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Costume e SocietàLetteratura

Verso le Regioni dell’Ovest

Le Cronache di Atlantidea XI

Di Luisa Totino

Vera si avvicinò a Bea che, appoggiata a un albero, guardava rattristata l’orizzonte e le chiese: «Che ti succede Bea?»
E Bea, sospirando, rispose: «Mi dispiace, Vera, avrei dovuto dirtelo prima, ma… io non voglio proseguire. Voglio tornare a casa. Non ce la faccio. Pensavo che insieme a te e a Mattia sarei riuscita ad affrontare tutto, ma non è servito. Questo non è il mio mondo, è il tuo, Vera!»
Stupita da quelle parole, Vera le disse: «Quando hai deciso di andartene? Perché non me lo hai detto prima? Sono sempre stata la tua migliore amica. È ancora così, vero?»
E Bea: «Sì, sarai sempre la mia migliore amica, ma qui ad Atlantidea non è più una semplice avventura. Ora si parla di una guerra, di creature malvagie. E tutti questi esseri, così diversi da noi… Pensavo che queste cose esistessero solo nei libri! È troppo, per me. Ti prego, non giudicarmi.»
Poi si voltò verso l’amica e l’abbracciò con tutta la forza possibile. Intanto, sull’uscio di casa, Talòs aveva assistito alla scena. Vera se ne accorse e capì dal suo sguardo che lui sapeva già della scelta di Bea.
Dopo l’abbraccio, Bea rientrò in casa e Talòs si avvicinò a Vera: «È inutile che mi guardi, lo sapevo da un po’. Lo ha detto prima a me, perché non riusciva a trovare il coraggio di dirtelo. Ti vuole molto bene, è molto legata a te.»
Vera rispose: «Perché Bea mi ha detto che si è rivelato tutto diverso? Io, per esempio, sono sempre la stessa!»
Talòs sorrise: «No, Vera, non sei più la stessa, solo che non te ne rendi conto. La prima volta che ti ho incontrata, nella Terra della Fermezza, eri una ragazzina diffidente e senza nessuna aspettativa, ma ora hai preso consapevolezza di te stessa e di cosa ti aspetta, e vuoi affrontarlo. No, decisamente non sei più la stessa.»
E Vera: «Ho sempre paura di una guerra. Queste cose le ho studiate solo sui libri di scuola o me le raccontava mio nonno Gino.»
Talòs le chiese: «È stato un bravo nonno?»
E Vera: «Sì, portava sempre allegria in famiglia. È stato un nonno molto presente, nonna Lena rideva sempre alle sue battute. Erano molto affiatati. Lei soffrì molto quando lui morì improvvisamente per un infarto.»
E Talòs: «Immagino, povera Lena. L’importante è avere avuto una famiglia che le è stata vicino fino alla fine.»
E, a quelle parole, si rattristò.
Vera, guardandolo, disse: «Cosa c’è, Talòs? So che mia nonna è stata molto importante per Atlantidea, ma ancora non mi hai detto perché e come l’hai conosciuta.»
