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Costume e SocietàLetteratura

Il contrabbando nel movimento delle merci nei laghi di confine

Breve storia giuridica del contrabbando VIII

Di Agostino Giovinazzo

Articolo 283

È punito con la multa non minore di due e non maggiore di dieci volte i diritti di confine dovuti il capitano: a) che introduce attraverso il lago Maggiore o il lago di Lugano nei bacini di Porlezza, merci estere senza presentarle a una delle dogane nazionali più vicine al confine, salva la eccezione preveduta nel terzo comma dell’articolo 102; b) che, senza il permesso della dogana, trasportando merci estere con navi nei tratti del lago di Lugano in cui non sono dogane, rasenta le sponde nazionali opposte a quelle estere o getta l’ancora o sta alla cappa ovvero comunque si mette in comunicazione con il territorio doganale dello Stato, in modo che sia agevole lo sbarco o l’imbarco delle merci stesse, salvo casi di forza maggiore.
Con la stessa pena è punito chiunque nasconde nella nave merci estere allo scopo di sottrarle alla visita doganale.

Gli autori del reato previsto dall’articolo 283, nelle fattispecie di cui alla lettera a) e b), sono individuati nei capitani di navi che navigano nel lago Maggiore e nel lago di Lugano (precisamente, nei bacini di Porlezza), mentre nella terza fattispecie da chiunque.
Ne deriva, quindi, che le prime due ipotesi incriminatorie possano essere ricomprese nei cosiddetti reati propri, mentre la terza nei reati comuni.
Prima di procedere con l’analisi, occorre anzitutto fornire una definizione di capitano e di imbarcazioni, così da circostanziare al meglio il perimetro di operatività della norma in argomento.
Ebbene, ai nostri fini, una nozione in tal senso è rinvenibile nell’articolo 103 del Decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, il quale precisa che, sotto la denominazione di capitani, “s’intendono compresi tutti i conduttori di navi” e, per imbarcazioni “s’intendono le navi di qualsiasi specie, le barche, le draghe e ogni altro galleggiante atto a percorrere le acque per il trasporto di persone o di cose”.
Per quel che riguarda, poi, nello specifico, gli obblighi dei capitani delle imbarcazioni naviganti negli specchi lacustri in questione, l’articolo 102 del DPR 23 gennaio 1973 stabilisce che le merci trasportate devono essere presentate a una delle dogane nazionali e scortate da bolletta di importazione o di cauzione. Sono, tuttavia, esenti da detti obblighi i capitani delle navi che hanno un ufficio doganale a bordo.
Lungo le sponde nazionali del lago di Lugano è, inoltre, proibito ai capitani – salvo caso di forza maggiore o espressa autorizzazione della dogana – di stare alla cappa, bordeggiare o mettersi in comunicazione con la terra in modo che sia agevole sbarcare e imbarcare merci, dove non sono presenti uffici doganali.
Ciò doverosamente precisato, passiamo adesso a evidenziare le caratteristiche oggettive e soggettive connotanti il reato.
Principiando dal profilo soggettivo, v’è da precisare che l’elemento, in tal senso, necessario a integrare il reato di contrabbando di merci nei laghi di confine, è da individuare nel dolo generico, ossia nella coscienza e volontà di introdurre merci estere nel territorio nazionale mediante le modalità esecutive puntualmente elencate alle lettere a) e b).
Si parla, al contrario, di dolo specifico per quel che concerne la terza condotta (“chiunque nasconde nella nave merci estere”), per la cui integrazione è chiesto il preciso intento di sottrarre le merci alla visita doganale.
L’elemento oggettivo è declinato dalla norma in tre distinte condotte:

  1. la prima – articolo 283, lettera a) – ha a oggetto l’azione del capitano che introduce merci estere senza presentarle per l’appuramento a una delle dogane nazionali più vicine al confine, salvo, come visto in precedenza, a bordo non sia presente un funzionario doganale;
  2. la seconda – articolo 283, lettera b) – ha a oggetto l’azione del capitano, il quale senza preventiva autorizzazione della dogana territorialmente competente, trasporta merci nei tratti del lago di Lugano in cui non sono presenti dogane, rasenta le sponde nazionali opposte a quelle estere o getta l’ancora o sta alla cappa (ovvero fa stazionare l’imbarcazione con i motori al minimo), o, comunque, si mette in comunicazione con il territorio doganale, in modo che sia agevole lo sbarco o l’imbarco delle merci stesse, salvo casi di forza maggiore.

Il tale contesto la fattispecie assume la natura di reato di pericolo, non essendo necessaria, ai fini del perfezionamento della condotta incriminatoria, la sottrazione della merce al pagamento dei diritti di confine.
L’esimente della forza maggiore, prevista nell’ultimo inciso, fa riferimento a quelle ipotesi in cui la condotta alternativa si presenti pericolosa per la navigazione, si parla quindi di quella forza assoluta e invincibile della natura che fa venir meno nel soggetto la coscienza e la volontarietà della condotta; tale disposizione appare meramente riproduttiva di quella disciplinata all’art. 45 del Codice Penale.

Foto: luganoregion.com

Tratto da Contrabbando doganale e delitti in materia di accise, edito da Key editore, collana diretta da Enzo Nobile.


Edil Merici

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