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Costume e SocietàLetteratura

L’osservanza delle regole nel conflitto tra etica e diritto

Le riflessioni del centro studi


Edil Merici

Di Francesco Febbraio

La ricorrenza delle celebrazioni degli Incontri del villaggio campanelliano 2022 ha fornito l’occasione per un originale confronto a più voci sul sempre attuale rapporto tra l’esaltazione e la difesa di valori e principi considerati di alto lignaggio etico e morale da un lato, e il rispetto delle regole e delle norme vigenti che regolano i rapporti tra i consociati in uno stato di diritto dall’altro. La novità è stata determinata dal formato scelto dall’organizzatore dell’incontro, Francesco Rosa, appassionato studioso di Tommaso Campanella, che ha pensato di inscenare il 5º processo a cui è stato sottoposto il frate e filosofo stignanese, nella piazza della città che gli ha dato i natali, per verificare se le accuse che a suo tempo gli costarono la condanna per la congiura calabrese del 1599 (promossa con una rivolta che assunse i connotati di un tentativo di insurrezione popolare per instaurare un regime comunista di stampo teocratico/repubblicano e la realizzazione di un programma fondato sulla soppressione della proprietà privata con l’abolizione delle gerarchie sociali) a distanza di oltre quattro secoli avrebbe potuto portare a un giudizio diverso e assolutorio sulla base delle norme oggi vigenti, in omaggio al principio di mutabilità del diritto in virtù del mutare dei tempi, il cosiddetto diritto vivente. Nel corso del processo simulato si accusava Campanella di essersi reso responsabile del reato di cui all’articolo 270 del Codice Penale per aver promosso, costituito, organizzato e diretto un’associazione volta a sopprimere violentemente l’Ordinamento politico e giuridico dello Stato, contrastando l’applicazione della vigente normativa che prevede il pagamento di oneri fiscali anche nei confronti di chi è titolare del reddito minimo previsto dalla legge nell’intero territorio calabrese. Così, dopo una rapida fase istruttoria (che aveva dimostrato la febbrile attività di proselitismo del frate domenicano attraverso prediche pubbliche in cui preannunciava gravi sconvolgimenti politici e iniziative, anche armate, rivolte a promuovere un ben strutturato piano di rivolta con l’aiuto di signorotti locali che avevano assicurato il loro apporto economico), dapprima la pubblica accusa e successivamente la difesa del Campanella hanno potuto approfondire la struttura del reato di associazione sovversiva che, fortunatamente, oggigiorno trova spazio raramente nelle aule di giustizia, su cui infine si è confrontata una giuria composta da tecnici qualificati (tra tutti il Presidente della Corte Olga Tarzia), abituati in ragione del loro ufficio a trattare questioni giuridiche complesse, e da illustri cattedratici in materie filosofiche e giuridiche.
Come può facilmente intuirsi, nella prolungata e interessantissima camera di consiglio aperta il Presidente della Corte d’assise, all’uopo composta, ha avuto un bel da fare per trovare una sintesi degli interventi dei giurati, alcuni dei quali escludevano in nuce la rilevanza penale delle condotte del Campanella per gli alti scopi morali ed etici da cui era ispirata, mentre altri rilevavano come alla luce del diritto vigente i fatti asseritamene commessi e provati dal processo non potevano che essere meritevoli di una punizione. Al fine di meglio inquadrare la struttura normativa del delitto di cui si discute è necessario evidenziare che si tratta di un reato comune, di pericolo presunto e a partecipazione necessaria. Il fatto di essere un reato a tutela anticipata sottopone chi deve decidere alla risoluzione di due problematiche importanti. Innanzitutto, quanto può spingersi la tutela anticipata per evitare conflitti con il principio di offensività e al contempo salvaguardare i beni giuridici tutelati. La giurisprudenza anche più recente sul punto si è allineata nell’affermare che la norma incriminatrice appresta tutela contro il programma di violenza e non contro l’idea, che a sua volta anche se eversiva, ma non accompagnata da programmi e comportamenti violenti, è tutelata dal nostro assetto costituzionale che favorisce il pluralismo ed il libero pensiero. Per la configurabilità del reato, pertanto, occorre l’esistenza di una struttura organizzata con un programma condiviso e finalizzato a sovvertire violentemente l’ordinamento dello Stato attraverso progetti concreti di consumazione di atti di violenza. Del resto il Legislatore nel 2006 nel tentativo di risolvere la vexata quaestio aveva novellato l’art. 270 del CP, introducendo nel testo il requisito essenziale della idoneità della struttura organizzata al raggiungimento degli scopi illeciti perseguiti. Questa importante specifica ci conduce al vaglio della seconda problematica che il giudice deve affrontare nell’analisi dei fatti che deve giudicare e che assume estrema rilevanza anche nella condotta addebitata all’imputato Campanella, ossia la verifica che il sodalizio di cui sia stata accertata l’esistenza presenti un grado di effettività tale da rendere almeno possibile l’attuazione del programma criminoso. È molto interessante, sul punto, la pronuncia della Corte d’Assise d’appello di Brescia su fatti che hanno avuto clamore mediatico riconducibili all’occupazione di Piazza San Marco a Venezia da parte di aderenti a un’associazione denominata L’alleanza che, con gesti eclatanti, reclamavano l’indipendenza di alcune Regioni del nord. In tale occasione i manifestanti si fecero scudo anche con un carrarmato militare e, nel corso delle perquisizioni successive, fu rinvenuto in un magazzino, considerata la base logistica del gruppo, anche del potente esplosivo. Nonostante ciò, la Corte d’Assise d’appello riformò (con conferma in Cassazione) la sentenza di condanna di primo grado per il reato di cui all’art. 270 del CP, assolvendo ciascuno degli associati individuati, ritenendo che i beni strumentali e le risorse finanziarie di cui godeva l’associazione non fossero idonei a perseguire gli scopi sanzionati dalla norma e le condotte fossero solo di tipo dimostrativo. Queste tematiche hanno fatto da sfondo anche all’analisi del caso Campanella e, alla fine, anche se solo a maggioranza dei giurati, il filosofo stignanese, con grande disappunto del numeroso pubblico desideroso di vedere riabilitata la figura del loro concittadino, è stato condannato anche secondo le leggi oggi vigenti, sancendo la prevalenza della forza del diritto sugli scopi ed i fini che determinano l’agire umano, a garanzia dei principi che garantiscono la convivenza civile.

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 28/10/2022


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