E poi continuò: «Sai, ho sognato la nonna prima di giungere qui.»
Talòs, sorpreso, chiese: «Come l’hai sognata? Dove?»
Vera, allora raccontò il suo sogno a Talòs, di come aveva visto sua nonna nella Foresta dell’Oblio, in cui c’erano dei fiori giganteschi, e di come Lena l’aveva messa in guardia da essi, perché potevano far perdere qualsiasi ricordo sia agli uomini sia agli dei. Di come l’aveva accompagnata fino all’uscita della Foresta indicandole Altinium e spronandola a fare in fretta.
Talòs, allora, stringendo il braccio a Vera, disse: «E di me? Non ti ha detto niente, nel sogno, di me?»
E Vera, liberandosi dalla presa, rispose: «No, mi ha parlato di te solo in punto di morte. Cosa avrebbe dovuto dirmi di te?»
E Talòs: «Niente, niente! Scusami, Vera, sono un po’ nervoso per questo viaggio. Dovrai prepararti e vestirti bene, armarti anche. Attraverseremo zone molto pericolose, e non parlo solo delle orribili creature sguinzagliate da Gòrgos, ma di tutte quelle che lo appoggiano qui ad Atlantidea.»
Vera replicò: «Voglio sapere chi ha ucciso mia nonna. Questo mi fa superare qualsiasi paura!»
Mentre Talòs e Vera discutevano, Mattia fece capolino dalla porta e li invitò a entrare per unirsi alle libagioni.
Quando furono dentro, tra canti e risate, Mattia prese in disparte Talòs e gli chiese: «Sai, è un po’ di tempo che penso a questa cosa, vorrei entrare a far parte dell’Esercito della Fratellanza, ma non so come dirlo alle mie amiche. Tu, cosa ne pensi?»
Talòs, compiaciuto, rispose: «Ragazzo, è straordinario vedere come siete cambiati tutti e tre, da quando siete arrivati ad Atlantidea. Avete compreso qual è la vostra strada. Nel bene o nel male le vostre scelte cambieranno il vostro futuro, quello di Atlantidea e del Metaverso, per sempre. Il vero cambiamento non sta in quello che abbiamo capito di saper fare, ma nella scelta di come usare quello che sappiamo fare!»
E Mattia: «Grazie, Talòs! Prima di venire qui mi sentivo una delusione per i miei genitori, soprattutto per mio padre. Ho sempre studiato solo per essere promosso, ma senza passione. Qui, invece, mi sono, da subito, trovato a mio agio, non so perché, ma è così. Spero solo che Vera e Bea riescano a capire la mia scelta.»
E Talòs: «Se sono veramente tue amiche capiranno.»
La loro discussione fu interrotta da Aldàrin che, avvicinandosi disse: «Allora, Talòs, vuoi unirti a noi oppure no? Non mi dire che hai dimenticato come ci si comporta in compagnia?»


