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CronacaReggio Calabria

Favorirono la latitanza di Giuseppe Pelle: 8 arresti

Otto persone arrestate con l’accusa di aver favorito e coperto la latitanza del boss Giuseppe Pelle, catturato nell’aprile 2018 a Condofuri. È il bilancio di un’operazione condotta dalla squadra mobile della questura di Reggio Calabria, in esecuzione di un’ordinanza di misure cautelari emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari.
Tra gli arrestati anche la moglie, i figli, il genero e un nipote di Pelle: agli indagati vengono contestati, allo stato del procedimento in fase di indagini preliminari, i reati di procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale, con l’aggravante mafiosa.
Le persone tratte in arresto sono:

  • Marianna Barbaro, nata a Platì il 04/04/1967, moglie di Giuseppe Pelle;
  • Antonio Pelle nato a Locri il 04/03/1987, figlio di Giuseppe Pelle;
  • Francesco Pelle nato a Locri il 24/02/1991, figlio di Giuseppe Pelle;
  • Elisa Pelle nata a Locri il 04/03/1987, figlia di Giuseppe Pelle;
  • Giuseppe Barbaro nato a Locri il 12/05/1986, genero di Giuseppe Pelle;
  • Antonio Pelle nato a Messina il 19/02/1986, nipote di Giuseppe Pelle;
  • Giuseppe Morabito nato a Condofuri il 07/04/1961;
  • Girolamo Romeo nato a Melito di Porto Salvo il 29/03/1979.

Il provvedimento cautelare restrittivo a loro carico scaturisce, appunto, dalle operazioni connesse alla ricerca del boss Giuseppe Pelle, ritenuto esponente dell’omonima cosca di ‘ndrangheta di San Luca (già capeggiata dal defunto padre Antonio), che nel mese di aprile 2016 si era sottratto all’esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale di Reggio Calabria, in virtù del quale doveva scontare una pena residua di 2 anni, 5 mesi e 20 giorni di reclusione per associazione mafiosa (operazione Reale).
Durante la latitanza lo stesso Pelle fu destinatario di un decreto di fermo di indiziato di delitto, poi tramutato in ordinanza di custodia cautelare in carcere, per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, nonché per turbata libertà degli incanti e illecita concorrenza, anch’essi aggravati dal metodo mafioso (operazione Mandamento Ionico).
In relazione a tali ultime vicende Giuseppe Pelle è stato condannato, in primo grado, alla pena di 18 anni e 6 mesi di reclusione. Nel medesimo procedimento fu coinvolto anche il figlio Antonio Pelle (classe 1987), anche lui condannato in primo grado alla pena di 14 anni e 8 mesi per il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Protetto da una rete di fiancheggiatori prevalentemente a carattere famigliare, il boss venne catturato, dopo due anni di latitanza, in un appartamento di Contrada Pistaria nel Comune reggino di Condofuri, all’interno di un immobile di proprietà della mamma dell’indagato Girolamo Romeo.

Proprio grazie all’efficiente rete di protezione dei suoi stretti congiunti, Giuseppe Pelle, durante il periodo di latitanza, aveva potuto incontrare frequentemente la moglie Marianna Barbaro, figlia di Francesco Barbaro (classe 1927, deceduto il 1º novembre 2018) e ritenuto essere stato il capo dell’omonima ‘ndrina conosciuta come Castanu, condannato alla pena dell’ergastolo.
Prima della sua cattura a Condofuri, per come emerso dalle indagini, Pelle aveva trascorso la sua latitanza spostandosi tra San Luca e Platì, in un immobile non lontano da quello della figlia Elisa Pelle, con la quale era certamente in contatto. Proprio in occasione di uno di questi spostamenti, a settembre 2016, era risuscito a sfuggire alla cattura grazie a un articolato servizio di staffetta organizzato dal genero Giuseppe Barbaro e dal nipote Antonio Pelle (classe 1986), mentre il latitante si trovava a bordo dell’auto con il figlio Antonio Pelle (classe 1987).
Dopo la mancata cattura, i parenti e i fiancheggiatori adottarono condotte ancora più accorte per eludere le indagini, senza che ciò impedisse alla moglie di incontrarlo periodicamente proprio con l’aiuto dei figli e del genero. In pratica la donna veniva trasportata in orario notturno, effettuando diverse soste durante il percorso tra le località di Natile, Careri e Bovalino e cambiando, durante il percorso, l’auto a bordo della quale viaggiava.
Grazie a un articolato sistema di monitoraggio messo in atto dal gruppo investigativo addetto alle ricerche del latitante si riuscì tuttavia ad individuare la località usata dal boss come rifugio, ossia l’abitato di Condofuri, ove le attenzioni investigative si concentrarono su Girolamo Romeo (classe 1979) e sul cognato Giuseppe Morabito, residente in Contrada Pistaria di Condofuri, dove attraverso telecamere appositamente posizionate, agli inizi di aprile, si accertò l’effettiva presenza di Giuseppe Pelle.
Dallo stesso monitoraggio emerse che il latitante, all’alba di ogni giorno, precauzionalmente abbandonava il covo, passando la giornata all’aperto in contrada Mazzabarone di Condofuri dove Giuseppe Morabito e Girolamo Romeo gestivano un’azienda agricola e un allevamento di bestiame, facendo poi rientro in contrada Pistaria solo in tarda serata, per cenare e trascorrere poche ore di sonno.
Anche il trasferimento dal covo alla campagna era sistematicamente preceduto da una preliminare bonifica del percorso, che Giuseppe Morabito effettuava a bordo di una Ford Fiesta, per poi trasportare il latitante a bordo del fuoristrada Defender. Acquisiti questi preziosi elementi, il 6 aprile 2018, la Polizia di Stato fece irruzione nell’appartamento di contrada Pistaria, ponendo fine alla latitanza di Giuseppe Pelle.


Edil Merici

Redazione

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