, che appare con l’umanesimo, con la centralità posta sull’uomo ritiene, invece, che venga prima l’individuo, l’individuo singolo, e poi lo Stato: lo Stato è fatto per l’individuo e non l’individuo per lo Stato. Ciò inverte pure il rapporto tradizionale tra diritto e dovere che era tipico della società antica; nei riguardi degli individui ora vengono prima i diritti e poi i doveri. Inoltre, secondo questa concezione, ognuno deve essere trattato in modo da poter soddisfare i propri bisogni e i propri fini, primo tra tutti quello della felicità, la quale si è sempre più trasformata in un fine individuale per eccellenza. L’individualismo è la base filosofica della democrazia ed è la base del nostro io autoriale io, che emerge anche nei romanzi e nelle narrazioni contemporanee. L’io del Medioevo, invece, è sommesso e si scioglie nella collettività annullandosi di fronte all’immensità e all’onnipotenza divina.
Le nostre società sono ancora società individualiste, anche se l’idea di individuo sembra sempre più sgretolarsi, e fanno del primato dell’individuo un principio ordinante della vita sociale sebbene non più sorretto dall’eguaglianza ma dalla singolarità. Nella seconda metà del Novecento la filosofia politica – con John Rawls, Ronald Dworkin e Amartya Sen – aveva concepito la giustizia in termini di eguaglianza: una società giusta doveva garantire equamente ai suoi membri una vita buona e paritaria.
La società tardomoderna è invece caratterizzata da un grande cambiamento, che ha portato dalla logica del generale alla logica del particolare, dell’unico, del singolo.L’unicità del soggetto è percepita e valutata positivamente. La categoria della differenza, emersa nei decenni precedenti con i movimenti dei neri, delle donne, degli omosessuali, si esaspera in mille forme di singolarizzazione: la biodiversità dei prodotti naturali, la performatività sui luoghi di lavoro fino alle analisi individuali del genoma.
Di grande portata per il processo di singolarizzazione è la digitalizzazione del mondo con l’ascesa della nuova macchina culturale che questa comporta. Il complesso tecnologico alla base di computer, digitalità e internet rende possibile e impone la fabbricazione continua di soggetti, oggetti e collettivi unici dotati di profili singolari. Ricombinando tutti questi aspetti con la nuova struttura di classe della tarda modernità si nota che lo spirito di singolarità investe soprattutto la nuova classe media, dedita alla propria auto realizzazione in virtù della specificità individuale, della poliedricità personale e dell’autenticità di vita. Questo stile di vita precede l’accostamento ad arte di diversi elementi che compongono, esaltandola, l’eterogeneità del tutto. Cibo, abitazione, viaggi, cura del corpo, educazione, istruzione, ognuno di questi elementi deve essere particolare, speciale, sorprendente e straordinario esattamente come l’opera d’arte contemporanea a cui si richiede di sorprendere, non già di essere bella. Lo stile di vita della nuova classe media incorpora la logica del singolare prendendosi cura del dispiegamento dell’autenticità e dell’auto realizzazione di ognuno. Meritocrazia, qualità della vita e cosmopolitismo sono le sue parole d’ordine.
Basti pensare alle esperienze online che le persone vivono oggi, che sono un incremento e un riflesso della posizione singolarista. In particolare ci riferiamo alla nascita e alla diffusione delle applicazioni per l’utilizzo di servizi personalizzati di ogni genere: dieta alimentare migliore, itinerario o parcheggio più comodo, incontro con l’anima gemella e così via. Esse sono forme di indirizzamento della realtà per meglio sottometterla alle preferenze dell’utente singolo e sovrano come se tale utente potesse, davvero, indirizzare gli avvenimenti del mondo con un semplice tocco delle dita o con un semplice comando vocale. In parallelo si può notare come un sempre più frequente uso del toccare o sfiorare tastiere o dilatarle con le dita corrisponde, nella nostra società individualista, a una diminuzione del toccarsi fisico. La società diventa composta da monadi, non ripiegate su se stesse, ma proiettate al massimo apporto di ogni istante nell’indifferenza quanto all’insieme. La nostra è la società che non si tocca, che evita il contatto. Le persone non si abbracciano e non si toccano e nemmeno si sfiorano tenendosi a distanza spontaneamente ben prima che i regolamenti sanitari le obbligassero a farlo forzatamente a rischio di sanzioni. Gli uomini postmoderni stanno molto attenti che nessuno si avvicini troppo ma le pratiche di allontanamento fanno danni facendo cadere la fiducia e togliendo sicurezza.
Ogni singolo è, dunque, singolare, ognuno è speciale. Cresce il numero di cliniche di bellezza, di massaggi e decorazione delle unghie o tatuaggi o dei centri di wellness per uomini e donne perché “vogliono me perché sono unico/a, singolare, speciale”. Verranno soddisfatti non i miei bisogni ma i miei desideri, la mia esigenza di auto soddisfazione personale. Il passaggio al singolarismo porta a una società non solo di individui ma di singoli (speciali) non più inseriti in un sistema collettivo come il partito, il sindacato, la fabbrica con la dimensione collettiva ma in una società in cui trionfa la dimensione singola. In una parola il singolarismo è la percezione (indotta) di essere qualcun altro rispetto ai propri simili. È un desiderio di individualità che ricerca una forma sui generis di giustezza personale nella realizzazione singolare di sé, la più armoniosa possibile in modo da arrivare a un ideale personalizzato, a una unicità esemplare, a una singolarità luminosa facendo della propria vita un’opera d’arte in un disinteresse crescente per l’eguaglianza e a una crescente e pericolosa indifferenza verso l’ineguaglianza.
Il mantra del nostro tempo è la felicità e non ammette deroghe: siate felici, dimostratevi ottimisti e conquisterete il mondo, trasformate gli svantaggi in atout, rallegratevi sempre. Con l’aiuto dei manuali della perfetta e completa felicità potrete apprendere tecniche per adottare principi vincenti nella vostra vita professionale e personale.Volete la Luna? Seguite le istruzioni, osate pensare in grande e la raggiungerete. È la dittatura delle felicità, la tirannia dell’ottimismo a tutti i costi che pervade il nostro tempo singolarista e stampa sulla faccia delle persone sorrisi spesso idioti e fuori luogo.
Qui non si danno giudizi di valore, opinioni su quello che sia giusto o non giusto fare, ma si registrano dei comportamenti, delle tendenze, addirittura delle mode, cercando di far capire che ci troviamo all’interno di contesti più ampi del nostro comportamento individuale, facendo proprio quanto scriveva Baruch Spinoza nel suo Tractatus politicus: “non irridere, non compiangere, non disprezzare ma comprendere le azioni umane.”

Foto: casadellacultura.it

Redazione

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