Edil Merici

Talòs, mettendosi a ridere, rispose: «No, Aldàrin, arriviamo subito! Andiamo ragazzo, se il tuo posto è qui è meglio che cominci a conoscere le nostre abitudini!»
Quando furono tutti intorno al tavolo, Aldàrin salì in piedi sulla sedia e disse a voce alta: «Cari amici è giunto il momento, dopo aver saziato le nostre viscere, di brindare alla nostra missione con un bel bicchierino di distillato di Erbaviva. Ho portato una fiaschetta per l’occasione.»
Aldàrin stappò la bottiglia e versò l’Erbaviva nei bicchierini. Poi, alzandoli tutti, brindarono all’unisono al grido di: «Valdum! Ai Valdà Katà! (Alla Nostra! Alla nostra vittoria!)»
Dopo il brindisi e una fumata di pipa intorno al fuoco del camino, ognuno cercò di sistemarsi alla meglio per le poche ore notturne rimaste prima della partenza, che sarebbe avvenuta subito dopo l’alba, verso le Regioni dell’Ovest.
Aldàrin invitò Talòs a sedersi sugli scalini esterni alla casa e con la pipa in bocca gli disse: «Allora, Talòs, vecchio mio, ti conosco da troppo tempo per non capire che qualcosa ti turba. Sarò sincero, non nutro molta fiducia in quella ragazzina, ma se tu ti fidi, lo farò anche io, dopo tutto buon sangue non mente!»
E Talòs, con le lacrime agli occhi, disse all’amico: «Lena è stata uccisa, non è morta di vecchiaia. Vera lo ha visto alla Sorgente dell’Oltremondo. Ma ti giuro, amico mio, che il colpevole non resterà impunito, lo ucciderò con le mie mani, che sia stato Gòrgos o qualcuno suo complice!»
Aldàrin, allora, mise una mano sulla spalla di Talòs e disse: «Mi dispiace moltissimo. Siamo tutti con te, Talòs. Vedrai, ricacceremo Gòrgos nel buco di fogna da cui è venuto. Ora andiamo a riposare. A proposito, lo sai, vero, che i ragazzi devono essere iniziati? Potrebbe essere molto pericoloso, là fuori, senza l’iniziazione.»
E Talòs: «La faremo durante il viaggio.»
Detto questo, entrarono in casa. Le stelle brillarono più del solito in quella splendida notte e l’alba, tremula, si affacciò in punta di piedi, per non disturbare il corteo astrale che lentamente scivolava via. La Confraternita, alle prime luci, era già pronta a partire. I ragazzi avevano lasciato gli abiti con cui erano arrivati ad Atlantidea per indossare abiti più consoni, e con qualche arma, per difendersi: un pugnale, una spada, una retrappola, un corno per chiamare in caso di pericolo, un arco e una faretra con frecce, viveri per il viaggio.
Talòs si avvicinò ai ragazzi e disse loro: «Non ho fatto in tempo ad addestrarvi come avrei voluto, quindi seguite, passo passo, il resto del gruppo. Non allontanatevi per nessun motivo.»
Vera rispose: «Agli ordini, comandante!»
Mattia si rivolse alle ragazze: «Io devo dirvi qualcosa d’importante.»
E Bea: «Anche io, Mattia.»
Talòs, intanto, preso il suo corno ci soffiò dentro, i ragazzi non sentirono nulla, ma quando smise, all’orizzonte, si vide arrivare un gruppo di Dasculòs con dei soldati a cavalcarli. Atterrarono e scese dalla cavalcatura solo chi li guidava. Quel soldato si tolse l’elmo, liberando una chioma bionda che scendeva fino alle spalle, lo sguardo fiero, ma duro e deciso.
Si avvicinò a Talòs e disse: «Siamo pronti, generale!»
Poi il giovane girò lo sguardo e scorse Vera, allora le si avvicinò e le disse: «Vera Kalendra, finalmente ti conosco. Non ti fare molte illusioni su quello che dicono di te, dovrai dimostrare di essere la prescelta, non basta il nome. Io me lo sono guadagnato, il mio posto, vediamo tu cosa sei in grado di fare.»
Mattia, subito, rispose: «Ehi, amico, hai qualche problema con Vera?»
Talòs, allora, intervenne: «Andrònos, basta così! Torna al tuo posto!»
E Andrònos: «Agli ordini, generale. Non ti servirà farti proteggere dai tuoi amichetti, abitante del Metaverso! L’amicizia non basta per sopravvivere ad Atlantidea.»
Vera rispose: «Lo vedremo!»
Talòs ordinò ai presenti di salire sui Dasculòs con i soldati, avrebbero sorvolato il mare più facilmente e velocemente fino alla terraferma. Vera fu costretta a salire con Andrònos, nonostante il malcontento di entrambi.
Talòs si avvicinò ai ragazzi sui Dasculòs: «Ancora una cosa. Tirate fuori quegli inutili aggeggi che avete portato dal Metaverso.»
Mattia disse: «Ti riferisci ai cellulari?»
Talòs annuì.
Li tirarono fuori, Talòs prese la boccetta, ricolma di acqua della Sorgente dell’Oltremondo e ne versò qualche goccia sul display dei loro cellulari dicendo: «Ecco, ora, quando occorre, potete mettervi in contatto con il Metaverso, per vedere quello che succede. Sono molto più utili così.»
Vera disse: «Grazie, Talòs!»
Andrònos guardò la scena disgustato. Una volta sistemati tutti, si alzarono in volo, sarebbero dovuti arrivare alle Regioni dell’Ovest, per farsi tradurre le scritte sulla pergamena dai Veggenti che vivevano in quelle zone. Non era da molto che stavano sorvolando il mare, quando le onde iniziarono a diventare nere e minacciose e un mulinello gigantesco si aprì sotto di loro…

Continua…

Redazione

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