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La Valle Bizantina: da Monasterace a Bivongi

Locride… e dintorni in Mountain Bike XXXIV

Di Rocco Lombardo

Esistono cammini senza viaggiatori. Ma vi sono ancor più viaggiatori che non hanno i loro sentieri.
Gustave Flaubert

Anche oggi una dotta citazione ci aiuta a introdurre l’itinerario che affronteremo odierno ma, come sempre, sarà il territorio a testimoniare la nostra storia. A ogni pedalata, infatti, compiremo una scoperta e avremo un evento da raccontare, in una terra che custodisce le testimonianze di un passato che spesso sembra non voler passare, in cui miti, leggende e storie, pur avendone caratterizzato il destino, sembrano essersi definitivamente persi nel tempo.
Il periodo che va dai Bizantini ai Borbone ha fatto da filo conduttore alla nostra ultima escursione, vero e proprio esercizio di memoria alla (ri)scoperta della comune identità culturale che caratterizza il nostro territorio. Ci eravamo immersi in un percorso suggestivo in altura tra boschi di abeti e faggi, reso ancor più affascinante dai fiocchi di neve, attraversando quella parte del Parco delle Serre Calabresi meglio conosciuta come Ferdinandea. A valle di questa, fra boschi secolari, corsi d’acqua e cascate, è possibile riscoprire un’ulteriore appendice di questo immaginario percorso ricco di storia, d’arte e di culto che si snoda fra i comuni di Stilo, Bivongi e Pazzano, nella cosiddetta Vallata Bizantina dello Stilaro.
La conformazione morfologica e geografica della Locride non ha di certo favorito nei secoli passati uno sviluppo razionale dell’assetto viario; sentieri impervi tra costoni di montagna, campi e macchia mediterranea, oppure viottoli pietrosi e acciottolati e, infine, stradine battute e mulattiere sterrate, hanno rappresentato la naturale evoluzione delle vie di comunicazione del territorio, strettamente legate ai processi di valorizzazione economica dettati dai commerci e dai pellegrinaggi che, a partire dal X secolo, vedevano nella diffusione dei Chorion, (villaggi/ nuclei abitativi), collocati nella maggior parte dei casi a mezza costa, su piccole alture, nei pressi di fonti idriche, il segno più evidente dei centri di popolamento della nostra terra, in cui i monasteri e i casali assumevano i caratteri di riferimento d’un vero e proprio urbanesimo. E ancora oggi raggiungere questi luoghi non è poi così agevole!
Abbiamo più volte sottolineato, nel descrivere altri percorsi in Mountain Bike, come, dal VII secolo, sorsero moltissimi monasteri basiliani, soprattutto nella Vallata dell’Amendolea e nella Vallata dello Stilaro, facendoassurgere il nostro territorio a terrasanta del basilianesimo bizantino, principale meta dei monaci greco-ortodossi provenienti dall’oriente; il punto di riferimento della Vallata Bizantina dello Stilaro è certamente rappresentato dal borgo di Stilo, la città del Sole, una tra leattrattive più belle e interessanti, per storia e arte, dell’intera regione, la cui posizione stratificata sull’imponente agglomerato granitico e tufaceo di Monte Consolino, in un pendio tra ulivi e viti, ha rappresentato il principale centro bizantino della Calabria meridionale.
Il nostro percorso parte quindi dal mare, ovvero dalla costa di Monasterace da cui, percorsi i primi venti chilometri della Strada Provinciale 9 su asfalto, in falso piano e in costante salita pedalabile, raggiungeremo località Vinciguerra, segnalata da un cartello toponomastico che ricorda una battaglia combattuta nel 982 tra Sassoni e Bizantini, nei cui pressi, un crocevia a destra ci condurrà a Bivongi mentre a sinistra proseguirà per Stilo. La temperatura è molto rigida, mitigata solo a tratti da un tiepido e timidissimo sole, sferzata da un sostenuto e contrario vento gelido, che si incanala dai pendii innevati delle Serre lungo l’ampio greto dello Stilaro, ancora selvaggio e a tratti inaccessibile, in cui distinguiamo nettamente alcuni speroni ricoperti da fitta boscaglia che degradano verso la costa, formando una sorta di barriera tra le fiumare dello Stilaro e dell’Assi, linea immaginaria di confine tra le province di Reggio Calabria e di Catanzaro.

