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Costume e SocietàLetteratura

In marcia verso Locri

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri LXVII

Di Giuseppe Pellegrino

Oltre al gesto crudele di Claudio Nerone Annibale non capiva tante altre cose. Non capiva che si stava cambiando il modo di combattere. Che anche il morale dei soldati faceva parte della guerra. Fra poco un altro console avrebbe cambiato la logica della guerra e, con essa, le sorti di chi avrebbe comandato il Mondo conosciuto. Perché con il suo gesto crudele, Claudio Nerone il suo obiettivo l’aveva raggiunto: quello di far crollare il morale dei nemici. E, invero, Annibale, con gli occhi umidi di pianto, le labbra serrate, che mal nascondevano lo stridio dei denti, in quella testa irriconoscibile, vide la sua fine e quella della sua città. Perché i Romani non avrebbero fatto sconti.«Ora la mia mente può vedere cosa sarà di Cartagine» disse a voce alta e tutti sentirono. Poi, nella sua mente, si ripromise che questo non sarebbe mai avvenuto e prese la sua decisione.Aveva bisogno di tempo per riorganizzare l’esercito, perciò il comandante cartaginese diede l’ordine di ripiegare verso la terra italica: Kròton, Reghion e Locri erano i suoi obiettivi. Poleis ricche, che potevano garantire riposo e tributi. Ma, soprattutto, tutte le tre pòleis avevano un porto grande. Reghion era da preferire; poi, Locri; solo in ultima istanza Kròton. Perciò, Kròton fu superata subito senza prenderla e l’armata cartaginese si diresse verso Reghion. Che resistette, con l’aiuto dei romani, oltre ogni previsione. Annibale pensò che era inutile un lungo assedio e la perdita di molti uomini, che ora erano preziosi. Locri, invero, aveva un porto che poteva garantire rifornimenti di uomini dalla madre patria, ma anche navi, che ora erano necessarie. Perciò Annone, vista l’impresa difficile, si rivolse da sud verso Locri, in avanscoperta rispetto ai due suoi comandanti. Il generale godeva della stima dei soldati, come Amilcare Barca e il comandante supremo Annibale, perché era stato l’esercito a volerlo tra i suoi capi.Dalla collina, non molto lontano dalla fortezza di Castellace, tutti i campi locresi erano in vista; in vista il formicolio della gente. L’uomo d’ingegno subito elaborò nella sua mente che il tempo della mietitura era passato, e con essa il mese di giugno, di palàmnaios, per i locresi, il mese di Sciforione per gli altri greci, il junius mensis, in onore di Giunone, per i romani, e nelle campagne non vi erano lavori particolari da fare. Certo, frutti ve ne erano, ma pochi; vi erano gli animali da governare, ma queste semplici cose non giustificavano una presenza così massiccia. Annone chiamò due servi di origine sicula, ma ormai da tempo infinito ellofoni, che aveva catturato e ora, blandendoli con qualche nomisma, con qualche soldo, usava come spie e come interpreti. Annone era un barbaro che non conosceva la lingua greca, che trovava astrusa e, soprattutto, complicata. Filottete ed Euticle subito si diedero da fare per scoprire le ragioni di tanta solerzia. Non fu difficile per i due scoprirlo subito. Si confusero tra la gente, servi tra i servi, e fecero finta che gli ordini a loro erano venuti nella campagna, ma ignoravano il perché.
«
Antipatro – disse Albione al siculo – ci ha avvisati che presto Locri sarebbe stata assediata da truppe cartaginesi, che avrebbero allontanato anche i romani. Tutti noi abbiamo potuto vedere sulle montagne i cartaginesi marciare verso Reghion. Sappiamo che, presa la città, essi si rivolgeranno contro Locri. L’assedio sarà forse lungo e bisogna prepararsi a una resistenza senza tempo.»
Occorreva, quindi, prepararsi a un lungo assedio dentro le mura della polis e recuperare una grande scorta di viveri, compresa gran copia di animali, che potevano ben pascolare per molto tempo all’interno delle enormi mura e servire così da riserva di carne. La risposta all’interrogativo di Annone, i servi siculi la portarono con grande solerzia, consci della sua stessa importanza.Annone non ringraziò questa volta neppure con un’oncia locrese, ma pensò subito di sfruttare l’occasione, sicuro che, con un colpo di mano, senza colpo ferire, si poteva impadronire della polis. I romani non erano molti, ed erano chiusi nella fortezza di Mannella e Castellace, poste rispettivamente a nord e sud di Locri, sordi e ciechi al clamore degli avvenimenti che, per loro sfortuna o, forse, fortuna, ignorarono fino alla fine.Come un pescatore getta le reti avendo visto un incredibile banco di pesci, così Annone dispose l’esercito. La rete circondò tutti e nessun pesce sfuggì. Chiuse la tenaglia Amilcare che, con altre trenta speirai, sopraggiunse poco dopo.Così i locresi furono messi insieme come un gregge inerme e mansueto, chiuso dalla presenza di soldati a modo di recinto, e tenuti insieme come solo secoli e secoli dopo i campi di concentramento avrebbero fatto.

Foto: sutori.com


Edil Merici

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