Percorsi alcuni chilometri sul fondo a tratti ghiacciato, con tutte le difficoltà annesse al grip delle gomme, ci si schiude dinanzi la conca naturale di Bivongi, sulle pendici occidentali del Monte Consolino. L’origine del borgo risale al IX secolo, quando un gruppo di monaci basiliani, in fuga dalle incursioni saracene, in questa splendida e primitiva valle hanno trovato la loro terra promessa; le grotte naturali, presenti in gran numero, furono sfruttate come laure eremitiche e spelonche, costituendo i primi nuclei abitativi dei monaci, che trascorrevano la loro vita meditando e pregando nella silenziosità e nella penitenza. Con il passare del tempo, cominciarono a trasformare tali anfratti in Cenobi, contribuendo all’evoluzione del monachesimo greco da vita umile, nascosta e randagia, a forme collettive e organizzate di relazione con gli abitanti del luogo.
Il nome del borgo deriva dal greco Βοββὸɣɣες, in riferimento alla coltura del baco da seta, che per secoli è stata fonte di ricchezza insieme alle minieree alle ferriere,e i cui suggestivi resti (mulini, ciminiere, tunnel) fanno ancora capolino nell’affascinante territorio circostante; ilcentro storico è un’autentica cartolina medievale sospesa nel tempo, interamente lastricata e sviluppata su viuzze e dislivelli collegati tra loro da tipiche scalinate laterali in pietra. Come detto, sorge in un punto strategico della Valle dello Stilaro, tra ancestrali bellezze naturali e antiche costruzioni sospese nel tempo, che si intravedono per tutta la valle: per secoli la vita del borgo è gravitata intorno ai numerosi monasteri, tra i quali quello di  San Giovanni Theristis, prima tappa del nostro percorso, sconosciuta testimonianza di un passato greco-ortodosso di cui restano importanti eredità nel linguaggio, nel paesaggio e neiterrazzamenti agricoli,in cui i monaci hanno affinato l’arte di un vino scuro e corposo, oggi protetto dalla Denominazione di Origine Controllata che rende la gente di quest’area fiera al punto da aver fregiato il paese del titolo di Città del Vino.
Per raggiungere San Giovanni Vecchio, come viene ancora ricordato dagli abitanti dello Stilaro, così distinguendolo da San Giovanni Nuovo, abbazia edificata fuori le mura medievali di Stilo a seguito del trasferimento dei monaci e delle reliquie dei Santi teofori Giovanni il Mietitore, Nicola e Ambrogio avvenuto nel 1662, bisogna affrontare una ripida salita che, dal greto del fiume alle porte del borgo, in poche centinaia di metri raggiunge pendenze importanti fino al 20%. Attraversato il Ponte Vina, costruito intorno agli anni ’30 del secolo scorso e facente parte dell’Ecomuseo delle Ferriere e Fonderie della Calabria, ci arrampichiamo letteralmente, incidendo molto sul cambio e sui rapporti, sulla prima ripida rampa che si presenta davanti a noi. Continuiamo a seguire le indicazioni verso il monastero, non prima di aver fatto una breve sosta presso i ruderi del Convento dei Santi Apostoli, una grancia del monastero ortodosso fin circa all’anno 1000, quando i Normanni lo assegnarono alla Certosa di Serra San Bruno quale succursale per amministrarne i beni ricadenti nei Casali di Bivongi e in cui vissero i certosini per circa 700 anni, abbandonandolo solo in seguito al violento terremoto del 1783. Un’edicola dai tratti evocativi bizantini, posta ai piedi della stradina di accesso, ci indica la breve deviazione da affrontare in ripida salita, per raggiungere il convento di cui, lasciate le MtB, dopo esserci fatti largo tra sterpaglie e alti arbusti, riusciamo a visitare solo alcuni locali, ancora parzialmente accessibili, in cui rinveniamo palmenti e vasche, più volte ripresi e ristrutturati anche di recente, usati per la lavorazione del vino.
Dalle imponenti mura del convento, il panorama che si scorge dell’intera vallata è veramente incantevole e il sole ormai alto sul mare in lontananza rende ancor più scenografico il quadro prospettico.
Proseguiremo la settimana prossima il nostro percorso alla scoperta della Vallata Bizantina dello Stilaro!

Redazione

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